Iscritto: 10/02/2011 Locazione: affari miei
|
Spazio (in prova) per racconti ,articoli,descrizioni . Insomma un qualcosa di scritto che può essere letto in una fredda serata invernale. Quando la neve copre i prati e i rumori spariscono.
Comincio io Siddartha ha cavalcato con gli hells. Racconto inventato totalmente
Cominciamo a dire chi è Siddartha,nome in codice ovvio perché è minorenne,uno dei tanti soggetti che giravano all’Hollister con me. Hanno continuato a girare con me,alcuni di questi tra cui anche lui. Soggetti che ho scelto di girare con me più che altro perché occupano poco spazio,non rompono e sono decisamente di compagnia. Siddartha è un chitarrista poco ingombrante,ha la sua band e con uno strumento in mano fa la sua parte. Ovvio non sarà Jimmi Hendrix ma la sua la dice abbastanza bene (e a differenza di Jimmy non si buca). Bene ora veniamo al racconto: Di raduni ne ho fatti tanti ma questo merita di essere ricordato. Era una caldissima giornata di luglio,stavo tornando indietro dalla fabbrica dove lavoro,erano le 17 ma sembrava mezzogiorno,tutto era caldo e luminoso. Il twin che avevo sotto alle chiappe vibrava e scaldava come una stufa,era il suo standard. Sento che mi vibra la gamba e mi fermo . Prendo il telefonino e leggo: Siddartha che chiama. Schiaccio il bottone verde: S: “ciao doc buone notizie,mia madre mi ha dato il fine settimana libero: gli altri sono andati al mare,che facciamo?” Io: “non lo so,prendi il primo pulma per paesana e ci vediamo da me” S:”ricevuto,devo portare qualcosa?” Io:”il grano per mangiare e nient’altro,a dopo” Ripongo il telefono nella tasca,sveglio con la manetta il bicilindrico che pulsava al minimo e riparto con un “clonk” sul cambio. Arrivo a casa. Metto la moto in garage,salgo le scale. Entro in casa e accendo il boiler per fare la doccia. Poi prendo tutti i manifestini dei raduni che ho sulla credenza e cerco….troppo distante,un solo giorno …preso venerdì sabato domenica,raduno concerto e giochi bikers. Deciso! Mentre mi scroscio la doccia sento la porta che si apre e si richiude,Siddartha saluta “ciao doc” Prepariamo i bagagli,la tenda,il materassino e tutto quello che occorre. Le cibarie da parte e il necessario per essere indipendenti dal mondo salvo forse un po’ di benzina che prenderemo lungo il viaggio. Il piccolo mette il paraschiena sotto i vestiti in modo che non si veda,io non lo prendo neanche. E via per il raduno allora,man mano che ci avviciniamo incontriamo altre moto che vanno pure loro al raduno. Vedi custom carichi da paura e a volte qualche vecchia enduro,magari tutti insieme in queste strade a 80 all’ora quando va bene. Arriviamo che sono le 6 meno un quarto,forse ho tirato un po’ il collo alla belva ma tanto non si lamenta. Entriamo,paghiamo l’ingresso e andiamo a montare la tenda. Giù il telo sotto gonfia il materassino con la turbina elettrica,metti la luce,appendi qui e in cinque minuti è operativa. Prodigi della buona organizzazione. Ogni tanto ai raduni arriva qualcuno che non dovrebbe esserci. Questo qui si vede che vuole attaccare rissa. Cominciamo a descrivere la moto,una giapponese bicilindrica parallela con le gomme strette e lisce. Due semimanubri fatti con il tubo dell’acqua e le saldature in vista e piene di soffiature . Auguri ! .Quindi una caffè racer fasulla guidata da un tipo tarocco. Il faro dietro mancante e solo con una lampadina a penzoloni che non ho mai visto accesa. La moto è senza fianchetti e si vede l’impianto elettrico e le alette del regolatore con fili aggiunti buttati lì come viene. E ha un giubbotto con colori tedeschi,lui che parla molto bene l’italiano si capisce che è un tarocco. Poi sembra che sia un gruppo che non vada d’accordo con gli Hells. E se le danno,volano spintoni ,qualche pugno e uno degli Hells mentre il tipo si dirige verso il suo trabiccolo poco sicuro e mette in moto andandosene in gran fretta esce dalla rissa massaggiandosi la mano. Io e il piccolo ci dirigiamo alla tenda per dare l’assalto alle pagnotte e ai wurstler ,e mentre lo stiamo dando notiamo che gli Hells cominciano a discutere tra di loro. Va bè intanto assaltiamo le provviste,se non altro avremo una cosa in meno da portarci dietro al ritorno. Gli Hells stanno un po’ a parlare con il tipo dalla mano fuori uso,uno di loro. Poi cominciano a girare tenda per tenda. Parlano con uno,parlano con l’altro ,poi arrivano anche da noi. Prima ci salutiamo ,poi la domanda che fanno a me è “sai suonare bene la chitarra?” . Io che suono solo la tastiera gli ho detto,”no,ma lui si” e indico con il dito Siddartha che stava tritando un panino con i crauti. “io?” guarda stupito Siddartha “perché no? All’Hollister suoni no?” “si ma qui siete cinque volte di più” risponde lui “e tu guarda solo le prime file” aggiungo io “bè mi avete convinto…andiamo” Sono andati avanti quasi due ore a provare,più che altro a mettersi d’accordo su cosa suonare e sui segni da fare durante l’esecuzione per cambiare quell’effetto o l’altro Poi si inizia,la batteria attacca e sembra una fucilata,poi un colpo di cannone poi un altro. La batteria attacca e si parte. E anche Siddartha comincia,la ghibson explorer prende vita. Un vibrare di corde .Onde magnetiche che diventano segnale elettrico che passa nei transistor del finale e arriva a spingere i coni delle casse facendosi musica. Onde che si mescolano a quelle degli altri strumenti,per fare quell’impasto di melodia che è la musica rock. Quelle piccole dita schiacciano le corde e le note che escono sono fantastiche,in questo momento Siddartha sta cavalcando la strada della musica. E’come se quelle piccole mani su quella chitarra fossero in realtà appoggiate sul manubrio di qualche Harley cromatissima e con i comandi avanzati. Lui che probabilmente in una Harley non sa neanche dove si mette la chiave per accenderla in questo momento sta viaggiando per qualche infinita strada nella pianura americana con le note della musica. Le canzoni si susseguono una dopo l’altra: Born to be a wild, Paradise city, November rain, Sweet child o mine, Higway to hell, Wild side, Girls girls girls. E altre che non ricordo più . Il piccolo tiene quasi un ora senza soste. Ogni tanto si abbozza un po’ di pogo,ma dura poco,la musica è abbastanza tranquilla oggi. Quando è il momento di “forever angels” di Axel Rudy Peel le luci esagerate diventano morbide,tutto si tinge verso l’arancione e la musica comincia…qualche accendino sberluccinca nel pubblico. Il coro aiuta le casse e sembra salire fino al cielo,si alzano bicchieri e nuvole di fumo dai fuochi. Un faro illumina il palco come per cercare qualcuno,ma ci sono tutti che con le orecchie ascoltano l’ultima canzone. Intorno a me è calore,è potenza. Sembrano lontane anni luce le luci fredde e azzurrognole delle città e delle discoteche. Siamo tutti dentro un unico cilindro e bruciamo di vita. Le auto sulla strada ora vanno più piano,un muro di suono le avvolge e gli automobilisti si trovano immersi in una distorsione spazio tempo,le auto intorno a loro si trasformano. I display lasciano posto alle lancette,il ferro scaccia la plastica. Gli spoiler diventano pinne e uno smanettone che passava con un CBR si trova di colpo a cavalcare un crepitante panhead “capitan america”. Potenza della musica,se ci fosse un problema politico vorrei che fosse affrontato a casse amplificatori e non con le armi,saremmo magari tutti sordi ma per terra resterebbe soltanto qualche amplificatore cremato,qualche cono sparato e non delle persone. Anche il piccolo cerca anche di cantare ma la sua voce non si sente,le vene del collo sono gonfie,le dita tese sulla chitarra,penso che avesse faticato di meno quando hanno portato il jukebox nella sua stanza. Ma prosegue. Il suo bicilindrico a 4 valvole raffreddato a sangue è al massimo ,se avesse il contagiri segnerebbe zona rossa piena in sesta! Vai Siddartha!!!! Andate gruppo!!! Cerchiamo di cambiare il mondo almeno per 5 minuti! Poi un bis,poi un altro e poi non mi ricordo più. La notte scende sulle mie palpebre come un telo nero che viene srotolato poco per volta. Mi addormento vestito vicino a un albero. Mi sveglio per il freddo,mi guardo intorno tutto buio. Il concerto è finito e tutti dormono nelle tende. Mi trascino fino alla tenda con un mal di testa bestia e i piedi pesanti. Apro la cerniera,Siddartha non c’è e neanche il casco e la sua giacca. Guardo nel parcheggio delle moto,mancano 6 HD degli hells,bè non penso e non decido,mi infilo nel sacco a pelo e gli occhi si chiudono da soli. Ho sognato il piccolo che cavalcava. Sulle note di tough enough clan guidava un 1200 custom di vecchio tipo con manubrio dritto,su un rettilineo infinito,poi dopo un po’ viene affiancato dal chitarrista fuori uso degli Hells che guida un road glide nuova di zecca. Mi sveglio quando il sole è già alto,intorno a me c’è chi fa fagotto nonostante ci sia ancora un giorno di raduno e chi controlla alcune cose della moto. Siddartha non c’è ancora. Sento delle moto che arrivano,guardo meglio,la terza è un electra glide,guardo bene seduto dietro,il piccolo Siddartha che riconosco per il casco nero e il giubbotto rosso e nero. Su un road king c’era anche la chitarra del piccolo : erano andati a prenderla! E su un portapacchi di un fab bob c’era anche l’amplificatore! Mi sa che sarà una lunga notte quella che arriverà,sempre sulle ali della musica. Scende,mi saluta e va a buttarsi nella tenda a dormire,non ho tempo di iniziare a parlare con gli hells che si addormenta a pancia in giù come se fosse uno straccio.
P.S io non ho nulla contro/a favore delle mini bicilindriche jap degli anni 70,rappresentano (anche se in Italia ne sono arrivate pochissime) a differenza delle nostre moto "da passione" dei semplici esempi di veicoli "utilitari" nel quale,nei progettisti in primis era presente una gran ....confusione. Tendenzialmente mezzi di basse prestazioni,con linee spesso anonime e ciclistiche molto ...economiche. Talune montavano gomme e forcelle inferiori anche ai moderni 50 ini. Vennero di fatto spazzate TUTTE via dall'arrivo della CB 400 Honda. Lo stesso modello cambiava spesso dimensioni di gomma,forma del faro e aspetto estetico da un anno all'altro. Erano presenti tanto modelli a due che 4 tempi. freni a disco e a tamburo (anche all'anteriore). Per qualcuno trabiccoli traballanti,per qualcun altro ...anonimato puro. La formula della "mono" utilitaria era presente da tempo ma era stata abbandonata un pò da tutti i costruttori,è stata riscoperta solo ora,40 anni dopo. Sempre troppo tardi. Chissà perchè il mio riferimento va a un prototipo di SST 350 con motore 4T dell'alarossa....mai entrato in produzione,specialmente nell'epoca dove non servivano menate elettroniche e una moto poteva permettersi di partire a pedale. Mezzi da 120 kg,mica di più... E pensare che molti acquistarono le XT 500 soltanto per avere un mono...non gliene fregava niente del fuoristrada.
per una fuga di legno o pellet non si è mai preoccupato nessuno ,le fughe di metano sventrano le case e fanno stragi.
Sulle mie moto NON SI USANO abbigliamento dainese,caschi agv,catene regina,olio castrol, gomme pirelli e freni brembo.
Usate voi questa roba se volete spendere il triplo
|
Iscritto: 10/02/2011 Locazione: affari miei
|
LA LEGGENDA DEL BAMBINO CON LA TUTA DA MOTO,seconda versione visto che la prima la avevo postata in un forum dalla quale me ne sono andato per grave divesità di vedute(dopo aver postato un altro testo oer le risposte ottenute avrei tirato il collo a mezzo forum) :la avevo scritta per un bambino a cui avevano sparato e lo avevano sciolto nell'acido tanti anni fa. Ogni zona ha le sue leggende,anime dannate che vanno in giro per fare danni e mettere paura,dai morti squartati in epoca medioevale a esseri saltati in aria durante una delle guerre mondiali. Si passa dai cavalieri antichi vestiti di armature a meno nobili cavalieri in divisa grigia oppure verde. Alcuni con svastiche altri con stelle ma tutti ormani non più al mondo. Come regola generale,chi trapassa per morte violenta,a volte non va nel mondo dei morti o se ci va non vuole restare nel mondo dei morti ma cerca sempre di tornare,e talvolta ci riesce. Dicono che si materializzi come presenza,alcuni dicono che ritorni per farla pagare a chi lo ha ucciso. Ma se di mezzo c’è un incidente e una morte accidentale? Allora vivrebbe solo per vivere e non sarebbe nè bravo nè cattivo .E soprattutto che forma potrebbe avere un fantasma? Lo immaginiamo con il lenzuolo? Oppure come? Corporeo o incorporeo? Non c’è zona che non abbia le sue credenze popolari e spesso a esse si attribuiscono rumori,ombre e luci non spiegabili (o spiegabili dopo a mente fredda o senza nemmeno una birra in corpo). Anche la pineta di Roure Chisone ha la sua leggenda,una leggenda recente. Si racconta che nel 1994 ci fu un incidente motociclistico,una honda lanciata a folle velocità sulla statale del Sestriere si schiantò contro il guardrail facendo due morti,anzi un morto e un disperso. Morì Angelo Cafueri di anni 45 siciliano,elemento di spicco del clan di Totò Riina,nello schianto riportò gravi lesioni interne e non sopravvisse al trasporto in ospedale. Il disperso era Antonino Cafueri di anni 12 ,non venne più ritrovato. Si pensò che fosse stato sbalzato nel fiumiciattolo che in Agosto è poco più di un torrente,ma le ricerche non hanno dato nessun esito. Venne anche una squadra da Torino di carabinieri con i cani,ma perlustrarono una giornata senza trovare assolutamente niente. Niente fu nemmeno trovato nelle chiuse al comune più a valle,Pinerolo. Vennero controllate ogni pozza,ansa e diramazione,ma non si trovò niente. Eppure il bimbo venne visto sbalzato via dagli stessi occupanti dell’altra moto che seguiva e che era stata sorpassata,in quanto i giornalisti malignando (come è loro solito fare) dicevano che era in corso una gara clandestina,a dire il vero un sorpasso molto azzardato che si è concluso con lo schianto,alla curva dopo,presa troppo veloce…nessuno saprà mai come è andata veramente. Di Antonino non si seppe più niente. Al funerale seppellirono una bara piena e una vuota,pratica illegale ma molto diffusa quando ci sono morti e sparizioni in odore di mafia,lo stesso corpo del padre venne infatti fatto rientrare in Sicilia con un aereo privato senza troppi controlli. Un gruppo di ragazzi intenti a fare campeggio abusivo lo vide una settimana dopo:erano seduti intorno al fuoco ,intenti a mangiare ,bere e fumare. Venne verso di loro con un cane lupo e attaccò subito discorso. -“Salve ragazzi come va?” -“Ciao tipo “ disse uno di loro intento a prepararsi una bonga,nel mentre si guardava in giro in quanto il cane sembrava un cane lupo da sbirro,ma era piuttosto trascurato e con il pelo opaco. -“bel cane,è un cane lupo?” chiese una tipa. -“no è un lupo! ,Dorme insieme a me tutte le sere”disse il bambino. -“e in moto come lo porti? “facendo allusione alla tuta da moto -“viene a piedi,abito due curve più sopra ,e mio padre porta me con la moto,sapete ha un mille da strada” -“e adesso dove è se tu sei qui” richiese la tipa. -“sta cercando di fare partire la moto,si è guastata. Quando l’avrà aggiustata mi verrà a prendere,posso sedermi vicino al fuoco?” -“siediti pure” disse un tipo con i capelli lunghi. Il bambino posò il casco che aveva sottobraccio e si sedette. Stava osservando,quasi sorridente,divertito da cosa gli altri facevano. C’era chi fumava,chi beveva e chi era già addormentato in un sonno profondo. Al mattino al risveglio si chiesero l’un l’altro dove fosse il bimbo,ma di lui rimaneva solo il ricordo in chi lo aveva visto e le impronte per terra. Nessuno si ricordò di cosa si era parlato,forse si era tutti troppo stanchi. Oscar Depetris è un pacifico commercialista grassottello,stava tornando a Torino dal Sestriere con l’auto della moglie,era domenica notte e lunedì doveva finire dei lavori nel suo studio ti Torino,piazza Statuto,una nebbia , tipica di gennaio avvolgeva la strada e riduceva la visibilità. La macchina la forava appena. Vide appena un bambino vestito con la tuta in pelle da moto che faceva l’autostop e fermò per farlo salire. Aprì la porta e lui salì,posò il casco sulle ginocchia e chiuse la porta. Oscar gli chiese “ non sei troppo piccolo per guidare una moto”. Lui gli rispose con accento siciliano “ la moto è di mio padre e si è rotto il motore due curve più in giù, sono andato a cercare un pezzo di ricambio”. Oscar non volle indagare,era domenica e non c’erano meccanici più in su. Tuttavia partì lentamente. La nebbia aumentava e poco più in giù quasi non si vedeva nulla. D’improvviso il bambino fece uno scatto in avanti e urlò “frena!!!!”. Oscar frenò e la clio si arrestò con stridio di freni,il casco che era sulle ginocchia rotolò contro al cruscotto. Dall’erba uscì un cinghiale che attraversò la strada e sparì nel nulla,risucchiato dalla nebbia. Tirò un sospiro di sollievo e poi ripartì ,fece i complimenti “che vista piccolo!”,ma il bambino non rispose alla affermazione,disse solo “ avresti sfasciato la macchina,contro quel cinghiale”. Quando arrivarono vicino alla pineta gli disse che scendeva qui. Oscar fermò di nuovo la macchina ,il bambino scese e chiuse la porta. Scese anche Oscar ,avrebbe voluto dare una mano a aggiustare la moto,ma non c’era nessuno. Girò intorno alla macchina che illuminava la nebbia con i fari. Il motore ronzava pacifico e una volta si accese pure la ventola ,ma ....nulla Non c’era proprio nessuno. In lontananza abbaiavano i cani e i rumori arrivavano ovattati dalla nebbia. Il terreno era gelato,non poteva nemmeno vedere se c’erano impronte di scarpe o pneumatici. Comunque a Torino le scartoffie lo aspettavano,salì in macchina mise in moto e ripartì,non aveva né tempo né voglia di farsi domande. Marco voleva farla finita,gli era andato tutto storto:aveva perso al casinò in Francia quasi tutto lo stipendio dopo aver svuotato il conto in banca,aveva importanti spese per il mese e Irene,la sua ragazza gli aveva detto che al ritorno lo avrebbe lasciato. Altro che vita insieme ,altro che giorni felici:aveva rovinato tutto per la sua stupida mania del gioco d’azzardo! Pensava che un nodo alla gola fosse la soluzione,arrivò con la “regata diesel” nel parcheggio della pineta,la parcheggiò,chiuse a chiave la portiera,non prima di aver lasciato un biglietto di scuse sul cruscotto. Si incamminò a piedi verso il ponte di legno. Era sua intenzione impiccarsi a una delle travi del ponte,stando in piedi su un pietrone per poi buttarsi giù. Lo aveva visto fare in tanti di quei film "alternativi" visti a casa di amici,quando l'unica amica era la polvere bianca-marrone sul tavolo. Camminava senza guardarsi intorno,facendo luce con un accendino e inciampando in questo o altro sasso,arrivò al ponte. Lanciò la corda intorno a un trave e ne fece un nodo. Stava preparando il cappio quando una voce dietro di lui cominciò a leggere “Vi chiedo scusa,sono un fallito e posso rimediare solo togliendomi ….” .Si girò di scatto,divenne pallido e chiese a alta voce”chi sei?”. “chi sei tu!” disse il bimbo “dormivo così bene prima che mi pestassi un piede passandomi accanto!.” Marco,sentendo che era la voce di un bambino si sentì un po’ rincuorato,anche se al fondo della colonna vertebrale sentiva sempre un certo timore. Mollò la corda che cominciò a penzolare e accese l’accendino. Vide illuminata dalla fiamma tremolante dell’accendino la sagoma di un bambino vestito con una tuta da moto che teneva in mano il foglio che lui aveva scritto e aveva lasciato in macchina. Era seduto su un casco integrale e lo guardava dritto negli occhi. “Sto solo leggendo,che hai fatto di male per impiccarti? Hai ucciso qualcuno? Mio padre ogni tanto spara a qualcuno ma non si è mai fatto problemi!” “No” rispose Marco”voglio uccidere me stesso,sono un fallimento totale! Prima mi bucavo,ora ne sono fuori e sono caduto nel gioco d’azzardo e sto continuando a perdere soldi”. “Tutto lì?” Disse il bambino ripiegando il foglio e dandoglielo,aggiungendo “torna a casa,chiedi scusa,magari aggiungi qualche lacrima; poi spendi un po’ meno per qualche mese rinunciando al bar e a qualche pizza,e poi che ci trovi di interessante nel gioco?Pensa a viverla la vita,guarda che serata!” Marco si guardò intorno e vide che effettivamente era una bella serata,la luna faceva capolino dalle nuvole,il cielo era tutto un rifiorire di stelle,poi riguardò in direzione del bimbo,adesso non c’era nessuno! Tornò all’automobile che trovò chiusa a chiave come l’aveva lasciata,mancava il foglio sul cruscotto. La aprì si sedette all’interno e accese il motore. Quando accese le luci,vide che di fronte a lui,seduto su un pietrone c’era il bimbo che lo guardava,sobbalzò sul sedile,tirò giù il vetro e disse “vuoi che ti porto fino alla moto?” “No” rispose “quando mio padre l’avrà aggiustata mi verrà a prendere” “e guida piano,è facile ammazzarsi per strada! Credimi!”. Marco andò via salutando con la mano dal vetro,illuminando la strada con i fari,andava molto piano,si guardava intorno,ma di moto parcheggiate a bordo strada non c’è n’erano e dato com’era vestito il bambino doveva essere un bel motone da strada. Ma non vedeva niente,solo il buio intorno a lui. Tornò una notte ad amoreggiare con Irene in quella pineta,qualche giorno dopo ma non vide nessuno vestito con la tuta da moto,né adulto né bambino e nemmeno quella notte vide moto parcheggiate a bordo strada. E mentre con un occhio amoreggiava con l'altro si guardava intorno... Eliana Luigia Manin detta anche nonna Manin abitava in una casa sulla collina,proprio dietro alla pineta. Da sola con i suoi 86 anni,un cane e qualche gatto. Era la nonna di tutti,conosceva ogni angolo di quelle montagne,ogni persona. Vive dominata dai ricordi,dall’alluvione dell’anteguerra che aveva spazzato via due dei suoi tre figli,alla guerra che aveva fatto tornare il più giovane invalido,partito poi per la città ,per lavorare in fabbrica e mai più tornato. Ricevette qualche anno più tardi un telegramma che ne avvisava la morte,in un incidente sul lavoro. Un tardo pomeriggio mentre andava a funghi,né trovò qualcuno ma venne sorpresa da un violento temporale,andò a ripararsi sotto una tettoia di quelle usate dai turisti per le merende,vicino alla pineta. Un vento freddo soffiava l’umidità fino nelle ossa,i lampi squarciavano il cielo e la pioggia nonostante la tettoia arrivava a bagnare i vestiti. Si stava facendo buio e la pioggia sembrava non dovere finire da lì a breve,sconsolata pensò ad alta voce”staseira posu nen turnè a cà,povra mì”. “Non pianga signora pioverà ancora per un ora al massimo”disse una vocina alle sue spalle. “oh sun nen sula an bele si”rispose la signora “no ci sono anche io” disse il bambino La nonna lo guardò da testa a piedi,poi disse “ma cum at ses vestì?” “è una tuta in pelle da moto,stavo andando in moto con mio padre quando la moto si è rotta,lui la sta aggiustando,quando andrà mi verrà a prendere”. “povr cit ma tses tut bagnà” aggiunse la nonna. “solo fuori,dentro sono asciutto e caldo,ho solo i piedi un po’ umidi” La pioggia stava diminuendo ma il cielo era sempre più scuro e la nonna affermò”ai sciairu nen ad andè a cà”. Quando smise di piovere il bambino disse “la guido io a casa “e cominciò a camminare con piccoli passi. La scarna mano veniva tenuta dal bambino e guidata passo a passo in mezzo a quegli alberi e ai cespugli,l’altra mano reggeva il casco. Nonostante il buio fosse ormai arrivato,rischiarato di tanto in tanto dai lampi del temporale che si allontanava,il bambino conosceva il bosco perfettamente,le stanche gambe di Eliana Manin appoggiavano sempre su terreno consistente,non un sasso e non una radice la fece inciampare. Arrivarono alla casa e salirono la scala di legno. “dorm si staseira,tses tut bagnà” disse la signora. Il bambino disse “va bene,tanto fino a domani mio padre non potrà venire a prendermi con la moto” Nonna Manin entrò in casa,accese la luce e si mise qualcosa di asciutto. Il bambino giocava con il cane. Accesero la stufa,qualche foglio di giornale,un po’ di legno piccolo e la fiamma guizzò rapida,dopo la nonna accese la radio come faceva tutte le sere per non morire di solitudine. Mangiarono la minestra,con un po’ di pane dentro. La radio faceva da sottofondo portando musica e voci da terre lontane con quella voce calda e piena che solo gli apparecchi a valvole a onde medie sanno dare. Parlarono tutta la notte,la nonna gli raccontò aneddoti e episodi di una intera vita di rinunce e pericoli. Gli raccontò della guerra,dell’alluvione e di tutto cosa fosse successo in più di mezzo secolo in quella vallata. Il bambino poco per volta si addormentò vestito raggomitolandosi sul divano,vicino a Bill,il cane. Il fuoco crepitava nella stufa irradiando un piacevole calore. Andò a rimboccare le coperte al bambino e quasi inciampò sul casco che faceva bella mostra di se sul pavimento. Tirò su la coperta,fino alle spalle che sembravano più grosse a causa dei rinforzi e della gobba salvaschiena lasciando fuori soltanto la testa di Bill . Poi si sedette sul divano e cullata dalla radio si addormentò. Si svegliò al mattino,il sole inondava di luce la stanza,le imposte erano ancora aperte ,qualcuno aveva spento la radio e la luce. Girò la testa per vedere il bambino sul divano,ma c’era solo più il cane,la coperta era su un lato ben ripiegata. Sul tavolo c’era un biglietto,”grazie nona Manin”. Pensò che il padre fosse venuto a prenderlo con la moto,ma Bill non si era svegliato e non aveva abbaiato,bè meglio non pensare,è iniziato un altro giorno e aveva due porcini pinicoli da preparare e fare seccare. Igor è un punk,cresciuto in un paese della vallata accanto,e andatosene di casa quando il mondo gli sembrava troppo stretto. Capelli sparati verso il cielo e voglia di viaggiare sia col corpo che con la mente anche se fino ad allora tutti i viaggi che aveva fatto non lo avevano portato da nessuna parte. Lo avevano solo portato a non avere più amici,a non poter più entrare in questo o quell'altro locale. La pineta gli sembrava un posto tranquillo in cui farsi e ripartire con la mente per poi ricadere da lì a poco dopo sulla terra e sentirsi ancora più male. Si addentrò a piedi mentre già stava imbrunendo,scelse un posto tranquillo,si tolse la cintura dei pantaloni che subito arrotolò intorno al braccio già abbondantemente sforacchiato. Tirò fuori la siringa dallo zaino ,la bustina,l’accendino e il cucchiaino. Accese ,preparò sciolse e iniettò. Come tutte le altre volte,no,forse stavolta ne aveva messa troppa e la vampata di calore diventò soffocante. Sentì le tempie che pulsavano come un treno a vapore,i suoni andavano e venivano,la luce tremolava,era partito…e forse non sarebbe tornato. Magari come ultimo regalo di qualche pusher alla quale lui doveva troppi soldi ,o forse perchè aveva sbagliato lui. o era troppo pura...tardi per fermarsi. Dove lo avrebbe portano questa volta la mente ? Avrebbe voluto rivedere la terra del mai,il suo primo viaggio fatto bucandosi nel treno,quando si vide in un bel giardino con intorno a se soltanto erba e fiori. Invece no . Si trovava in una città caotica macchine che schizzavano sulle strade,code,semafori e più ancora macchine.. Guardò verso il cielo ma vide solo una informe massa grigia. Poi cercò di scappare,attraversò una strada e un taxi gli passò vicinissimo strombazzando. Fece altri due passi e un alfetta di colore violaceo si fermò davanti alla banca. Scesero due loschi figuri che entrarono con le armi in pugno . Tutto ciò a Igor non piaceva,si nascose dietro un pulmann parcheggiato,ma dopo gli spari e le grida il suo nascondiglio si mise in moto e se andò. Fece appena in tempo a guardare la banca che i vetri andarono in frantumi mentre i due salivano in macchina e partivano sgommando . Arrivò a sirene spiegate un altra macchina e cominciò un violento scontro a fuoco. Igor voleva scappare ma le gambe non rispondevano,cercava di correre ma riusciva si e no a camminare,come si cammina a un funerale. E capì che il funerale era il suo,sentì qualcosa attraversagli un fianco,una botta come un pugno,cadde a terra e il cielo si fece bianco come il latte. Si risvegliò sul marciapiedi,intorno a lui qualcuno piangeva,vecchie donne vestite di scuro che lui non aveva mai conosciuto si sgolavano a piangere. Poi uno da dietro lo chiamò “Igor”,poi di nuovo,lui si rese conto che non stava respirando,cercò di alzarsi e vide che il suo corpo era a terra in una pozza di sangue,ma lui era come trasparente si sentiva galleggiare e di nuovo la voce “Igor!!!”. Si girò,vide un uomo sulla quarantina,barba e baffi seduto su una grossa moto da strada. Cominciarono a parlare,Igor disse “ chi sei? “ Lui rispose “Io ? sono un padre di famiglia” “ E che BIIIIP vuoi da me? “ “portarti indietro,voglio che vai via di qui,non è posto per te almeno non ancora” “voglio andare via anche io questo posto è una [beep]!” “Sali allora” Igor non aveva neanche messo i piedi sulle pedane quando già la moto stava sfrecciando via,era senza casco e l’aria gli stava riempiendo gli occhi,gli insetti sembravano proiettili. Poi venne notte poi di nuovo giorno e in pochi minuti fu di nuovo sera e la moto si fermò in mezzo ai pini. “scendi ora” gli disse l’uomo con la barba. Igor scese e l’uomo disse ancora “dì a mio figlio che gli voglio bene”,sparì in un rombo assordante. E Igor si trovò da solo,in mezzo ai pini. Stava diventando sempre più buio e le palpebre sempre più pesanti. Si addormentò. Vide tutto nero,il cielo come un grosso telone scuro gli stava scendendo addosso. Una voce di bambino gli gridava “svegliati” si sentiva percuotere,mordere e leccare,aprì gli occhi che all’inizio sembravano incollati e vide un cane e un bambino che cercavano di rianimarlo, il cane faceva del suo meglio con la bocca a rosicchiargli una scarpa,il bimbo gridava e poco a poco a Igor tornarono le forze riuscì a muovere la testa poi a bofonchiare qualcosa,il cane lo stava ora leccando. Poi di colpo ricominciò a vedere,riusciva di nuovo a muoversi,si alzò di scatto e poi ricadde subito a terra,riusciva si e no a stare seduto e così fece. sentiva il cuore rallentare poco per volta da quell'aritmico veloce ritornare a pulsare poco per volta. Le mani gli tornavano calde,le gambe formicolavano. Forse era tornato in vita? In tanti dicono di averlo visto,chi di averci parlato intorno al fuoco,chi di averlo portato in macchina,chi di averci camminato insieme. I pastori lo hanno visto camminare nella notte quando sorvegliano il bestiame e fumano la pipa sotto alle stelle;lo hanno paragonato alle streghe parlandone con rispetto e senza timore. Alcuni esperti hanno fatto ricerche sulle impronte degli stivali da strada alpinestars,che sono state trovate e appartengono a un modello di stivale effettivamente in commercio,di un numero adatto a un bambino o a una ragazza ma estremamente diffuso. La polizia ha interrogato gli abitanti della zona,senza riuscire a sapere nulla,qualcuno lo ha visto,qualcuno no e nessuno ha saputo fornire particolari nuovi a quelli che già si sapevano. Ma nessuno che lo ha veramente cercato lo ha mai trovato. Non ci sono riusciti i carabinieri con i cani. Non ci è riuscita la guardia forestale che ha girato giorni con il fuoristrada. E poi perché non è mai cresciuto? Tutti parlano di un metro e cinquanta,e lo descrivono sempre uguale,vestito nello stesso modo,con la stessa tuta Dainese rossa con triangoli bianchi e blu,lo stesso casco integrale bieffe “KeB8” senza visiera, sottobraccio e con i capelli corti e scuri sempre uguali. Vogliamo pensare che Antonino esista veramente?Magari te lo trovi seduto dietro prima di una curva assassina che con la sua voce ti urla "noooo" tu la prendi piano e dietro ti trovi una mietitrebbia ferma. Diventato ormai una delle tante presenze che vivono nei boschi,e che in questo momento sia a dormire sotto qualche pino secolare o a giocare con qualche cinghiale,cane selvatico,gatto,lupo o qualche volpe nella sua pineta. In un posto nel quale nessuno ti spara per un cognome o per essere nato in una o in un'altra famiglia.O magari te lo potrai trovare quando passeggi di notte in qualche vallata con lo scopo di scroccarti un passaggio fino alla sua casa e di condividere la scomodità di una sella badlander e qualche parola scambiata attraverso i caschi. Poi scenderà la notte e si addormenterà sorvegliato dai suoi amici a quattro zampe di varie dimensioni,a meno che non trovi nessuno con cui parlare. Buona notte Antonino!Dormi bene nella tua pineta.Perchè è a volte meglio essere un fantasma con la coscienza pulita.
per una fuga di legno o pellet non si è mai preoccupato nessuno ,le fughe di metano sventrano le case e fanno stragi.
Sulle mie moto NON SI USANO abbigliamento dainese,caschi agv,catene regina,olio castrol, gomme pirelli e freni brembo.
Usate voi questa roba se volete spendere il triplo
|
Iscritto: 10/02/2011 Locazione: affari miei
|
LE FIALE
E si arrivò al quartiere della dMd,situato sopra una collina. E’ uno dei vecchi fabbricati industriali che è stato adattato a uso ufficio. E’ pieno di scivoli e nastri trasportatori ed è sorvegliato da un gruppo di guardie che aspettano nel gabbiotto. Arrivi,dai la tessera identificativa e entri. Poi nessuno bada a te,la gente e tanta e i mezzi vanno e vengono. Le guardie strabuzzano gli occhi quando vedono arrivare una moto. Guardia 1:” buongiorno,mi dà la tessera” E io la tiro fuori dal portafoglio e glie la do. Guardia 2:” ma è una motocicletta?” Io :“si,motore a pistoni da 80 hp” Guardia 2:” ne aveva una mio nonno,caspita se andava” Io : ”90 mph a pieno carico” Guardia 1:”tessera a posto falli entrare” Io innesto la prima e parto poco a poco,il primo posto dove andare è la centrale informatica,situata in un fabbricato a parte. Tra le tante persone che ci sono lì qualcuno si gira a sentire il rumore della moto,qualcun altro fa una faccia disgustata. Lui” come fai ad avere la tessera per l’ingresso” Io” quando quelli della dvd sono entrati nel barracuda l’hanno usata e uno dei miei piloti ha dato un codice e l’ha clonata” Lui”pirati in tutto eh?” Io”non sempre,la bandiera pirata la espongo solo nelle grandi occasioni” Arriviamo alla centrale informatica,fermo la moto e metto il cavalletto. Scendiamo,prima però prendo un pacchettino dentro la borsa laterale e la cassetta degli attrezzi. Entriamo dentro la porticina e dico al tipo che presidiava la casa”sono qui per una riparazione” Informatico:”non mi hanno detto nulla” Io:”Può darsi,telefoni al 0025285 e chieda al mio superiore,sono il signor Grant” e gli do il mio telefono. Lui preme i tasti chiama e comincia a parlare ,pensa di parlare con un colletto bianco ma in realtà è in collegamento con la sala radio del barracuda Informatico”ok potete entrare,dov’è il guasto?” Io “devo controllare gli hard disk e le memorie statiche” Informatico”terza porta a destra” Ci incamminiamo e entriamo dentro alla stanza,il solito stanzone informatico,un po’ di server sui piedistalli,scatoloni di materiale in giro e una gran puzza di materiale elettronico. Nell’aria il rumore delle ventole e solo quello. Dalla postazione vedo che i dati sono sul server n.4 e non ci sono backup,bene adesso lo facciamo saltare. Apro il pacco che portavo e tiro fuori un simpatico oggetto. Lui”e questa che cos’è” Io “una bomba a orologeria,niente di elettronico,tre candelotti di dinamite,una batteria e una vecchia sveglia” Lui”quindi …” Io “esatto ,gli scanner la vedono come un attrezzo,anche perché non sanno leggere la dinamite” Lui”le studi tutte” Io “sono un pirata non lo dimenticare” Apro il coperchio del server n 4 e piazzo il mio regalino sotto gli hard disk e i banchi di memoria,poi richiudo il coperchio e apro un altro server lasciandolo aperto,spargo in giro qualche cacciavite e una pinza,poi prendo una scheda guasta che era appoggiata sul fondo del server (ce ne sono sempre in giro,smaltirle costa) e andiamo verso l’uscita. Informatico:”uscite già?” Io :“devo sostituire questa scheda “e glie la faccio vedere”in garanzia” Informatico :”in sei mesi è la terza ,e farle un po’ meglio?” Io:”vengono fatte di bambini di kong,costano meno” Informatico:” e voialtri le cambiate,sta via per tanto ?” Io:” il magazzino è a 3 miglia da qui,vado e torno” L’informatico guarda il ragazzino e fa una faccia interessata,poi si gira e mi saluta. Noi saliamo sulla moto,solo che non possiamo andare all’uscita subito,c’è un camion di militari,[beep]. Ci dirigiamo nel parcheggio multipiano,da lì si può vedere tutto. Arriviamo fino in cima quando si sente un botto si vede una nuvola di polvere e fiamme alte che partono dal fabbricato dei computer. Tutti si precipitano lì comprese le guardie,noi allora scendiamo ma il portone sotto del parcheggio è chiuso Io:”e vai col botto,le memorie sono andate di sicuro ” Lui:”da dove usciamo ora” Io:”passiamo dall’interno” ,ed entriamo in mezzo a macchinari industriali abbandonati,altro portone aperto ed entriamo,dall’altra si vede il chiarore dell’uscita,stavo per dare il tutto gas quando il ragazzino mi tocca la spalla Lui:”guarda in alto,non alzare i fari però e non accelerare” Io guardo in alto e il soffitto è costellato da globi di vetro,il motore ronfa a 1500 giri e sto veramente sentendo freddo. Io:”ma quelle sono…” Lui:”le fiale,proprio loro” Se accelero e faccio troppo rumore siamo morti,se suono il clacson idem,se una delle marmitte spara idem,il capannone era lungo come un campo di calcio ma mi sembrava di essere dentro la pancia di un serpente. Lentamente ci avviciniamo all’uscita,sopra di noi un rilucere di tante episodiche vampate rossicce. Quando sono a pochi metri dall’uscita dico a chi sta dietro” tieniti bene” e sento le sue mani aggrapparmi le spalle,poi tiro la frizione,do il pieno gas e la mollo. Il motore ruggisce, la ruota dietro sgomma, e il soffitto comincia a rilucere di lampi bianchi,sento rumore di vetri infranti e il portone che dietro di me comincia a chiudersi. Siamo fuori. Allarmi cominciano a suonare dappertutto,alcune persone si dirigono verso il capannone mentre noi raggiungiamo la guardiola e la sbarra è aperta. Via verso la libertà. Lui:”sono sempre così le tue giornate” Io:”solo quelle sulle terra,da altre parti piovono pallottole” Lui:”alla faccia di quello che ci dicevano al conservatorio” Io:”cosa dicevano?” Lui:”che qui dentro era un posto pericoloso e che fuori ci saremmo annoiati,erano mesi che non mi divertivo così” Io:”bene adesso torniamo all’astronave” Durante il viaggio mi parlò dei soggetti che c’erano al conservatorio. Era riuscito a fare amicizia con i crips ma si era accorto che erano infidi (bella scoperta) . Avevano rubato una delle maschere da esposizione e la usavano per fumare la marijuana. Una sera ha visto che hanno circondato un ragazzo con problemi mentali e mentre lo tenevano gli hanno fatto fumare 5 grammi di seguito con la maschera e poi si divertivano a vederlo dare i numeri. Durante la notte a turno si collegavano con il suo cervello e gli facevano fare degli incubi spaventosi,con flash e flashback . Aspettavano che si svegliasse e poi lo spaventavano di nuovo per vedere le sue reazioni. E poi mi raccontò altre cose,sugli “ospiti” del conservatorio. Un suo amico,Paul,un crips che veniva sempre tenuto in disparte dagli altri suoi simili,piccolo come gli altri ma sempre solo. Non fumava,non beveva alcolici ,per quasi un mese è stato attaccato a lui come uno zainetto (sfruttando anche le articolazioni in più che ha su gambe e braccia) . Quando andava a dormire sentiva questo esserino agganciato alla sua colonna vertebrale che si sganciava solo per andare in bagno ,essere esposti e mangiare,è questo il modo che hanno i crips per dimostrarti affetto. Durante la notte probabilmente avveniva la “connessione mentale” e Alex viaggiava in mondi fantastici e vedeva tutto colorato,animali strani e posti nel quale l’acqua sale invece di scendere. Vide le cascate di Jamii ,animali preistorici e altro. Paul invece conobbe Detroit , di fatto si divertivano tutti e due. Poi è stato comprato da un negoziante di strumenti musicali,quando è andato via ha lasciato un messaggio che suonava come un arrivederci più che un addio,diceva “solo le montagne non si incontrano mai”. Praticamente aveva imparato di più nei pochi mesi che era stato li che non in anni di vita a casa. E prima o poi lo incontrerà di nuovo ne sono sicuro…
Diario dello spazio: la fantascienza del libro di doc
per una fuga di legno o pellet non si è mai preoccupato nessuno ,le fughe di metano sventrano le case e fanno stragi.
Sulle mie moto NON SI USANO abbigliamento dainese,caschi agv,catene regina,olio castrol, gomme pirelli e freni brembo.
Usate voi questa roba se volete spendere il triplo
|