Nico Cereghini: “Stoner, bello rivederlo sorridente”

Nico Cereghini: “Stoner, bello rivederlo sorridente”
Si è presentato a Portimao dopo anni, molto diverso da quello che si poteva immaginare: rilassato, pacifico, davvero felice di rivedere persino Rossi. Ma come coach proprio non lo vedo: a lui veniva tutto facile, è stato il pilota più istintivo della storia
8 novembre 2021

Ciao a tutti! Si è rivisto Casey Stoner, nel paddock del mondiale, moltissimi sono stati felici di rivederlo e tanti hanno tirato un sospiro di sollievo. Non è più il Casey che tirava le bombe a Valentino, alla Dorna, al sistema generale e a una parte del box Ducati. È uno Stoner sorridente, pacifico, rilassato. E purtroppo anche sofferente: per la nostalgia che lo ha preso, forse a tradimento, ma anche per quella cronica e misteriosa debolezza.

L’australiano a Portimao si è prestato a fare il coach per i piloti Ducati, ha dato una mano allo stesso Bagnaia, ha incoraggiato il suo connazionale Miller. Potrà davvero diventare il “consulente in pista” dei ducatisti? Se n’è parlato e sarebbe una prospettiva affascinante, ma credo impossibile e per tante ragioni: Stoner da casa si muove malvolentieri, e soprattutto non mi sembra adatto a capire le difficoltà degli altri piloti.

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Oggi tutti hanno enormi difficoltà nei passaggi da una moto all’altra, lui no, mai avuti problemi. Oggi ci vuole la moto perfetta fin nei dettagli, a lui non serviva. Lui è stato eccezionale ma, appunto, costituisce l’eccezione, e come dice Bernardelle, guarda il Casey del 2006, com’era difficile da valutare: quell’alchimia nemmeno la Ducati sapeva spiegarla, nemmeno lui stesso che ha sempre guidato d’istinto. Talento incredibile e poco metodo di lavoro. Come coach o come collaudatore ci sembra sprecato.

E’ stato sorprendente vederlo in posa felice accanto a Rossi, sentirlo quando ricordava con gioia il loro duello, che a volte fu aspro. Il rimpianto per un periodo molto speciale della sua vita deve aver fatto scivolare i rancori sullo sfondo. E mi ha colpito in particolare una frase, di Casey: Valentino ha una grande passione per le moto e per le corse, ha detto, mentre io mi divertivo soltanto quando vincevo.

Ecco, qui appare rivelatoria la testimonianza di Francesco Chionne, che in quegli anni era fisioterapista della Clinica Mobile. È Zamagni che la riporta: prima della gara, diceva Chionne, Casey era completamente bloccato, faceva fatica a muoversi, poi soltanto sulla moto si scioglieva, aveva spinto il suo fisico a livelli di stress enormi.

Credo anch’io, come molti appassionati, che Stoner avrebbe potuto essere al livello del migliore Marc Marquez e addirittura un po’ più su. Di talento ce n’era in abbondanza, però sarebbero serviti un carattere e una consapevolezza diversi. Ho sempre visto Casey come il risultato di un esperimento familiare molto rischioso: un bimbetto che invece di andare a scuola girava tutto il giorno nel prato con la motina, che da adolescente emigrava in Inghilterra con mamma e papà per diventare un pilota. Con i pochi soldi ricavata dalla vendita della casa e nessun’altra prospettiva.

Casey Stoner era capace di andare fortissimo dal secondo giro di pista e aveva una sensibilità straordinaria: certamente una qualità innata, e probabilmente sviluppata proprio su quel prato. Ma tutta quella responsabilità al posto del gioco… Peccato: forse oggi Casey susciterebbe ancora ammirazione e invidia per i titoli mondiali e le vittorie.

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