Iscritto: 10/02/2011 Locazione: affari miei
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Lapinokov,ossia la seconda vita di frank wolf,quando è la radioattività a vincere
Mi ha colpito parecchio la morte di un ragazzino (perché a 20 anni si è ancora ragazzini secondo me) che si è impiccato per il bullismo. L’ho scoperto per caso su youtube cercando la sigla dei pokemon per il bocia dei vicini. Non so chi fosse,si chiamava Frank Wolf ed era un emo,dai caratteri facciali direi russo o ucraino. Ma anche se si fosse chiamato Gorge Bush non cambiava nulla! E allora ho detto ma perché non provare almeno virtualmente con la mia tastiera a farlo rivivere,a ridargli un'altra vita anche se virtuale in un paese diverso. Altri 20 anni,un altro paese,un'altra causa di morte e altre esperienze e sensazioni. Altre emozioni insomma da vivere e raccontare al mondo. Era già mia idea scrivere qualcosa sulle disgrazie che porta l’energia nucleare. Una forza troppo potente per essere imbrigliata dall’uomo in sicurezza. E poi per che cosa? Quando basterebbe un serio risparmio per fare tutto… E allora adesso ho un nome e un volto per il mio personaggio Frank Lapinokov nato nel 1993 a kiev,Ucraina. E veniamo all’inizio,sua madre e suo padre,avevano un negozio di alimentari a Pripyat,vicino a quel demone radioattivo che è diventata la centrale nel 1986. Tu ovvio non eri ancora nato,ma in quella notte di aprile si è creato il presupposto per farti finire la vita a 20 anni. Vennero con gli autobus in quell’aprile del 1986 e li portarono via. Come profughi,i primi profughi dell’era atomica. Tu non sapevi perché non eri ancora nato,forse nessuno lo sapeva che cosa si nasconde dietro all’energia atomica . Nascesti a Kiev,e ricordi a stento la faccia di tuo padre,morto quando non avevi ancora nemmeno un anno. Passavi il tempo con tua madre,la tua gatta grassa,i tuoi giocattoli. La scatola e i cubi di legno con il quale costruivi ogni sorta di oggetto. Il tempo passava felice e hai festeggiato i tuoi 5 anni con tua madre,è stato il tuo ultimo compleanno con lei. Poi è successo cosa non doveva succedere. Tua madre si è spenta una fredda mattinata di novembre,tu hai vagato in casa per qualche ora e poi hai chiamato un vicino dirimpettaio. E poi…dopo che fare? Dove farti vivere? In un istituto? No,si erano fatti avanti i tuoi nonni paterni. Proprietari della “volpe rossa” un piccolo albergo a 30 km dalla centrale. Ti sei trovato con i tuoi nonni in quell’albergo di Bunius ,era il loro albergo. Ti eri portato la gatta grassa che ti ha ancora tenuto compagnia per tre anni. I giorni ad andare a caccia col nonno,a vedere tutta quella gente vestita di verde che tu non capivi. Di fatto c’erano pochi abitanti e tanti militari in quel paesino. Come erano diverse le macchine da quelle che giravano a Kiev ,camion enormi e fuoristrada con la stella rossa sulle portiere. E come erano simpatici tutti quei ragazzoni,quanti ne hai visti quando giocavi nel grande salone. Poi poco per volta sei cresciuto,hai imparato a stare al bar,ti piaceva,giocherellavi con le bottiglie come avevi visto in un film. Per tutti eri “il barista” poco importava il tuo nome o la tua età. E caspita se ci sapevi fare! A volte ti sedevi al tavolo con loro e ti raccontavano le loro esperienze,e tu guardavi con i tuoi occhioni increduli. Avevi fatto una foto sulla tomba dei tuoi genitori,dicevi che a te era andata bene,il tuo mondo era quel bancone del bar,erano il laghetto lì vicino e il bosco. Dicevi che là non eri da solo e forse era vero,forse in quel deserto c’erano le condizioni che facevano interagire la tua mente con cervi caprioli e scoiattoli che ti giravano intorno. La tua stanza era lassù sotto il tetto,senza finestre e con le travi del tetto che scricchiolavano sopra di te. Non avevi quasi amici della tua età,anzi diciamo che della tua età non c’era quali nessuno in quel paese. Ma tu continuavi,anche perché che altro avresti potuto fare? Ogni tanto andavi a farti guardare dal medico,ma non lo sopportavi,voleva a tutti i costi che tu facessi esami di un tipo,esami di un altro,eri andato una volta in quell’ospedale ma eri venuto via con la promessa che non saresti mai più tornato. Quanto dolore avevi visto e quanta sofferenza là dentro. No,nel tuo bosco non era così. E ci sei tornato. E i giorni passavano,monotoni ma comunque non male,il tuo unico indizio del tempo era l’orologio del salone che caricavi tutte le settimane muovendo i pesi. Il sole e la luna ti davano il tempo,le nuvole correvano nel cielo,e andavano chissà dove. Avevi fatto una foto sul tetto del supermercato oramai abbandonato a Pripyat,eri andato con i soldati ,lì sotto lavoravano i tuoi genitori. Si poteva stare pochi minuti lì sopra tu,l’unico con i capelli lunghi e lisci in mezzo a tante teste quasi rasate,quasi risaltavi in mezzo agli altri sul cassone del camion con cui eri andato lì. Li vedevi girare con i contatori geiger,misurare,magari di colpo venire via da una zona. Ti avevano detto che anche il bosco vicino a casa non era poi così sicuro,ma era il “tuo bosco”e c’erano i “tuoi” animali. E con loro stavi bene,si avvicinavano e si lasciavano accarezzare. E passarono gli anni,la tua filosofia era “cerchiamo di andare avanti con quello che c’è” e la hai applicata fino in fondo. Ti avevano chiesto perché non andavi via da lì,ma tu un po’ per paura e un po’ perché ti piaceva la vita che facevi. Dicevi “e che altro potrei fare?” Quanti capodanni passati con i militari. A sentire crepitare gli AK a mezzanotte e tu a dire un altro anno è andato. Cari medici ho vinto io,pensavi. E lo dicevi aggiungendo un pezzo di legno nel grosso caminetto del salone. E invece lei la vigliacca lurida radioattività lavorava e lavora ancora. Ha lavorato su quelli prima di te che ora guardano l’erba dalle radici,ha lavorato con te e continua a lavorare con quelli che verranno dopo. Il bar e il grande salone quando tu attaccavi prendevano vita. Il vecchio giradischi BSR “monarch” con te non perdeva un colpo e l’amplificatore a valvole diffondeva la musica occidentale che tu avevi trovato nei tanti vinili che caricavi sul cambiadischi a 5 per volta. Ogni serata era una festa per te. Ti sentivi come in un vecchio film di aeroplani della seconda guerra mondiale. C’era la musica,c’erano i militari,i fuoristrada parcheggiati fuori. E l’aria si caricava,tintinnavano i bicchieri con la birra e con la vodka. Quasi si illuminava il salone solo con la felicità. Ma la felicità a molti non piace,e quando chi la odia si chiama radioattività fa di tutto per fare andare storto qualcosa. Qualcosa non va Frank o meglio,qualcosa sta andando peggio del solito. Sono già due settimane che a fare l’ultima rampa di scale ti gira la testa. Ma saranno già 15 anni che la fai,cosa cavolo sta succedendo? La notte fai sogni diversi,ti vedi da piccolo a giocare con le macchinine sul marciapiede di quella chiesa di Kiev dove hanno fatto il funerale a tua madre. E lei è lì che sorride,e ti guarda giocare. Ci sono sempre più macchioline rosse sul cuscino,e tu lo giri per non vedere. Che sta succedendo dentro di te? Qualcosa ti fa tossire la notte,ti fa bruciare tutto il corpo e quando ti chiudi gli occhi vedi lampi azzurri sempre più forti. La notte per te sta diventando un incubo,un film nel quale non puoi chiudere gli occhi. I demoni della tua infanzia ogni tanto vengono a tenerti compagnia e ti svegliano. E veniamo all’ultima notte,ieri sera ci si era attardati parecchio al bar,la vodka era scesa a fiumi in quel sabato sera. Ragazzi della tua età con la divisa militare addosso che cercavano un po’ di vita in quel deserto di morte,ufficiali che cercavano di dimenticare che erano in una sporca guerra senza né vinti né vincitori ma solo morti. Forse non hai fatto caso a quella ultima pisciata prima di andare a dormire,rossa come non mai. I tuoi polmoni bruciavano come già lo facevano da sei mesi oramai. Ma saranno state le sigarette,la nebbia che c’era nel bar ed era sempre la stessa. Il tuo cane nero dormiva con te nel letto,lui è rimasto sul letto,e poi ha provato a chiamarti alle 6 di mattina per servire la colazione. A lui è toccato mettersi nelle scale ad abbaiare furioso,a chiamare su i soldati che ti volevano bene. Sono saliti,pensavano fossi stato centrato da un trave del tetto,poi uno di loro è sceso di corsa ed è tornato con il tenente medico. Che per te ha potuto fare molto poco,soltanto ripulirti quel rivolo di sangue uscito dal naso,chiuderti per l’ultima volta gli occhi e chiamare chi ti ha portato via. Mi dispiace Frank stavolta ha vinto lei,la radioattività. Che già si era mangiata i tuoi genitori e tutti quei ragazzi giovani che avevano spento il fuoco nucleare in quella centrale. Per la tua anima ora cantano gli angeli,per il tuo corpo i contatori geiger invece continuano il loro canto di morte. Bunius è ora più spento senza di te,e quando ti hanno seppellito te ne sei andato sotto terra come un eroe,perché a modo tuo lo sei stato. Al funerale,la tua bara era sul cassone di un camion militare perché qui non c’è neanche più il carro funebre. Ti hanno portato in spalla gli stessi soldati per cui tu l’ultima sera hai messo musica e versato da bere. Bunius ha perso più di un barista,ha perso l’ultimo giovane del posto,dopo di te non ne veranno altri e mano a mano che moriranno i vecchi il paese morirà. Chi sopravviverà si ricorderà di quel giovane barista in quell’unico albergo prima della foresta rossa,una albergo oramai frequentato solo dai militari. Una foresta nel quale il vento e gli animali non cantano e la morte lo fa al posto loro con una voce potente. Ma ogni tanto adesso si sente un'altra voce. Quando la morte non canta si sente la voce di un ragazzino,che canta canzoni rock occidentali e se nel buio guardi bene lo vedi: ha delle scarpe da skate,un paio di pantaloni camo urbani e una maglietta degli iron maiden!
per una fuga di legno o pellet non si è mai preoccupato nessuno ,le fughe di metano sventrano le case e fanno stragi.
Sulle mie moto NON SI USANO abbigliamento dainese,caschi agv,catene regina,olio castrol, gomme pirelli e freni brembo.
Usate voi questa roba se volete spendere il triplo
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