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Non si può costruire il futuro senza conoscere a fondo il passato – un adagio che tutti gli studiosi di storia vi ripeteranno fino alla nausea. Ma c’è una grande differenza fra la conoscenza del proprio passato, e quindi il mantenimento di una coerenza filosofica della storia di un marchio e di un’azienda, e il pigro recupero di estetiche e temi per fare leva sulla nostalgia del pubblico.
Insomma, c’è una bella differenza fra chi gioca sul sicuro, non innovando, e chi invece ritiene il proprio passato un patrimonio, uno strumento per andare avanti dimostrando allo stesso tempo chi è e cosa ha saputo costruire. Unendo la sostanza al recupero del valore storico, per comunicare il valore intrinseco del proprio prodotto valorizzandolo, ma senza affidarsi alla semplice potenza di un marchio per vendere.
In Dainese questo lo sanno molto bene. In un momento in cui il motociclismo guarda indietro molto – forse troppo – spesso, recuperando temi del passato facendo leva sulla moda, fra Vicenza e Molvena hanno lo sguardo fisso in avanti. Continuando ad innovare, a lavorare sulla sicurezza in simbiosi con quel Lino Dainese che ha lasciato il controllo della sua azienda per fondare D-Air Lab, e dedicarsi appieno alla protezione del motociclista e dell’uomo.
Senza però dimenticare il proprio passato, perché sarebbe un peccato sprecare il patrimonio storico del marchio del diavoletto. Ecco allora la nascita di Dainese Settantadue (potete sfogliare a questo indirizzo il catalogo della collezione), vero e proprio brand di famiglia che punta ad un pubblico trasversale, forse meno specialistico ma altrettanto appassionato.
Alla vigilia della nascita ne abbiamo potuto parlare con Renato Montagner, Art Director Dainese –amico di Lino Dainese e collaboratore in tantissime occasioni del marchio vicentino – che ci ha spiegato come e perché nasce Dainese Settantadue.
«Intanto è importante chiarire come Dainese Settantadue non sia una collezione ma un’operazione per costruire sui valori di Dainese quello che è a tutti gli effetti un brand indipendente. Negli anni Dainese si è evoluta molto dal punto di vista delle prestazioni e della tecnologia, ma riteniamo che negli ultimi anni si sia creata una fetta di clienti meno interessati alle prestazioni, alle performance».
«L’idea alla base è quella di esplorare nell’archivio Dainese i momenti, la storia, le situazioni, i personaggi che hanno permesso a Lino e all’azienda di creare prodotti ma soprattutto di essere parte della storia del motociclismo, di dare vita a quelle emozioni che hanno avvicinato tanti al mondo delle due ruote, magari facendoli appassionare alla moto non come un oggetto di performance ma più di attitudine, di espressione di uno stile di vita – anche se sono il primo a dire che si tratta di un termine ormai abusato. Però si tratta di un percorso simile ad altri prodotti: quante persone che calzano le Air Jordan giocano a basket, o quanti che vedono le Stan Smith di Pharell Williams le associano ad un tennista e non ad un rapper?».
Quindi un recupero del passato ma con una visione ben precisa.
«Lo scopo è proprio questo: recuperare i valori, l’essenza di Dainese e farli rientrare in una collezione che, anno dopo anno, andrà ad affrontare i momenti storici di Dainese. E questo è un altro tema importante, perché l’abbigliamento moto non ha le collezioni come quelle tradizionali, al di là dell’alternanza stagionale. Dainese Settantadue vuole invece offrire ai propri clienti anche questo concetto di stagionalità, di collezioni che volta per volta raccontano storie diverse, dove la motocicletta riveste un ruolo centrale. Oggi puntiamo su pista, velocità, sugli archetipi del motociclismo, la prossima sarà in un altro terreno di gioco molto importante per Dainese».
«Il punto è non guardare a questa collezione come uno scimmiottare la moda o farla diventare un oggetto lifestyle, ma guardare come Dainese da Agostini, a Pasolini, a Orioli a tante altre persone ha costruito la sua capacità di soddisfare le esigenze dei professionisti anche attraverso rapporti umani con queste persone, che hanno contribuito a dare a tutto il mondo del motociclismo quel fascino che molti subiscono e magari oggi non trovano in altri settori dello sport motoristico».
Insomma, se siete fra quelli (e metteteci anche il sottoscritto) che ormai hanno un po’ a noia la riproposizione bovina di proposte e canoni estetici del passato, pur mantenendo passione e un pizzico di nostalgia per le imprese sportive a cui magari hanno assistito da ragazzi, Dainese Settantadue potrebbe essere una ventata d’aria fresca.
«Se volete, Dainese Settantadue si sposta un po’ rispetto alle nostre collezioni moto tradizionali, mantenendo però sempre un legame molto stretto con quello che era ed è Lino Dainese, la Dainese all’interno del territorio, nella sua competenza nel saper fare e lavorare la pelle. E a dargli del colore, perché non dimentichiamoci che proprio l’aver portato il colore su capi che erano rigorosamente neri, ma anche tante soluzioni ed attenzioni sono diventati i marchi di fabbrica Dainese, un vero e proprio stile. Non abbiamo scelto a caso Giacomo Agostini, che è l’essenza pura dello stile e dell’eleganza, lontana magari dalla formalità ma che costituisce l’essenza dell’allure di certi personaggi».
Un progetto denominato Patina.
«Il progetto Patina consiste appunto nel partire dalla pelle, che naturalmente ha tutte le caratteristiche di qualità e sicurezza – penso alla resistenza all’abrasione e alla presenza di protezioni – di un capo da moto, capace di ricevere le necessarie certificazioni, lavorarla con procedimenti di altissima qualità, e soprattutto di pensarla al contrario rispetto al vintage. Dove lì si toglie, si invecchia, noi invece andiamo ad aggiungere, coprendo il capo con una patina protettiva che trasforma anche il colore in alcune zone. Un processo che non toglie ma crea quella patina del tempo, che magari riconoscete nei vecchi sedili in pelle».
Dainese Settantadue diventa quindi una sintesi fra la qualità della lavorazione della pelle Dainese e di una creatività nuova, diversa ma parallela rispetto a quella delle tradizionali collezioni moto.
«Si, anche perché vogliamo approcciare la materia partendo da un punto di partenza diverso rispetto a quello che va per la maggiore. Oggi vanno di moda le café racer, le special Hipster-style, per un concetto secondo cui “compro la moto e sono cool”. Noi ci rivolgiamo invece a qualcuno che si sente già cool, a prescindere dalla sua professione. Il fascino di icone come Agostini viene dalla forza interiore, non necessariamente dall’esteriorità. Vogliamo quindi raccontare attraverso le nostre diverse collezioni persone che attraverso il loro modo di affrontare la vita si realizzano, dimostrando che tutte queste persone, che vedono nella loro stessa vita la loro performance, amano la moto».
«Il nostro approccio è diverso. Non è avere una moto che ti rende cool, perché a quel punto è come indossare una divisa, seguire una moda, iniziare un processo fashion. Invece parliamo di persone accomunate da un approccio positivo, costruttivo. Indossare una divisa significa ancora una volta entrare in un mondo chiuso e spaccato: io ho la tuta di pelle e sono racing, tu sei quello con il maxienduro, lui è quello con la classica. Qui vogliamo aprirci, magari verso persone – penso ai millennials, ma anche a certe personalità – che non sentono come l’appassionato il fascino della competizione come prevalsa, ma piuttosto di condivisione di alcune passioni».
Un approccio che ha portato al coinvolgimento di Othelo Gervacio.
«Un pittore newyorkese e personaggio molto particolare, che abbiamo conosciuto ai tempi di un progetto che ci ha coinvolto assieme a Ducati e Pirelli, quando abbiamo fatto “tatuare” la gomma posteriore di una Diavel da Scott Campbell. Othelo è un personaggio atipico e per certi versi lontano da quello tipico di Dainese: gira su strada con una Harley-Davidson e si diverte con le moto da cross che si fa prestare dai suoi amici. In compenso è un fan sfegatato di Valentino Rossi. Quindi un personaggio un po’ trendy, minimal, newyorchese, capello lungo, che gira su una custom e impazzisce per la MotoGP e Rossi. Se non è libertà d’espressione questa… ecco, la moto è il fil rouge che unisce persone come queste. E vogliamo far passare proprio questo messaggio: siamo tutte persone normali unite da una passione unica per la moto».
«Questo sarà il motivo trainante per Dainese Settantadue: recuperare quelli che non sono mai stati capi di collezione per noi, quanto dei progetti che hanno coinvolto persone, professionisti della performance, facendoci imparare tanto e facendo diventare Dainese quella che è oggi. Questo significa che quest’anno si parla di pelle, elemento che simboleggia la nascita di Dainese, magari l’anno prossimo i materiali saranno altri…».
Hai citato Edi Orioli, quindi abbiamo già capito…
«Beh, c’è la crosta! [ride] Comunque, ci piace sottolineare come non ci siamo limitati a riproporre i capi che facevamo una volta. Abbiamo attinto a determinati elementi per creare nuovi capi moderni. Guardate la tuta di pelle della nostra collezione: non è la replica di nessun pilota, ma prende elementi da quelli che sono stati stilemi delle nostre proposte passate. E poi ci tengo a sottolineare come tutti questi capi sono dotati di protezioni moderne, certificate per chi in moto ci va davvero: pelle, zip, tanti elementi che vengono reinterpretati con tecnologie moderne, con anche contaminazioni progettuali e tecniche da altri mondi e altri sport, perché magari non tutti quelli che indosseranno questi capi vanno in moto, ma chi lo fa dovrà comunque essere protetto secondo gli standard Dainese ».
«Abbiamo voluto – anzi dovuto – trovare una sintesi fra una certa vestibilità e la protezione, perché con un prodotto Dainese si dà per scontato che ci siano protezioni efficaci, un po’ come quando oggi si sale in auto e ci si stupisce se non c’è l’airbag, non se c’è».
Quindi, visto che l’hai tirato in ballo, un giorno ci troveremo anche l’airbag.
«Non sono autorizzato a rispondere».
E quindi, per certi versi, una risposta ce l’abbiamo già.
«Diciamo che mi avvalgo della facoltà di non rispondere! [ride] Comunque si, è questa l’attitudine. Diciamo: cerchiamo di fare bene ogni step, evolviamo, cresciamo dal punto di vista tecnologico. Quindi tutto questo discorso dell’estetica della protezione con materiali come il titanio, il kevlar, alla fine significherà che tutto diventerà più sicuro e che si arriverà a zone di confine fra Dainese Settantadue e Dainese, con tute su misura con estetica classica dedicate a chi con le moto classiche ci corre ma non vuole rinunciare né alla sicurezza né allo stile. Quindi certo, per rispondere alla tua domanda, si, anche l’Airbag avrebbe un senso nel contesto del nostro progetto».
«Credo che il concetto di protezione passi obbligatoriamente per sistemi più intelligenti e dinamici: non si fanno più le armature, le protezioni saranno qualcosa di sempre più connesso – il cliente tipo di Dainese Settantadue potrebbe tra l’altro essere quello più maturo per approcciare questo tipo di concetti».
Ricolleghiamoci a quanto detto all’inizio: hai fatto un parallelo fra oggetti che hanno perso la destinazione d’uso iniziale diventando degli oggetti di stile. Vi farebbe piacere o no che Dainese Settantadue trascendesse la sua natura e diventasse qualcosa che la gente indossa anche slegandosi dalla moto?
«Sarei falso se dicessi che sarebbe un problema – quanta gente gira con costumi da surfista, o gira con gli skateboard senza saperci andare più di tanto? Non sono professionisti ma gli piace lo stile. Se indossare una giacca Dainese Settantadue perché gli piace che male c’è? Dubito che, per come è fatta l’azienda e come comunica, che diventerà mai un fenomeno mainstream, ma ci sarà qualcuno che, come avviene per le scarpe da basket o lo stivaletto Timberland, indosserà qualcuna delle nostre giacche per il puro piacere dell’oggetto. Vogliamo fare capi per motociclisti, ma non solo, e soprattutto senza la pretesa di dire che tipo di motociclista sei. Detto questo, sarei più preoccupato se diventasse un trend per il personaggio che corre in tangenziale sullo scooterone con lo scarico aperto…».
Non possiamo che concordare. Ma torniamo ancora all’inizio: in realtà una certa stagionalità nell’abbigliamento moto c’è, nel senso che segue quelle che sono le tendenze del mercato moto e delle tipologie che si vendono di più…
«Si, ma facciamo una distinzione: l’eleganza non è moda. E’ vero, ci sono collezioni legate per colorazioni e tipologie alle livree e ai tipi di moto, nel motociclismo tradizionale c’è la visione dell’abbigliamento come completamento della moto. Dainese Settantadue invece vuole legarsi alla persona, non alla moto, a prescindere dalla moto che guida o non sta guidando in quel momento. Lavoro sugli archetipi: è l’uomo che guida la motocicletta, non penso al centauro legato indissolubilmente alla moto».
«Abbiamo il lusso di poterci staccare da questi corsi e ricorsi: Dainese è il Motomondiale, è la Superbike ma anche il TT, è stata la Dakar – possiamo creare capi che non invecchiano perché passa la moda di un determinato filone di moto, abbiamo una storia senza tempo. Possiamo ripercorrere la storia della moto, andando per la nostra strada senza seguire gli altri. Magari qualche volta li anticiperemo…».