Iscritto: 22/08/2007 Locazione: PE
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Originariamente inviato da Campa09Originariamente inviato da Daniel 86Originariamente inviato da WormbikeIn MotoGP si usano freni in carbonio. Bestie! Certo che si usano in materiale composito, però sono sempre di tipo "classico" e non a margherita
Sono di tipo classico perchè debbono mantenere temperature molto alte per un corretto funzionamento, tant'è che quando piove (se non sbaglio) smontano quelli in carbonio e rimontano quelli in acciaio..
Comunque la differenza come ti hanno detto sta nel fatto che quelli a margherita si raffreddano prima, e se ci fai caso tra le moto della stessa marca, se vi è qualche modello che li monta di solitro si trova in cima alla lista (ovvero dovrebbe essere migliore in prestazioni)..
Detto questo credo che per dei comuni mortali, parlo per quelli uguali a me, la differenza sia insignificante.. Kawasaki li monta anke su ER-6N/F e Versys, ma non per questo é così performante, anzi lo trovo molto fiacco sulla Versys che ho provato Poi se ci fate caso Honda non ne monta, Suzuki tanto meno, Yamaha neanke a penzarlo, Ducati non se ne vede, MV lo stesso
SE SEI INCERTO TIENI APERTO... SALUTI IN PIEGA A TUTTI !!! Chiedo scusa ad Xfred da cui ho preso l'idea...... BY Argo16 Daniel 86: la sua Ducati – guai a chi tocca il marchio! – è la sua vita. Pare abbia contattato un luminare di cardiologia per farsi sostituire le valvole atriali del cuore con valvole desmotroniche, tutto a beneficio dell’erogazione.DUCATI SBK WORLD CHAMPION 2009 Allievo Kapra
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Iscritto: 11/07/2008 Locazione: Palazzolo sull'Oglio (BS)
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Originariamente inviato da Daniel 86Originariamente inviato da Campa09Originariamente inviato da Daniel 86Originariamente inviato da WormbikeIn MotoGP si usano freni in carbonio. Bestie! Certo che si usano in materiale composito, però sono sempre di tipo "classico" e non a margherita Sono di tipo classico perchè debbono mantenere temperature molto alte per un corretto funzionamento, tant'è che quando piove (se non sbaglio) smontano quelli in carbonio e rimontano quelli in acciaio.. Comunque la differenza come ti hanno detto sta nel fatto che quelli a margherita si raffreddano prima, e se ci fai caso tra le moto della stessa marca, se vi è qualche modello che li monta di solitro si trova in cima alla lista (ovvero dovrebbe essere migliore in prestazioni).. Detto questo credo che per dei comuni mortali, parlo per quelli uguali a me, la differenza sia insignificante..
Kawasaki li monta anke su ER-6N/F e Versys, ma non per questo é così performante, anzi lo trovo molto fiacco sulla Versys che ho provato
Poi se ci fate caso Honda non ne monta, Suzuki tanto meno, Yamaha neanke a penzarlo, Ducati non se ne vede, MV lo stesso Bisegnorebbe controllare se poi le componenti da cui scaturisce la potenza frenante sono le stesse (tipo il numero di pistoncini, e non so se centri il diametro del disco, e la mescola delle pastiglie, altre che al peso della moto ed alla sua distribuzione sulle ruote). In ogni caso come ho già detto precedentemente io non credo sarei in grado di sentirne la differenza, anche perchè in pista per ora non vado e su strada staccate al limite non le tiro..
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Iscritto: 04/03/2006 Locazione: TN
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I freni a disco hanno ormai sostituito completamente il vecchio e tradizionale sistema a tamburo, la loro grande diffusione ormai su tutti i mezzi, è dovuta alle caratteristiche eccellenti in termini di prestazioni e di efficacia in frenata rispetto al vecchio sistema, riducendo notevolmente gli spazi di arresto...Il loro principio di funzionamento è molto semplice, il freno a disco è costituito da una pinza fissata al fodero della forcella, all’interno di esso sono alloggiate una coppia di pastiglie costituite da materiale di attrito, ed all’interno della pinza scorre la fascia frenante del disco. Premendo la leva o il pedale del freno, non facciamo altro che azionare la pompa che istantaneamente metterà in pressione il liquido presente nel circuito, pertanto il liquido azionerà i pistoncini spingendoli fuori dalla loro sede e a sua volta eserciteranno una pressione sulle pastiglie, che stringeranno la fascia frenante del disco come in una morsa generando l’effetto frenante. I sistemi frenanti a disco si possono classificare: Impianti a dischi di tipo integrale. Impianti a dischi di tipo flottante. Stesso discorso e valido per le pinze che sono classificate in: Pinze ad effetto semplice. Pinze ad effetto doppio. L’impianto a disco di tipo integrale è caratterizzato dai dischi, che sono montati in maniera solida al mozzo della ruota e solitamente vengono associati all’uso di pinze ad effetto doppio, costituite da due parti simmetriche a volte dotate di due o quattro pistoncini opposti tra di loro, alloggiati nello stesso corpo della pinza. Gli impianti di tipo flottante, hanno la caratteristica di avere la fascia frenante libera di muoversi in maniera radiale rispetto al mozzo, cioè la fascia frenante è vincolata in maniera non rigida attraverso delle bussole cilindriche alla struttura fissata sul mozzo “Cestello” ed in genere sono equipaggiate di pinze anch’esse flottanti ad effetto semplice, caratterizzate da uno o due pistoncini disposti su un unico lato del corpo della pinza. Questi due tipi di impianto ovviamente hanno lo stesso principio di funzionamento, ma differiscono tra di loro per i diversi livelli di resa, in quanto sappiamo che l’impianto frenante durante la sua azione, sviluppa una notevole quantità di calore che sottopone a severe sollecitazioni i suoi componenti diminuendo la capacità di frenata. Infatti il sistema frenante flottante, ha il vantaggio di riallineare la guarnizione frenante o pastiglia con la fascia frenante del disco. In pratica quando noi effettuiamo una frenata, per l' effetto dell' attrito tra pastiglia e disco si sviluppa una quantità di calore, che è tanto più elevata quanto più è intensa l' azione frenante, quindi in questo caso il disco subirà una deformazione per effetto della dilatazione termica dei metalli, che ad ogni rotazione, eserciterà una forza pulsante sulla pastiglia spingendola indietro, diminuendo cosi l' effetto frenante, e per contrastare tale fenomeno, si è costretti ad aumentare la pressione sulla leva guadagnando brevemente il completo affondamento favorito anche dall’elasticità della pinza. Quindi il disco avendo la caratteristica di fluttuare cioè di muoversi, ha il vantaggio di auto-allinearsi con la pastiglia, riducendo il più possibile tale effetto, aumentandone così il potere frenante, pertanto il sistema di tipo flottante è impiegato per i freni anteriori, in quanto sono quelli sottoposti a svolgere il compito più gravoso, mentre per il freno posteriore che è chiamato a svolgere un lavoro meno gravoso, viene impiegato il sistema integrale che equipaggia ancora oggi tutte le moto. Le caratteristiche dei dischi. La tecnologia attuale e l’uso delle nuove leghe e materiali di attrito ha permesso il notevole incremento di prestazioni dei sistemi frenanti, infatti come già accennato, il disco e la pastiglia sono i componenti che svolgono il compito più gravoso, il disco deve essere capace di dissipare la notevole quantità di calore generata, mentre la pastiglia deve essere costituita da un materiale ad alto coefficiente di attrito ma allo stesso tempo deve evidenziare una notevole resistenza all’usura, mantenendo costante il più possibile la sua azione. Inizialmente dischi venivano prodotti in ghisa e presentavano diversi inconvenienti sia per lo smaltimento del calore che per il velo d’acqua che si formava sul bagnato e che diminuiva la capacità frenante, tali inconvenienti venivano successivamente eliminati, apportando alcune migliorie, tra cui l’introduzione delle forature che oltre a permettere l’interruzione del velo d’acqua in caso di bagnato, ne permette una migliore ventilazione della superficie del disco a vantaggio della dissipazione del calore, e la loro realizzazione in leghe di acciaio. Oltre a questo i fori praticati servono anche a rigenerare la superficie delle pastiglie da possibili fenomeni di cristallizzazione, dovuti per effetto di notevoli incrementi di temperatura generate in casi di azioni frenanti molto intense. Altre novità introdotte successivamente in merito alla dissipazione termica sono i famosi dischi “Auto-ventilanti”, questi sono costituiti da due fasce frenanti separate e saldate a raggiera, permettendo il passaggio d'aria fresca al loro interno e migliorandone notevolmente lo scambio termico. Oggi i dischi vengono prodotti in acciaio di cui è largamente diffuso nella quasi totalità il loro uso, o in carbonio che viene impiegato principalmente per le competizioni, infatti il loro funzionamento è ottenuto attraverso l’uso di pastiglie dello stesso materiale, questo sistema non ha una risposta immediata ma solo dopo aver raggiunto la temperatura di circa 250C° , in quanto l’azione frenante e dovuta alle “Microsaldature” che vengono a generarsi a quelle temperature tra disco e pastiglia, traendo anche un notevole vantaggio nel peso e nelle masse in gioco, rendendo il mezzo più maneggevole. Pinze ad attacco radiale, caratteristiche Le pinze ad attacco radiale, differiscono dalle pinze tradizionali dalla maniera in cui sono posizionate le viti di fissaggio, infatti gli attacchi sono posizionati nel senso del raggio del disco, e l'attacco della pinza è delimitato nella zona del piedino della forcella che risulterà fissata alle due estremità dello stesso piedino... Grazie a questa struttura si ha il vantaggio di avere un fissaggio rigido della pinza, che a sua volta garantisce un basso coefficiente di deformazione della pinza stessa garantendo il corretto posizionamento della pastiglia, a differenza delle pinze tradizionali nelle quali l’estremo della pinza più lontano del piedino della forcella è generalmente libero. Altro vantaggio è ottenuto dalla struttura ad alveo chiuso che ne dona una notevole rigidità alla torsione, quindi la rigidità della struttura si opporrà al momento torcente sviluppatosi durante la fase di frenata. I vantaggi di questo sistema sono notevoli, donando una grande stabilità con una minore differenza di resa tra caldo e freddo, infatti questo sistema ha una particolare precisione durante le fasi di frenata, grazie alla rigidità della pinza che evita quasi totalmente le inutili corse a vuoto della leva, dovute all’elasticità della pinza che caratterizza i sistemi ad attacco tradizionale, offrendo una risposta al comando di frenata immediata. Il sistema riesce anche a garantire una qualità di frenata superiore, riducendo il consumo delle pastiglie data la caratteristica della pinza, che mantenendosi costantemente allineata alla fascia frenante del disco ne permette il consumo uniforme di entrambe le superfici, anche in condizioni di lavoro estreme. Guarnizioni (pastiglie) di attrito sinterizzate Quando di corsa ho letto un articolo, vista la mia vastissima ignoranza, mi sono detto e queste cosa sono? Poi rileggendo attentamente, e svegliatosi il neurone, dedussi che altro non erano che le pastiglie dei freni. Ultimamente molti di noi si sono dimenticati, che le vecchie pastiglie dei freni in grande misura erano fatte con l’amianto. Ottimo materiale resistente al calore, ma con un piccolissimo, dico piccolissimo inconveniente: é altamente cancerogeno. Ai giorni nostri vengono impiegati due tipi di guarnizioni di attrito: Quelle organiche, con un utilizzo principalmente in campo automobilistico, con formazione di miscele di fibre di Kevlar e metalli o leghe, come rame, ottone, acciaio inserimento di materiali abrasivi e il tutto legato con delle resine. Quelle sinterizzate, impiegate per l’uso motociclistico, vengono ottenute per unione sotto pressione ed elevata temperatura di polveri a base metallica con alta percentuale di rame. In questo modo le particelle si uniscono in modo tenace l’una a l’altra. Queste ultime hanno caratteristiche migliori rispetto alle altre, in quanto l’attrito rimane stabile al variare della temperatura di funzionamento. E queste caratteristiche non variano con la guida sotto la pioggia. Questi materiali hanno una notevole conducibilità termica, per cui per ovviare al possibile riscaldamento del pompante della pinza, i costruttori risolvono efficacemente il problema impiegando supporti del materiale d’attrito, adeguatamente isolante. Ma l’impianto frenante non è composto solo ed unicamente dalle guarnizione di attrito. Guarnizioni, dischi freno, l’impianto sono gli elementi di un unico sistema che spesso ci salvaguarda la vita. Per l’importanza di questo sistema si auspica che si usino sempre materiali originali. Occorre quindi tenere sotto controllo l’impianto frenante. Tutti i manuali d’uso spiegano come controllare l’usura delle guarnizioni di attrito, quindi non è difficile sprecare qualche minuto per delle piccole osservazioni. E' soprattutto necessario il controllo del liquido dei freni, una sua diminuzione è sintomo di una usura delle guarnizioni di attrito, quindi mai rabboccare il liquido dei freni ma di corsa dal meccanico a cambiare le guarnizioni di attrito. E’ chiaro che esiste anche il “fai da te”, basta che questo sia fatto in modo intelligente e da persone consce delle loro possibilità. Un ultimo pensiero sul liquido dei freni: come precedentemente descritto, il liquido non deve mai essere rabboccato. La sua diminuzione indica una usura delle guarnizioni di attrito, e quindi dopo la sostituzione delle stesse il liquido ritornerà in posizione normale. Il liquido dell’impianto frenante è “igroscopico”, non è una parolaccia come pensavo, ma tende ad assorbire l’acqua. L'assorbimento normalmente non avviene in quanto siamo in presenza di un circuito chiuso, quindi mai farlo rimanere a contatto con l’aria. Come suggerito dalle case costruttrici, ideale sarebbe la sostituzione del liquido. Infatti in questo tempo il liquido avrà assorbito acqua a sufficienza per abbassare notevolmente il suo punto di ebollizione, e quindi, meno resistenza al calore e perdita di operabilità di tutto il sistema frenante. Effetto spugna sui tubi freno in gomma Cause del cosiddetto effetto che fa diminuire le prestazioni dell'impianto frenante Gran parte delle motociclette attualmente commercializzate sono dotate in fabbrica di tubazioni dell’impianto frenante in gomma. Questo tipo di tubazioni dal basso costo e dalla comunque notevole efficacia è però a volte afflitto da un problema non indifferente, il cosiddetto “effetto spugna”: la leva freno aumenta notevolmente la sua corsa con un conseguente calo delle prestazioni dell’impianto stesso e con la necessità (a parità di frenata) di aumentare notevolmente la pressione da esercitare sulla leva.L’effetto spugna può avere diverse cause: una prima può essere la presenza di aria nell’impianto frenante, per cui l’aumento di pressione che si dà all’olio presente nelle tubazioni si dissipa in parte comprimendo tali bolle e non producendo nessun effetto utile ai fini della frenata. Per ovviare a tale inconveniente basta effettuare uno spurgo dell’impianto eliminando così tale aria. Un’altra causa dell’effetto spugna può essere la dilatazione termica dei tubi di gomma dovuto ad un affaticamento dell’impianto stesso (in questo caso si parla di “EFFETTO POLMONE”):in seguito ad un uso prolungato e continuo dell’impianto la compressione dell’olio provoca riscaldamento che finisce con il dilatare i tubi di gomma, costituiti al loro interno da una calza telata con una bassa rigidità. In questo caso lo sforzo da imprimere a parità di frenata sarà maggiore in quanto il tubo di gomma si è dilatato e con esso l’olio all’interno dell’impianto. Inoltre sotto pressione e ad elevate temperature il tubo di gomma acquista una ulteriore capacità di deformarsi in seguito all’aumento di pressione dell’olio al suo interno. Da qui l’effetto indesiderato citato in precedenza dell’aumento della corsa della leva e del calo di prestazioni dell’intero impianto. Per ovviare a questa seconda causa bisogna ricorrere all’uso di tubazioni che non si dilatino in caso di affaticamento dell’impianto, i cosiddetti “tubi in treccia”. Questi sono costituiti da una calza in acciaio che quindi alle temperature che è capace di raggiungere l’olio dell’impianto presenta una dilatazione termica praticamente irrilevante, anche in seguito ad un uso prolungato e stressante per l’impianto, come può essere la pista. E’ evidente che anche l’olio presenta un ruolo importante all’interno dell’impianto e può influire sull’effetto spugna: un olio “vecchio” e da sostituire può provocare gli stessi effetti di una dilatazione termica, in quanto essendo igroscopico (tende ad assorbire le particelle di acqua presenti nell’aria) è soggetto all’alterazione delle sue caratteristiche chimica nel tempo, e in particolare dell’incomprimibilità. Come detto all’inizio la maggior parte delle case motociclistiche equipaggiano le moto con tubazioni di gomma in fabbrica, eccezion fatta per alcune case come Ducati, Aprilia o alcune Triumph (come la 675) che forniscono le tubazioni in treccia di serie. Sarebbe d’obbligo che tutte le moto supersportive prodotte, nate con un’indole appunto sportiva e pistaiola, vengano equipaggiate con tale impianto fin dalla nascita: la sostituzione di tali tubazioni infatti è quasi sempre presente nella lista delle modifiche che si eseguono aftermarket su tali moto per migliorarne il rendimento. Un aumento del prezzo di vendita di pochi euro su moto che mediamente ne costano dai 10000 ai 14000 a vantaggio della sicurezza e del piacere di guida non penso provocherebbe lamentele da parte dei motociclisti…
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