Un recente giretto con amici bikers, dalle parti di
Amelia, Acquasparta, Terni e Forca di Arrone, mi ha dato modo di provare per una settantina di km la moto in oggetto, la
Honda CBF 1000 prima serie. Non la ST, con valige di serie, ABS e dual CBS; la base. Non montava alcun bauletto, ed era gommata Pirelli Diablo seminuovo all’anteriore, Diablo Strada al posteriore.
Riporto le mie sensazioni e impressioni.
Terminato il massiccio pranzo, e montata la camerina Oregon sul Dominator dato in cambio all’amico che mi presta la CBF, si parte sulla discesa dello sterrato fuori l’agriturismo; una moto turistica deve essere in grado di percorrere carrabili sterrate non troppo accidentate con placida disinvoltura, e la CBF 1000 si dimostra immediatamente maiuscola nella manovrabilità e nell'equilibrio.
Fin dall’avviamento presenta un tocco al gas meraviglioso, da cavallo nato veramente di razza. Considerato che è nell'essenziale un maxi da superbike, il
motore (quello della Fireblade 1000 del 2004, riadattato per mappatura e profilo e incrocio cammes, se non erro)
tra le gambe è sottilissimo, sembra un twin parallelo di non moltissimi anni fa, è molto bello da vedere e ha un suono discreto ma personale. Il proprietario mi dirà (essendo il 3 gennaio non posso accorgermene) che nel traffico, con la stagione calda, emette un calore non indifferente, ancorché non drammatico.
L'
ergonomia in sella, all’approccio statico,
lascia a desiderare per me: le ginocchia sono un po' troppo piegate, le pedane sono troppo vicine al sedere in altezza e troppo sotto il sedere in verticale, e d'altronde non ho posto per sgravarmi allungandomi in avanti come mi sarebbe possibile su una Vfr o su una bicilindrica con un V longitudinale “largo” sotto. La sella ha tre possibili posizioni, e sono in quella intermedia. Non chiedo di alzarla al massimo per non rompere le scatole al mio amico, ma se la moto fosse mia, certamente lo farei subito, anche se credo che non basterebbe a soddisfarmi.
C'è da fare, come ho scritto, due o trecento metri di
sterrato in discesa, la porto gradualmente ai 65 e la CBF si mostra in ciò sopra le aspettative,
stabile, senza nessuna tendenza dello sterzo a scartare, ben isolata dalle sospensioni. L'unico limite è psicologico, è dato cioè dall'apprensione per la
scarsa luce a terra del giro dei collettori. Il doppio scarico, nella sua parte più prossima alle pedane, forma una coppia di invadenti paratacchi, che infastidisce un pochettino nella guida stradale e rende decisamente scomodo guidare in piedi, soprattutto a me che porto il 46 di uno stivale turistico di foggia vagamente enduristica.
Giunti sulla strada principale, nel trasferimento, saggio subito le qualità (scontate) del cambio, perfetto, e di un motore di una
elasticità e linearità che fanno realmente gridare al miracolo, e sembrano una specie di dimostrazione suprema di quale scopo abbiano cc e frazionamento in un motore. Il comando del gas si rivela un potenziometro perfettamente tarato e spaziato, così come i rapporti del cambio. La spinta non è mai particolarmente violenta, i cavalli non sono moltissimi e si sente. Ma è regolare, sempre presente, progressivamente crescente, con effetto on/off men che nullo.
La protezione aerodinamica è abbastanza buona fino a velocità ultra-autostradali, le vibrazioni sono sostanzialmente inesistenti, la frizione è come dovrebbe essere e così ogni altro aspetto legato alla
ineccepibile pulizia di funzionamento di tutto l’insieme meccanico, pulizia che a parere mio è fondamentale (e sottovalutatissima) per impostare un ritmo redditizio in strada.
Il
galleggiamento urbano, o comunque
a basse e bassissime velocità, è anch'esso perfetto, al di sopra delle aspettative, credo grazie al baricentro relativamente basso. In città queste due qualità (motoristica e dinamica) si sommano dando luogo a un veicolo portentoso,
una specie di minicarrozza magica che sembra riuscire a mantenersi in piedi anche da ferma, e appena riapri il gas ti fionda con dolcezza ma senza esitazioni esattamente dove (e come) vuoi arrivare. Non sembra nemmeno che ci siano interposti strumenti intermedi, tra il pensiero e il movimento. Per uno che scende da un propulsore sporco seghettante e appesantito da mille rantoli, com’è il boxer 1150 BMW, sembra di aver fatto un viaggio avanti nel tempo di un secolo. Questa unità mi pare veramente il punto di riferimento del frazionamento a quattro, lo stato dell'arte da ogni punto di vista, anche se dieci o quindici cavalli in più, giusto per avere una spinta omogenea da 3500 a 8500 (e non il plateau che qui si manifesta dopo i 7500) le donerebbero una capacità di emozionare superiore, sebbene al saldo finale l’efficacia rimarrebbe identica. (In Honda ci hanno pensato, e infatti il nuovo modello ha 10 cv in più pur denunciando consumi inferiori.)
Gli
specchietti sono molto
efficaci, così come l'illuminazione. Di una bruttezza imperdonabilmente
deprimente, e anche piuttosto povera di informazioni, la strumentazione. Punitiva davvero.
Il manubrio è del genere che io detesto, corna di bue con manopole piegate indietro, ma su questa moto funziona molto bene e lascia una triangolazione di braccio-gomito-avambraccio perfetta anche a centro curva pure muovendosi un po’ verso l’interno curva.
Se fin qui abbiamo una rassegna piuttosto prevedibile del meglio che ci si potesse aspettare dalla moto,
lo stupore viene dal comparto "dinamico" del pagellino. Il compromesso delle sospensioni, come ho letto in seguito sia nella
recensione di Cordara su Motorbox (che condivido dalla prima parola all’ultima) che in quella di “In Moto”,
è la cosa migliore che abbia provato in strada (fra le dotazioni di serie). La moto è ben sostenuta e ferma sulle ruote in guida, e altrettanto quando si ributta dentro parecchio gas rialzandola, eppure assorbe benissimo le asperità; si muove un pochino troppo solo se si indugia nel rilascio “full off” del gas in piega; nelle S è una spada a patto di andarci dentro sereni, tondi e senza inutile esitazioni con il gas. In piega ci va (complice forse anche il Diablo seminuovo davanti) che è un piacere, ci vuole andare, ti chiede di andarci. Bisogna guidarla un pochino di corpo, dopodiché
la ruota anteriore segue il pensiero alla perfezione (anzi, lo anticipa leggermente, e più scende più ti dà l’idea che sta bene dov’è e anzi se scende un altro po’ sta anche meglio), accompagnata dalla posteriore bene allineata (ripeto, a patto di non chiudere inutilmente tutto il gas in percorrenza) e sostenuta da un motore in grado di produrre una conversione telepatica in tempo reale del pensiero del conducente nel ritmo desiderato, senza alcun "rumore", senza asperità, strattoni, ritardi, buchi: niente. Il puro movimento.
La soglia di accelerazione soddisfacente (come io chiamo la velocità che si raggiunge tiracchiando un po’ il motore, con entusiasmo ma senza strafare, prima che prevalga la noia) si colloca intorno ai 200 km/h abbondanti di strumento, che la moto raggiunge in breve con notevole relax. Dopodiché l’ascesa (peraltro inutile e vietatissima) diventa via via più faticosa. È una tappa velocistica non eccezionale per una sport-tourer di oggi, ma molto appagante per il disimpegno con cui la raggiunge.
La moto prende la mano e, quando la prende,
denuncia un vincolo di luce a terra non scandaloso, ma comunque un po’ più limitativo del giusto, a mio parere. (Tenete conto che indurre me a viaggiare allegrotto su una strada sporca il 3 gennaio con una moto in prestito non è esattamente cosa da tutte.)
È veramente possibile lasciarla con dentro una stessa marcia per minuti e minuti e minuti di fila, non per modo di dire, senza sentire IL MINIMO bisogno di scalare o salire, e infilandosi sempre più forte dentro le curve, nelle quali entra con una neutralità che è un riferimento. Se si usa il motore appieno, con l'intenzione non di strafare ma di non buttare via neanche un metro di strada, è nelle condizioni, a mio giudizio, di piegare gran parte della concorrenza turistica, anche quella di alcuni enduroni/motardoni, a patto di non dover desistere per la luce a terra indubbiamente inferiore, a occhio direi di 5 gradi abbondanti. (L’ho fatto solo a brevissimi tratti, perché desideravo che la camera sul Dominator guidato dal mio amico non mi perdesse a lungo). La moto è più svelta e disinvolta a fare tutto. L'unico limite – oltre alla luce in piega – è che è fisicamente un po’ più impegnativa delle migliori endurone, se si vuol viaggiare allegri. Non è una cosa che trovo necessariamente negativa: è anche palloso guidare una moto che tieni in strada tranquillamente con tre dita, rimanendo immobile impalato. Certo, non ero abituato alla visiera che mi si appanna per via della maggior respirazione…
Oltre a una ottima taratura delle sospensioni e a un motore fenomenale, credo che il segreto di questa moto stia nel fatto che
le misure e le quote ciclisticamente caratteristiche sono pari pari quelle della sorellina 600, e identiche sono anche le misure delle gomme. Il 160 dietro ha una resa miracolosa in termini di agilità, la moto perde quei 20/25 kg di troppo che l’impietosa bilancia le mette in carico. Richiede meno tempo e meno concentrazione per impostare, rispetto per es. a un VFR, anche se ha un limite di piega (e credo di frenata) inferiore.
Grazie a tutto ciò, delle tre fasi di cui si compone una curva,
sicuramente di questa moto mi ha impressionato l'inserimento. "Chiama" una risolutezza e familiarità di gesti a cui non sono tanto avvezzo, e lo fa con una grande naturalezza. Io ho il riferimento del passo che si tiene nella forca di Arrone in genere in questa stagione, e, anche riguardando il filmatino, mi si conferma la percezione avuta sul momento di un indice d'efficacia, il rapporto tra impegno soggettivo e andatura oggettiva, davvero molto vantaggioso. Negli ultimi tre tornantoni verso Rieti, forzando a quello che mi pareva il mio limite personale, oltre a quintuplicare il distacco dalla camera (purtroppo), non ho trovato alcuna difficoltà tranne che per il contatto pedane-suolo. Era sera fatta, e probabilmente l’ultimo tornante era sporco, la piega molto accentuata, la visibilità nel mio casco, mediocre (appannato), sicché la ruota anteriore mi è scivolata un pochino e c’è stata necessità di un fortunato gioco di corpo piede e mano, con il quale la moto è tornata in linea benissimo, quindi si può anche dire che avvisa abbastanza dei problemi incipienti, qualità sempre ammirevole.
La frenata è senz’altro buona, nella versione senza ABS non c'è nemmeno il CBS e questo è un bene, perché il freno posteriore può tornare a fare il suo mestiere in caso di necessità in curva.
Non ho minimamente compreso cosa renda la vita del suo proprietario meno serena che con il suo precedente FZS 600 Fazer (e anche con il mio Dominator,
in un certo senso): a me la moto è parsa certo un po' meno svelta del Fazer, ma talmente ben ferma sulle ruote da risultare più incoraggiante verso una conduzione moderatamente spigliata.
L'ergonomia, a fine prova, si conferma incredibilmente uno dei punti deboli del progetto: se non avesse un motore così elastico, sarei arrivato coi tendini irritati per le cambiate. Però il mio 1,92 mi rende fuori standard, nettamente più portato a moto più lunghe e distese, o al contrario a endurone più alte e spaziate.
Salvo per il
difetto dell'alternatore, diffuso, ricorrente e grave, è una moto che mi sento di consigliare a occhi chiusi a chiunque cerchi un mezzo di questo segmento. Ed è, dinamicamente, una delle moto più redditizie, sfruttabili e confidenziali che abbia provato, senza però barattare facilità con piacere di guida, come un po' fa il pur ottimo V-Strom 650. Questa moto resta piacevole, i 45 gradi dopo i quali comincia a grattare sono pochini ma anche ragionevoli per l’uso stradale, anche se un margine di riserva risulterebbe apprezzabile.
(Poscritto:
Il video girato (link) è abbastanza buio, distante e poco comprensibile per chi non conosca le strade percorse, in relazione alla stagione e alle condizioni. Insomma, se uno proprio vuole lo guarda, ma può benissimo farne a meno senza perdersi nulla.)
vedere tutto, sopportare molto, correggere una cosa alla volta