Iscritto: 28/07/2006 Locazione: MI
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è domenica. ho deciso di partire presto per evitare il traffico. mi sveglio alle 6.00 e faccio tutto piano per non svegliare mia madre che dorme nella stanza accanto. mentre mi vesto decido che farò colazione arrivato sul lago. sono pronto. prendo il casco e mi affaccio alla stanza dove dorme mia madre per mandarle un bacio. esco nella luce dell'alba di una mattina d'agosto. fisso la borsa sul serbatoio, indosso il casco e i guanti, un'occhiata generale alla moto prima di partire. piccoli gesti rassicuranti. giro la chiave e premo lo start. col suo solito ruggito s'accende. attraverso il paese mentre si stà svegliando e l'aria fresca dei mille metri d'altitudine si fa sentire sulla mia pelle. prendo la strada provinciale che scende sul lago con le sue mille curve e i cento tornanti. le marce entrano veloci. ecco il primo tornante, scalo una marcia ed imposto la curva. la vista delle nuvole bianche baciate dal sole che le tinge di un rosa-arancione sullo sfondo di un cielo azzurro intenso mi entra negli occhi. nelle orecchie il rombo del motore e pochi altri rumori. una tapparella si alza, un cancello che sbatte, un camion che passa. nel naso il profumo dell'aria fresca e pulita di montagna e della rugiada che ancora bagna i campi. scendo deciso ma senza correre. non ho fretta. Nessuno mi sta aspettando. voglio godermi questo viaggio come un piccolo regalo personale. le curve si srotolano veloci davanti a me. campi verdi, boschi, qualche cavallo nel suo recinto, gente che legge il giornale sui tavolini dei bar fronte strada mi fanno compagnia. l'aria cambia. da frizzante si fa più temperata mentre scendo. ultimi tornanti e la vista del lago di Como con le sue montagne riflesse nella luce del mattino mi riempie gli occhi. le due Grigne davanti a me si alzano in un cielo azzurro e terso. i riflessi del sole sulle calme onde del lago generano luccichii abbaglianti davanti la visiera del casco. ora l'aria è più calda. non pizzica più la pelle. il traffico sul lago è sempre intenso. anche la domenica mattina. corriere e auto e pulman di turisti invadono la strada. le curve si susseguono davanti a me una dopo l'altra. guido in scioltezza, senza fretta. qualcuno con più fretta di me, mi supera azzardando su una curva. mi domando se ne abbia un senso. i miei occhi rimbalzano da una sponda all'altra del lago. la strada la conosco bene. l'ho fatta mille volte. c'e' ancora quel salice piegato sul lago che sembra stia bevendo. case, ville, negozi... qualcosa è cambiato ma sono sempre lì. mi tornano in mente i viaggi da bambino con mio padre. in 6 in macchina senza cinture, che allora non si usavano. la strada Regina non era ancora completata e si doveva passare in mezzo ai tanti paesini che a malapena ci passavano due macchine. ogni volta che si incrociava una corriera o un camion si formava la coda. i viaggi a quei tempi duravano due ore. poi la scuola guida. sempre su quelle strade. sempre con mio padre affianco a ricordarmi di non fissare mai i fari accesi delle altre macchine. a ricodarmi di "sentire" l'acceleratore sotto il piede. le doppiette per scalare marcia prima di entrare in curva aspettando un suo cenno di approvazione... i suoi rimproveri ogni volta che superavo i 50Km/h una lacrima mi scorre sul viso. il mio corpo si muove sulla moto come in una danza sincronizzata ma la mia mente non è lì con me. come risvegliato da un sogno, decido di prendere la vecchia strada per passare ancora in mezzo a quei piccoli paesi in riva al lago. non ho fretta. Nessuno mi sta aspettando. voglio godermi questo viaggio come un piccolo regalo personale. la strada vecchia è deserta. oramai il traffico passa tutto a monte. poche macchine parcheggiate. il ponticello che vedevo da piccolo è ancora lì. certo che in alcuni punti la strada avrebbe bisogno di una sistemata. alzo un poco gli occhi e la chiesetta del settecento a picco sul lago mi sorride illuminata dal sole. entro in un paese che sembra dimenticato. sembra d'entrare in un libro in bianco e nero. la case si guardano una di fornte all'altra mentre ci passo nel mezzo. vecchie scale di sasso coperte da archi lasciano intravvedere il lago subito dietro. mi fermo. entro in un bar con tre scalini proprio sulla strada...mi tornano in mente le code e le corriere che toccavano col tetto i balconi delle case e la gente bloccata dentro, impossibilitata ad uscire. faccio colazione in un bar quasi vuoto e il profumo di caffè mi riempie le narici. i pochi avventori mi guardano come se vedessero un alieno. con gli occhi della mucca che guarda passare il treno. per occhi degli anziani già è un evento vedere un forestiero in quel paesino dimenticato, figuriamoci vestito da motociclista. pago ed esco a fare due passi. incrocio una signora che con le ciabatte rosa ai piedi mi sorride. un sorriso semplice. curioso. sincero. illuminato da un raggio di sole. prendo una scala di sassi che scende verso il lago. l'eco dei miei stivali rimbomba tra le vecchie volte consunte dal tempo. nelle mie narici odore di legno, di umido e di camino appena spento, mi raccontano di vita vissuta, di stenti, di fame, di amori,di speranze, di giochi e baci rubati. dopo pochi passi da una finestrina con dei gerani rossi sul davanzale e le tendine fatte all'uncinetto, esce un'anziana col viso solcato da profonde rughe. quando mi sorride scopro che è anche senza denti. rispondo al suo sorriso con uno dei miei. il più vero che posso. il silenzio avvolge tutto il paese che basta mormorare sottovoce un bongiorno per farsi sentire. scendo ancora fino a che l'acqua del lago non mi bagna lo stivale. resto lì. mi fermo. impiedi su quell'ultimo gradino di sasso. lo spettacolo è immenso. il lago con le sue onde lunghe e piatte. il riflesso del sole che comincia a farsi alto. le montagne nitide davanti a me. a centro lago sta passando un battello mentre un gabbiano strilla il suo richiamo. vedo le macchine colorate passare sulle strade nella sponda opposta. il vento mi spettina un poco i capelli. respiro profondamente quasi a voler cacciare tutto questo dentro di me. suoni e ritmi dimenticati. la natura e la vita urlano prepotentemente la loro forza. respiro e faccio scivolare tutto dentro. respiro ancora. respiro. respiro e mi sembra di riacquistare antiche energie. chiudo gli occhi e resto immobile per sentire il calore del sole sulla pelle. non ho fretta. Nessuno mi sta aspettando. voglio godermi questo viaggio come un piccolo regalo personale. torno sui miei passi. salgo in moto. l'accendo. prima di partire guardo ancora quel posto denso di emozioni e ricordi. dentro al casco ringrazio il cielo per questa magnifica mattina che mi ha regalato. poi un pò controvoglia, riparto in direzione Milano. so cosa mi aspetta. per questo indugio ancora un attimo prima di dare gas. le campane della chiesa rintoccano le otto e quasi mi chiedono di restare. chiudo la visiera e mi tuffo nella strada ormai trafficata e nei miei pensieri densi come nebbia. tornerò. promesso.
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Iscritto: 08/02/2001 Locazione: lodi
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complimenti!! quello che so lo metto a disposizione di tutti quello che non so lo chiedo"Uno è lieto di poter servire"fazer 600 '03 "arcadia" [email protected]
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