Benelli Imperiale 400: 4 è il numero perfetto!
Appena uscito dal lavoro inforco la Bandit e corro da Burnout, il concessionario multimarca che in Ancona vende la Benelli. Arrivo, disbrigo le pratiche, firmo lo scarico di responsabilità e via, in sella alla Imperiale 400.
Questa moto mi piacque infinitamente la prima volta che vidi le foto del prototipo: rossa, con un bel motore, peccato per le borse borchiate alla Village People ma va bè. Poi è arrivata la versione definitiva: nera o grigia, con il motore nero. Praticamente un mortorio. Comunque la voglia di provarla era tanta e finalmente eccola qui.
Di solito, quando posso, cerco di provare le moto quanto più vicino ai miei limiti: insomma non andandoci proprio a passeggio. Però oggi non si poteva, per varie ragioni: intanto stavolta non avevo a disposizione il posto dove farlo, ma solo una strada pubblica, la mia Provinciale del Conero, che oltretutto in questi giorni è congestionata da turisti e proprio ieri e l’altro ieri ha voluto il suo tributo di sangue, con due incidenti che hanno ferito sette persone. Poi ho pensato che sarei stato patetico a cercare di tirare il collo a un 400 scarso da una ventina di cavalli. Meglio concentrarmi sul godermi la moto piuttosto che cercare pateticamente di analizzarla in maniera scientifica, che oltretutto poi manco mi pagano per fare il collaudatore, e quindi ciao.
Insomma partiamo ed apprezzo subito la posizione di guida: inizialmente mi spiazza la seduta, perché penso che avrò tutto il peso sul fondo della schiena. Invece dopo pochi metri la sensazione passa. Ottima la presa al manubrio, che è abbastanza largo e fa una bella leva: le braccia le ho naturalmente flesse, le spalle le ho rilassate, le mani non stringono le manopole e vi si appoggiano con comodità, le leve le raggiungo bene. Comode le pedane, anche se si vede che non è fatta per poggiare l’avampiede. Il piede destro, infatti, cozza con l’interno contro il ferro che i Cinesi hanno messo lì per proteggermelo dal carter. Pazienza, vorrà dire che guiderò con la gamba destra allargata quel poco che basta per non stare a toccare in continuazione questo ferro col piede.
Ben fatto il cruscotto, con due begli strumenti circolari misti analogici-digitali e tutte le informazioni che servono: marcia inserita, benzina residua, contakm, le solite spie di servizio… ci sono anche le quattro frecce! Però non capisco perché cacchio hanno fatto i numeri degli strumenti trasparenti su fondo bianco, praticamente si vedono solo il 6, il 7 e l’8 del fuorigiri. Però quando c’è l’ombra sono retroilluminati in un bel colore azzurro. Comunque conviene imparare a usare le miglia (indicate nero su bianco) per sapere a quanto si sta andando…
Ah, una cosa: chi dice che, in questa moto, il peso inficia nelle manovre da fermo o è un segaiolo da scheda tecnica, o una mezza cartuccia oppure lo ha detto senza provarla. Il peso io non l’ho mai sentito, nelle manovre da fermo assolutamente no, tant’è che mi pareva di spostare una bici stando comodamente seduto in sella (anche se per me è un po’ alta, infatti tocco completamente solo con un piede, e con l’avampiede di entrambi se li metto giù tutti e due), e in velocità… bè, con la moto in movimento mi è parso che il baricentro sia un po’ in alto, che per me non è necessariamente un male.
Ci ho messo un po’ ad abituarmi agli ingressi in curva, di sicuro per colpa delle gomme, queste misteriose Cordial della cui anteriore, a fine giro, ho potuto notare che aveva addirittura perso dei piccoli brandelli di materiale. Poi la moto, una volta in curva, tiene la traiettoria e nello sconnesso non si scompone. Buche, dossi, cunette, irregolarità dell’asfalto: in curva come sul dritto filtra tutto e fa arrivare poco e niente al pilota.
Il motore è un polmoncino che fa un rumore un po’ troppo scooteristico, per i miei gusti. Forget about accelerazioni adrenaliniche perché hai sbagliato moto. Che poi lui, comunque, il suo lo fa: ho percorso strade secondarie senza complessi di inferiorità nei confronti di nessuno, anzi tenendo le medie che di solito tengo con le altre moto. Lo dimostra anche il tempo che ho impiegato a percorrere la strada del Conero, assolutamente in linea con quello usuale. La differenza è che con le altre moto magari posso spingere di più, ma… quando una strada con limite di 70 la stai percorrendo già a 90, ha senso andare a cercare di più? Per me una volta sì, quando non capivo un [beep], ma adesso non più. Mamma mi ha fatto già un pisello importante e quindi non ho bisogno di andarmi a cercare quel tipo di gratificazione, quando esco in moto.
Il cambio: il cambio è proprio da moto d’epoca, non nel funzionamento, che è sicuro e confortevole, ma nelle sensazioni: la frizione stacca al momento giusto, il pedale ha una corsa lunga e gli innesti sono sonori. Un salto indietro nel tempo. I rapporti sono lunghi, praticamente puoi usare la prima per partire, la seconda forget about, la terza per lo stretto e la quarta per qualsiasi altra situazione; la quinta non ho capito a cosa serve, forse per la superstrada, boh. Dove ho guidato io era inutile, non ci potevo passeggiare a 80 perché se no il pistone scalciava.
I freni... i freni frenano bene, soprattutto il posteriore che ha una risposta decisa e immediata. Spugnoso l'anteriore e bisogna tirare bene la leva. Freno motore importante che a me piace molto.
L’erogazione è piuttosto regolare, potenza e coppia sono pochine e se questo non è un gran problema da solo, immagino che in due, in salita e coi bagagli le cose cambiano. E allora penso che si ricorrerà al trucchetto di una volta: si scala una marcia e via.
Terribile, assolutamente terribile, il comportamento nei cambi di direzione: non provate minimamente a usare troppo il corpo per farlo, non provate a buttarla di qua e di là perché se, per esempio, volete fare un sinistra-destra, lei la curva a sinistra la fa bene, poi si raddrizza, poi continua dritta e o togliete il gas o finite nell’altra corsia. Bisogna che queste cose le facciate con un filo, filofilofilofilo, di gas, e comunque sempre con dolcezza e dando alla moto il tempo di capire cosa avete intenzione di fare. Se non vi sta bene cercate altro.
Insomma questa moto la possiamo chiamare in tanti modi, a seconda di quanto siamo snob: classica, vintage, cancello, ravatto, polmone. Sono tutte etichette che volendo le si addicono, ma lei è una moto buona e non ci fa caso. Non è una di quelle moto che si prendono quando si ha bisogno di rassicurazioni, né è fatta per farvi vincere la coppa del nonno sui passi. Però, quando mi sono fermato, mi aveva messo così in pace col mondo che avevo già voglia di rimettere la prima e ripartire, verso dove non importa.
Il pescaTV fluviale!