“
Ok. Vai e divertiti!” La storia comincia così. Marco, manager del
Ducati Store, gentile ed amichevole, mi affida la sua
821 Dark per un bel giro di prova. Sono al centro del centro di
Messina, con il traffico standard di un pomeriggio a
Piazza Cairoli. Una buona dose di preconcetti mi suggerisce di prepararmi a soffrire un po nel traffico, maneggiando la nera Ducati con circospezione, prima di trovare lo spazio per prendere respiro e gustarmi la spinta veemente del desmo e la proverbiale solidità d'assetto, ma anche di dover lavorare di corpo, pagando il conto con qualche dolore alla schiena ed ai polsi.
Al ritorno, subito dopo aver lasciato la “bestia nera” sulla stampella, mi accoglie il sorriso del suo padrone, con una domanda molto retorica: “
Allora, che ne pensi?”.
Beh, lui sa bene cosa ne penso, anche se non mi conosce, non sa se guido da anni moto di vario genere oppure se sono uno scooterista occasionale. Lo sa perchè, pur non conoscendo me, conosce la sua Monster. Una moto che è riuscita, con qualche chilometro di città, autostrada e provinciale, a demolire definitivamente tutti i miei preconcetti sulla naked di
Borgo Panigale.
La
nuova Monster è, in effetti, figlia di un progetto inedito, e pur mantenendo sapientemente lo stile che caratterizza la serie delle naked Ducati fin dalla sua nascita, inserisce tutto quelle piccole e grandi rivoluzioni delle Ducati dell'ultima generazione, senza concessioni o rimpianti.
L'impatto estetico riesce ancora a colpire al cuore, ad emozionare. La grinta e la pulizia delle linee, la forma del serbatoio e la caratteristica sagoma della sella si incastrano alla perfezione con il piccolo faro ovale sormontato dal cruscotto totalmente digitale, ed incastrato nelle poderose forcelle a steli rovesciati da
43 mm. Ancora adesso, quindi, si comprende l'emozione che, come vuole la leggenda, colpì un operaio della Ducati guardando il prototipo della prima serie, disegnata da
Miguel Galluzzi sulla ciclistica e la meccanica della supersportiva
851, e che gli fece esclamare “
monster!”. Un fascino inalterato che, comunque, circonda una moto profondamente diversa da tutte le precedenti generazioni. Il telaio a traliccio c'è e rimane ben in vista nella parte anteriore, ma poi sparisce per lasciare il campo al motore. Come nella
Desmosedici campione del mondo MotoGP, il traliccio funge solo da connessione tra la testata anteriore ed il canotto di sterzo, così come la sella e lo scarico si collegano con la parte posteriore del motore, sicchè il motore diventa principale elemento ciclistico garantendo rigidezza e leggerezza d'insieme. Il
Testastretta 11° è meno “
nudo”, perde le alette delle versioni con raffreddamento ad aria ma anche gli incastri di condotti e cavi dei modelli a liquido, ora ordinatamente raccolti nella struttura dell'airbox, mentre la testata del cilindro posteriore si raccorda perfettamente nella parte finale del caratteristico serbatoio. Un motore ottimizzato per l'uso stradale, con grande attenzione alla gestione della combustione e della “
respirazione”, ed in cui l'elettronica fa un grande passo avanti, rimuovendo le incertezze ai bassi regimi e l'effetto on-off dei primi comandi
ride by wire. Nuovo protagonista della scena è il bellissimo scarico, con l'incrocio dei collettori che va ad abbracciare il carter e finisce in un terminale sdoppiato nero che punta verso l'alto. Un elemento tecnico, inaugurato con la
Diavel, che diventa caratterizzazione stilistica come nella migliore tradizione del design italiano.
Il forcellone posteriore è tradizionale, in luogo del monobraccio della versione 1200, con due bei bracci in alluminio senza saldature a vista, e con la capriata di attacco dell'ammortizzatore
Sachs, montato senza leveraggi in posizione quasi orizzontale, che ingloba il tunnel per la catena di trasmissione. Completano il quadro i leggiadri cerchi a 10 razze, su cui svetta l'impianto frenante
Brembo con pinza radiale monoblocco. Complessivamente, tutte le strutture sono solide e montate in maniera impeccabile, sfatando il mito della “
ottima componentistica in un insieme approssimativo”.
Il quadrante digitale è grande e molto chiaro, con le spie che incorniciano la parte superiore. Nella parte inferiore sono ben visibili i
Riding Mode e, sulla destra, i dettagli delle relative tarature di motore, traction control ed ABS; al centro il tachimetro e nella parte superiore dello schermo si accendono le tacche del contagiri.
Il motore, al minimo, romba sornione con un tono cupo. Le vibrazioni sono presenti ma poco fastidiose, mentre non c'è più il tintinnìo della frizione a secco, croce e delizia dei ducatisti “
integralisti”. Frizione che, come tutti i comandi, è leggera e con un attacco molto progressivo. Il cambio è quasi perfetto. Le marce entrano senza impuntarsi e la leva non richiede nessuno sforzo, anche ai bassi regimi. Sfatato il mito dei “
comandi duri e tipicamente sportivi”.
La prima parte del test, che chiamerei “fuga dalla città”, si è rivelata un piacevole antipasto. Inserita la modalità
URBAN, il desmo diventa un docile agnellino dalla voce tonante. Si scivola via tra le auto snocciolando le marce basse senza sussulti o rifiuti, e fin da subito emerge lo straordinario lavoro di ridefinizione dell'ergonomia. La sella è ampia, comoda e permette di muoversi facilmente, le gambe hanno un'angolazione da sportiva pur senza costringere le ginocchia in un angolo troppo chiuso. Il manubrio è alla giusta altezza e larghezza, e permette la comunicazione con l'anteriore senza caricare i polsi, offrendo anche una buona leva per manovrare a bassa velocità: l'ideale per muoversi nel traffico. Il freno è potente e progressivo, e maneggiato con la giusta accortezza non mette in difficoltà, anzi rassicura per la notevole potenzialità della forza frenante, temperata da un
ABS di ultima generazione, presente ma così discreto da non far percepire minimamente il suo intervento. Insomma, sulla Monster 821 si sta proprio bene. Ricorda la postura delle sport touring più riuscite, ma con un manubrio largo che rende il controllo più immediato. Infatti, non è più necessario assumente la classica posizione “
ingrugnata”, con le braccia tese sul manubrio spiovente, ma diventa più semplice e redditizia la posizione con le braccia angolate parallele al serbatoio. Sfatato, quindi, il ben famoso mito della “
moto scomoda, sgorbutica e spaccapolsi”.
Il tratto di autostrada mi permette di inserire la modalità
TOURING. La semplice operazione si effettua anche in movimento, con il pulsante posto sulla slitta delle frecce, selezionando l'opzione che appare sul cruscotto a gas chiuso (basta tirare la frizione). La Monster cambia carattere. Al salire di giri, il rombo cupo e il rumore d'aspirazione sono una autentica sinfonia, tutt'altro che discreta e maledettamente intrigante. Un suono che può creare dipendenza!
La spinta è vigorosa dai medi ed esplosiva oltre i 4000 giri, e i
112 cavalli si sentono, eccome!
La connessione con il comando del gas è totale, senza on-off, pur mantenendo una rassicurante progressività. La ciclistica è solida e i trasferimenti di carico praticamente assenti, pur assicurando un adeguato filtro alle asperità dell'asfalto ed alle buche, di cui le strade messinesi sono abbondantemente condite. Per contro, l'approccio alla curva è intuitivo, e la moto va proprio dove gli si chiede di andare, senza forzare la spinta sul manubrio con movimenti di corpo. A
130 km/h il contagiri segna
poco più di 5000 giri, e la coppia ben distribuita permette di mantenere facilmente l'andatura codice anche in salita. La posizione semi-sportiva fa si che non si crei “
l'effetto vela” tipico delle naked a guida “
verticale”, permettendo un pieno controllo del manubrio anche nei curvoni autostradali. Ovviamente, bisogna mettere in conto un bel po d'aria sul casco e qualche conseguente scuotimento, ma è una conseguenza irrinunciabile su una naked. Quando arriva il momento di curvare, la 821 scende in piega seguendo lo sguardo, senza “cadere dentro la curva”. L'assetto piatto e le
Pirelli Diablo Rosso II concorrono ad una manovrabilità progressiva ed equilibrata, lasciando margine anche a qualche correzione di traiettoria senza eccessivi patemi. In uscita, la posteriore da 180 sorregge bene senza anticipare eccessivamente l'effetto raddrizzante e lasciando, così, il controllo nel gioco tra manubrio e gas. Sfatato il mito della “
moto durissima da inserire in curva”.
Al ritorno, ho preferito mantenere il Riding Mode su TOURING, che mi è parsa una taratura perfetta per ogni condizione d'uso stradale disimpegnato, sia per la perfetta risposta ai comandi che per la prontezza del motore, che in URBAN è (giustamente) ben diluita. Nel traffico lento del caldo pomeriggio siciliano, tra le soste ai semafori e gli intrecci inestricabili delle auto in doppia fila, è emerso l'unico piccolo disagio, ovvero il
calore ben avvertibile dal motore.
Ah, cosa ho risposto alla domanda “
Allora, che ne pensi?”
Beh, non mi è venuto altro da dire che “
Fantastica. Sono senza parole...”
"Io cerco le curve anche nei rettilinei" Tonino Guerra