La luce del tramonto illumina l'atto finale del
Motomondiale 2014.
Marc Marquez e tutto il suo clan escono dal
Circuito Ricardo Tormo di Valencia cinti di alloro e consapevoli di aver regalato alla storia del motociclismo sportivo una vicenda che va oltre lo sport. Due fratelli, giovanissimi. Un padre appassionato ed intraprendente. Un facoltoso e volenteroso ragazzo di nome
Tito con una gran voglia di superare la soglia del “gentleman rider” e che si affida alle “cure” dei Marquez per diventare campione. Questi protagonisti hanno salutato, con l'inchino dal palcoscenico, tutto il pubblico, che gli ha giustamente tributato l'ovazione.
Marc Marquez ha chiuso in bellezza, con la vittoria numero 13, che va ad aggiornare il libro dei record. Un libro che forse necessita di aprire un apposito "capitolo Marquez”.
La gara si è corsa nella condizione peggiore per fare passerella. Asciutto con rischio pioggia, palesatosi con una breve spruzzata d'acqua a metà gara. Poca, troppo poca per condizionare eccessivamente i piloti, ma abbastanza per far nascere dubbi atroci sotto i caschi e nei box. Marquez, partito tranquillo, ha inserito subito la modalità “campione del mondo” ed ha risalito la china senza grosse difficoltà. Anche l'affondo decisivo a
Iannone e Rossi, che erano partiti alla carica, non ha lasciato molte emozioni.
Rossi ha girato con grande sicurezza, tenendosi a vista, ma lui aveva qualcosa da perdere. Il secondo posto
numero 46 sancisce una stagione importante, per la sua carriera. Forse molti hanno dimenticato, infatti, che giusto lo scorso anno Valentino Rossi usciva da una stagione mediocre con la Yamaha, e pur avendo deciso di continuare a correre in
MotoGP, decise di tagliare i ponti con il passato e di cambiare i suoi principali partner nei box. Un addio, non privo di amarezze, a Burgess e a molti del suo gruppo e l'avvio della scommessa con
Galbusera, insieme ad una dichiarazione inattesa ma importante: “
le prime 6 gare del 2014 saranno cruciali per decidere se smettere in MotoGP”. Sul podio di Valencia, Rossi ha dimostrato a tutti, e principalmente anche a se stesso, che le sue scelte sono state perfette. Valutando le difficoltà di
Lorenzo, ritiratosi per l'azzardata decisione di fermarsi a cambiare le gomme prima di tutti, ma incapace comunque di tenere il passo del compagno italiano, ci si rende conto di come il tecnico arrivato dalla Superbike sia un elemento decisivo nella resurrezione sportiva del campione di Tavullia ed un valore aggiunto per le sue speranze nel suo futuro agonistico. Rossi, per sperare di ingaggiare la lotta contro lo “squalo sorridente”, dovrà per forza trovare una Yamaha più forte della Honda, ed in effetti la
M1, nel finale di stagione, ha dimostrato di arrivare ad essere quantomeno alla pari, se ben messa in assetto. Cosa che, all'inizio della stagione, sembrava fantascienza, così come il risultato finale di Rossi. Ed a ben vedere, anche le buone prestazioni delle
Ducati sembravano una utopia, dopo i cupi anni del dopo
Stoner (ed anche degli ultimi anni dello stesso Stoner, in realtà...). La folle fuga di Andrea Iannone, che aveva probabilmente puntato al jolly della pioggia a metà gara tirando forte con la gomma supersoffice anteriore, dichiara che il lavoro di
Dall'Igna, pur limitato nel mettere ordine su quanto era stato fatto fin ora, è stato ottimo e che, quindi, lascia più che una speranza per la prossima Ducati MotoGP, che sarà tutta nuova e molto diversa dall'attuale. Il terzo posto di
Dani Pedrosa, invece, ha il valore di un brodino freddo con la pasta scotta. Una volta, Valencia era il suo terreno di caccia preferito, ma ormai il suo ruolo di seconda guida comoda è l'unica giustificazione che si può dare alla decisione dell'HRC di tenerlo. La sua gara è stata intelligente, visto che ha puntato a chiudere tenendosi lontano dai guai, però era lecito attendersi un suo lampo d'orgoglio, visto che, avendo già perso il treno del secondo posto, non aveva niente da perdere. Ma c'è, comunque, chi ha fatto peggio. La
Suzuki, ad esempio, che tornava in MotoGP da wild card ma con due anni di prove alle spalle. La
GSX-RR si è rivelata decisamente insufficiente, e Randy De Puniet, probabilmente con poche responsabilità, è stato un testimonial molto meno efficace della bella modella che volteggiava sulla sua stessa moto, alla stessa ora, sulla pedana dello stand Suzuki al padiglione 4 di
Fiera Milano. Sarà un lungo e duro lavoro, da oggi, per
Aleix Espargaro e Vinales. Lo stesso
Maverick Vinales che interrompe la serie di vittorie e la sua breve esperienza in
Moto2 con una caduta. Insomma, poteva finire meglio. La stessa cosa si può dire di
Tito Rabat. Voleva salutare il suo titolo con una vittoria in casa, ma un errore a pochi metri dal traguardo gli fa regalare la vittoria al bravo e grintoso
Thomas Luthi. Finisce male, con una caduta ed un rientro fuori dalla zona punti anche la bella stagione d'esordio di
Franco Morbidelli, che tornando in Europa aveva ritrovato il passo per andare insieme ai migliori. Ma il clou dello spettacolo era la
Moto3.
Alex Marquez doveva gestire 11 punti da Miller per portare a casa il mondiale e risarcire degnamente il gruppo della HRC dell'enorme lavoro per riportare l'ala dorata al trionfo anche nella cilindrata più piccola.
Jack Miller ha lottato come un leone, cercando di fare l'unica cosa che potesse fare, cioè vincere. Marquez, che non difetta certo di grinta, ha incrociato un paio di volte le traiettorie con l'australiano in mezzo al gruppo, ma poi ha giustamente deciso di rimanere a controllare la situazione da dietro, mentre un nugolo di Honda lavoravano (volenti o meno) per lui. Anche a Valencia la Moto3 ha regalato un grande spettacolo di sorpassi e colpi più o meno proibiti, e Miller ha perso con l'onore delle armi, chiudendo primo davanti all'altra
KTM di
Isaac Vinales. Marquez arriva terzo, dopo aver comunque rischiato più volte di trovarsi fuori dal punteggio sufficiente per la vittoria finale, ma alla fine il risultato ha premiato la sua consistenza e la visione lucida della gara, anche nei momenti più concitati. Scendono, quindi, i titoli di coda sull'immagine del trionfo del “
Gruppo Marquez”, e si apre immediatamente la prima scena della prossima stagione, con tutti gli altri al lavoro per cambiarne le sorti. Vedremo.
"Io cerco le curve anche nei rettilinei" Tonino Guerra