"Bozo" Antonellini (Pirelli): i segreti delle gomme nel Mondiale MX

"Bozo" Antonellini (Pirelli): i segreti delle gomme nel Mondiale MX
All’anagrafe è Roberto Antonellini ma nel paddock del motocross è conosciuto come Bozo, lo spassoso angelo custode di tantissimi campioni che si affidano a lui per quanto riguarda gli pneumatici delle proprie moto ufficiali | M. Zanzani
10 dicembre 2014

Vederlo a fianco di Tony Cairoli, Jeffrey Herlings, Jeremy Van Horebeek o Clement Desalle mentre discute su quale mescola sia meglio usare è una consuetudine per chi frequenta i box dei GP; difficile invece assuefarsi alla sua ilarità, e alla serie di battute che da bravo bolognese Bozo spara a raffica una dietro l’altra con la massima spontaneità e naturalezza.

 

«Sono arrivato nel motocross come pilota – ricorda il responsabile del racing service Pirelli - ma andavo piano e a 18 anni ho capito che la mia carriera non era quella del professionista per cui pensai bene che forse era meglio proseguire il mio lavoro di meccanico di macchine, in particolare mi piaceva lavorare sui motori. Nel '94 però mi ritrovai senza un’occupazione fissa, anno in cui “Bertino” Castellari fece un team con due piloti e cominciai a fare il meccanico di Fabio Balducci nel Mondiale 125 e nell'Europeo 125 con Cristian Ravaglia continuando il mio ruolo di tecnico sino al 2006 lavorando con Ivan Lazzarini, Andrea Bartolini e Garcia Vico. Gli ultimi sei anni li ho trascorsi nel team Yamaha Rinaldi, passando un periodo in Belgio per fare il campionato nazionale e gli allenamenti con Stefan Everts. E’ stata un’esperienza fantastica perché a differenza di quello che segue la moto da gara il meccanico da allenamento vive continuamente a contatto col pilota. Iniziavamo a lavorare in gennaio e stavo un mese in Spagna con lui, vedendo in diretta l'impegno che ci metteva e l'evoluzione della sua preparazione, dai primi giorni mentre faceva due manche da un quarto d'ora alle ultime settimane quando girava tre ore, e ti rendevi conto di aver fatto un buon lavoro. Poi quando cominciavano le gare io restavo in Belgio e andavo alle gare del campionato belga insieme a lui».

 

Alla fine del 2006 è arrivata la svolta della tua carriera.

«Decisi di smettere di fare il meccanico perché avevo in mente degli altri lavori che poi non sono andati a buon fine, storie degli adesivi e cose così. Dopodiché mi è arrivata la richiesta di andare alle gare come Service Pirelli che ho fatto sino al 2012 come dipendente, e dopo come responsabile dell’assistenza sui campi gara del Mondiale cross».

 

Come è strutturato il lavoro?

«In inverno mi vengono indicati quali sono i team che vengono supportati, e assieme al mio riferimento Pirelli facciamo la stima dei quantitativi e delle produzioni di mousse e gomme che serviranno durante l’anno in base ai piloti e al numero di GP. Grazie alla mia esperienza e conoscendo le piste e le esigenze dei piloti gara, carichiamo poi il camion con quello che può servire anche a seconda se nella trasferta si farà uno o più gran premi. Abbiamo un autoarticolato lungo 16,5 metri dei quali 8 nella parte anteriore che fungono da zona giorno e notte mentre quella posteriore è allestita da officina. Il camion è strutturato per non avere tende, sostituite da un portellone laterale che si apre e fa da tetto, e dispone di una parte in basso che si apre tipo terrazzo e fa da pavimento per appoggiare le macchine smonta gomme. Queste ultime le ho modificate copiando da un veterano che faceva questo lavoro prima di me».

 

Solitamente quando partite?

«Programmiamo la partenza in base alla distanza da percorrere, di solito il mercoledì ma quando capitano gare tipo Finlandia, Svezia o Lettonia anticipiamo di uno o due giorni in base ai traghetti che bisogna prendere. Arriviamo in pista il giovedì pomeriggio, entriamo nel paddock e ci piazziamo nel posto prestabilito. Il lavoro grosso normalmente lo facciamo il venerdì, preparando le ruote per le prove libere del sabato. Poi dipende dalla pista, perché ad esempio quando si va a correre sulle piste sabbiose c'è un consumo minore e quindi si cambiano anche meno coperture».

 

Se prepari la gomma per duro e poi sabato mattina piove?

«Diventa un doppio lavoro perché si cambiano di nuovo le gomme. Ma il più delle volte si tiene conto delle previsioni meteo e ne prepariamo sempre di più, anche perché spesso i team devono fare delle prove con le corone, per cui di media il venerdì prepariamo un paio anteriori e un paio posteriori per ogni pilota. In seguito in base al primo turno di prove libere e al terreno si vede come si evolve la giornata con un occhio sempre al meteo. Sulla sabbia, normalmente il sabato non cambi più niente perché loro preparano già due set di ruote il venerdì e fanno tutto il sabato. Se invece sei su terreni come quello della Repubblica Ceca c'è da lavorare come dei matti, perché ogni volta che entrano in pista consumano drasticamente le gomme, e non solo quella posteriore. Quello di Loket è pazzesco, in un weekend considerati anche i campionati europei si arrivano a cambiare fino a 170, 180 gomme tra tutti i piloti Pirelli presenti».
 

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Il lavoro è più intenso il venerdì o il sabato?

«Dipende dal tracciato. Se consuma molto le gomme si lavora di più il sabato, ma anche la domenica perché terminate le prove libere quelli della MX2 ti portano le ruote e le devi fare tutte in 45 minuti perché poi arrivano subito dopo quelli della MXGP. In certe piste hai due ore di fuoco, a volte cominci a cambiare gomme alle dieci e mezza, e fino a mezzogiorno non alzi la testa dalla macchina».

 

Dopo però il lavoro è finito.

«Diciamo che è un po' meno, perché tra la prima e la seconda manche anche se molti hanno già il cambio ruota pronto qualcuno arriva lo stesso per cambiare le gomme. Quando però parte la seconda manche per noi la giornata è finita. Per fortuna risistemare è piuttosto veloce perché è tutto elettrico: una volta messe via e legate le macchine, con due pulsanti chiudi il camion, tiri su i piedini stabilizzatori e sei pronto per tornare a casa. Se però si va in un'altra pista si dorme lì e si parte il lunedì con calma, diversamente guidi fino a mezzanotte, poi dormi e il pomeriggio arrivi a destinazione».

 

Quali sono i segreti del perfetto montaggio?

«Più che segreti ci sono delle regole da rispettare, ad iniziare dalla misura delle mousse che variano a seconda della durezza della gomma, ma è logico che bisogna anche essere cauti nel montaggio per non creare problemi o danni alle gomme».
 

A volte i piloti indecisi ci mandano a chiamare per dei suggerimenti, per essere tranquillizzati e aiutati a scegliere la combinazione migliore


A chi spetta la scelta della gomma da adottare?

«La facciamo noi insieme al meccanico o al team manager. Raramente un pilota viene a parlare con noi, magari è il meccanico che fa da tramite, anche se a volte i piloti indecisi ci mandano a chiamare per dei suggerimenti, per essere tranquillizzati e aiutati a scegliere la combinazione migliore».

 

Ti sei mai trovato in disaccordo sulla scelta da fare?

«Sì, tantissime volte. Però tu non gli puoi dire: non mi va bene, devi mettere questa. A volte vengono con delle richieste assurde, gli dai il tuo parere ma poi fai quello che vogliono. Poi si rendono conto che hanno sbagliato e te la tornano a far cambiare».

 

E' anche una bella responsabilità, perché se ti danno ascolto e poi magari non si trovano bene?

«Quello indubbiamente, però normalmente il consiglio che gli dai è basato su esperienze già fatte in vent'anni di presenza sui campi, e difficilmente ci si sbaglia».

 

C'è un po' di gelosia tra i team?

«Assolutamente sì! Senza fare nomi, ci sono meccanici che quando portano le ruote se c'è un meccanico il cui pilota fa la stessa categoria non ti dice che gomma vuole montare finché non se ne va quello dell'altro team. Io però lo capisco ancora prima che debba parlare, perché sono tanti anni che conosco queste persone, e quindi non dico niente. Non ti dicono: "mettimi questa", bensì: "lo sai te". Oppure non ti dice niente, lascia lì la ruota e ripassa dopo. D'altra parte loro cercano di tenersi i segreti più che possono, per scoprire le carte all'ultimo momento».
 


La mousse è irrinunciabile nei GP?

«Secondo me sì, per diversi motivi. Innanzi tutto perché non hai più il problema delle forature, ma i piloti che la cominciano ad usare non tornano più indietro perché c'è anche un miglioramento nell'aderenza nonostante rispetto alla camera d'aria abbia una sensibilità più strana, soprattutto sull'anteriore».

 

Ma sulla sabbia non è minore il feeling?

«L'unica cosa per cui non servirebbe in questo caso è per la foratura, ma lavorando sulle diverse consistenze della mousse il rendimento è differente e si affina in base alle richieste del pilota».

 

Cosa è cambiato nelle gomme di oggi rispetto a quelle di alcuni anni fa?

«Sono stati aggiornati i disegni, anche se grazie alle sue ottime prestazioni la colonna portante della gamma Pirelli rimane sempre il MidSoft che ha lo stessa fisionomia già da un po' di tempo, e soprattutto il peso diventato più contenuto mantenendo alta l’affidabilità».
 


Che sviluppo prevedi negli pneumatici da fuoristrada?

«A differenza delle gomme da pista, non credo ci sia l’esigenza di una particolare evoluzione perché siamo già ad un livello piuttosto avanzato. E’ chiaro però che si fa sempre dello sviluppo, alla ricerca del disegno o della mescola particolare per ottimizzare le richieste su certi tipi di terreno particolare».

 

Attualmente quanti tipi di gomme usate?

«Nel Service abbiamo le gamme MidHard, MidSoft, oltre al Mud specifico per il fango e al Soft 410 per la sabbia. Per l’anteriore invece abbiamo anche tipo di gomma che viene usata anche sui terreni duri dell'enduro».

Il 55-70% dei piloti corre con Pirelli

Quali sono i benefici della Pirelli rispetto alla concorrenza?

«Senza dubbio il Racing Service! Già il fatto che la Pirelli sia da vent'anni ininterrottamente sulle piste è un bel vantaggio perché permette ai team di poter contare sull'esperienza che ha portato a vincere nel motocross ben 62 titoli Mondiali. A parte ciò possiamo dire che ogni pneumatico ha i suoi lati positivi o negativi, però credo che in linea di massima facendo una media un po' delle piste, come prodotto siamo meglio. Tant'è vero che quando andiamo a fare le gommature per controllare quanti piloti corrono con Pirelli, siamo in una media tra il 55 e il 70 per cento. Addirittura nei campionati Europei, dove il 90 per cento dei piloti compra le gomme per correre, siamo arrivati all'80 per cento dei piloti che correvano con le nostre gomme».

 

Hai un record di gomme montate in un giorno?

«Nel 2010, a Loket, che è considerata la pecora nera delle piste del Mondiale per quanto riguarda il consumo degli pneumatici, io e il mio assistente nella pausa domenicale tra le prove libere e le gare, abbiamo cambiato per due ore ininterrotte un’ottantina di gomme a testa. Fu una cosa massacrante perché non avevamo più posto per mettere le gomme usate nel camion, e mentre le sostituivamo le buttavamo per terra fuori dal terrazzo sul quale lavoriamo. Fai conto che lavoriamo circa a un metro da terra, e che avevamo fatto due mucchi di gomme, io dalla mia parte e lui dalla sua, che partivano da terra e arrivavano alla mia altezza, e io sono 1 e 75: avevamo quindi due metri e mezzo di gomme ammucchiate».

 

Il pilota più difficile da accontentare che hai incontrato nella tua carriera?

«Quello con le esigenze un po' più strane è stato Ken De Dycker, ma non per via della sua pignoleria bensì per i suoi cento chili di stazza che sommati ai cento della moto rendevano difficile far sì che le cose funzionino. Diciamo che le sue esigenze particolari ti fa lavorare nel modo un po' più strano».

 

Invece quello più alla mano?

«Antonio Cairoli. Difficilmente lamenta delle difficoltà, le soluzioni che gli si propone gli vanno sempre bene e si fida ciecamente sia di noi che del suo team. Sulla sabbia poi è incredibile, basta che la ruota sia tonda e lui va».
 

Cairoli difficilmente si lamenta delle soluzioni che gli proponiamo e si fida ciecamente sia di noi che del suo team


L'episodio più brutto che ti è capitato?

«La cosa più brutta che mi ricordo è Christophe Pourcel al Nazioni in Francia, quando gli uscì uscita la gomma mentre era in bagarre con gli americani. Un episodio che non sarebbe dovuto succedere anche se team manager disse: le gare sono così, ogni tanto il pilota cade, ogni tanto si rompe una moto, ogni tanto succede qualcos'altro».

 

Il momento invece che ti ha dato più soddisfazione?

«Sempre a Loket, con Tommy Searle quando correva con la KTM nella MX2. Aveva un meccanico inglese che venne da noi disperato. I piloti sono soggetti a lamentarsi "Va via il davanti, va via il dietro, eccetera" . Per cercare di andargli incontro nonostante tutti corressero con le MidSoft gli proposi di montare MidHard davanti e dietro nonostante le rimostranze del responsabile Pirelli di allora. Quel giorno Searle vinse la gara, e per me fu una soddisfazione immensa, perché era l'unico che aveva le gomme diverse dagli  altri grazie alla mia indicazione».

 

L'episodio più curioso?

«La Pala e il Mud hanno un senso di rotazione, perché hanno un disegno fatto apposta per il fango e la sabbia, e il primo anno in cui facevo questo lavoro capitava di montarle al contrario. Succedeva il venerdì, perché quando ne monti tante non ti accorgevi di montarne una o due a rovescio. Ogni tanto succedeva a me, ogni tanto al mio collega, e la sera facevamo la classifica di chi aveva fatto più errori».

 

Un consiglio per il pilota privato?

«Direi che la classica camera d'aria per l’amatore è ancora ideale soprattutto per una questione di costi. E poi non tutti sono in grado di cambiarsi da soli una gomma con la mousse perché effettivamente è un lavoro un po’ complicato. Io consiglierei di usare la camera d'aria, magari non quelle che ci sono nelle moto di serie che sono sottili e che anche solo con l'atterraggio di un salto se la pressione è un po' sgonfia o prendi un sasso si possono tagliare. Consiglierei di mettere una camera d'aria più spessa, sui 4 mm, mentre le pressioni a quei livelli di motocross vanno un po' in base alle esigenze del pilota, non ce n'è una particolare da consigliare, ma va tenuta sempre controllata per evitare forature».
 


E nel montaggio a cosa si deve prestare attenzione?

«Bisogna stare attenti a non forare la camera d'aria prima ancora di usarla! E' da lì che nasce il mio lavoro. Quando ho iniziato ad andare in moto la cosa che odiavo più di tutte era cambiare le gomme, e ricordo che chiedevo a Bertino se me lo faceva lui ma lui non ne voleva sapere. Una volta sai cosa fece? Mi cambia la gomma e forai la camera d'aria, allora gli chiesi di cambiarmela ma lui insistette che dovevo farlo io, mi diede un'altra camera d'aria, la montai, e quando sono andato a gonfiarla era ancora forata. Così per cinque volte. La sesta volta gonfio la gomma, e la gomma era a posto, non avevo forato. Vidi che rideva, e mi resi conto che per cinque volte mi aveva dato sempre la camera d'aria forata per farmi impratichire nello smontare e montare la gomma. Ogni tanto ci penso e mi viene ancora da ridere».

 

In conclusione, è meglio fare il meccanico o il gommista?

«Innanzitutto bisogna dire che questo lavoro lo puoi fare se sei ammalato per il Motocross, come sono io e quelli che fanno questo lavoro da vent'anni. Non siamo rimasti in tantissimi nel paddock, però lo puoi fare perché è una cosa di cui non puoi fare a meno. E comunque alla mia età preferisco fare il gommista. Lavorare come meccanico ti da' una scarica di adrenalina, ma ci si fa un mazzo da far paura. Adesso un po' meno perché ce ne sono tanti, però parti, guidi, arrivi alla gara, monti la tenda che piove, tira vento e fa freddo, se poi ti capita una gara col brutto tempo lavori tantissimo, spingi la moto avanti e indietro, lava, rilava, sei in mezzo al fango, a fine della gara devi lavare tutta la moto, caricare il camion, smontare tutta la tenda. Quando noi partiamo dalle piste, loro lavorano ancora tre ore. Per fortuna ora anche i team hanno dei mezzi grandi, quindi hanno sempre una persona in più che aiuta e un autista, in quelli piccoli invece tante volte l'autista è il meccanico, o è quello che monta la tenda. Io non rimpiango niente di quello che ho fatto, mi è servito e sono stato contento di averlo fatto, però non tornerei indietro».

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