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Acque agitate intorno alle ebike, almeno per quanto riguarda la loro definizione giuridica: la partita si sta giocando in ambito comunitario, e coinvolge la fazione che vorrebbe assimilare questi veicoli alle "due ruote" a motore, tesi alla quale si oppongono i “ciclisti puristi“, pronti a difendere fino all’ultimo il loro diritto alla circolazione senza (troppi) vincoli.
La questione è infatti delicata: prevalesse la prima proposta, le ebike sarebbero tenute a rispettare le norme che rientrano sotto il quadro normativo della Motor Insurance Directive: il colpaccio, anzi, era quasi riuscito, visto che una circolare di metà gennaio definiva le bici elettriche da 250 W (25 km/h) come mezzi a motore a tutti gli effetti.
Se non se ne fosse accorta la European Cyclists Federation, le ebike sarebbero così state obbligate alla copertura assicurativa, scelta vista certamente con piacere dalla lobby delle aziende di previdenza, che si sarebbero trovate in portafoglio le ebike pur non provviste di omologazione da “veicolo a motore”.
Le pressioni della ECF hanno portato alla correzione introdotta dal relatore Charanzová al Parlamento Europeo, che ha definito “sproporzionata” la misura dell’assicurazione obbligatoria nei confronti delle biciclette a pedalata assistita.
Tra le argomentazioni della ECF, portavoce di associazioni di utenti e di industrie del settore, c’è anche la tesi per cui l’imposizione di un’assicurazione per le biciclette elettriche provocherebbe un caos normativo ed una burocratizzazione eccessiva, che potrebbe provocare un deciso calo nell’uso della bici, una decisione capace di frenare la diffusione della ebike, la cui espansione come mezzo di trasporto alternativo è invece da incentivare.
La decisione finale, che dovrà essere votata dal Parlamento, vedrà impegnate tutte le diverse anime del mondo ciclistico nel sostenere la correzione proposta dal relatore di escludere i pedelec dalla Motor Insurance Directive.