Coppins: tu is meigl che uan

Coppins: tu is meigl che uan
Alla vigilia della terza prova degli Internazionali d’Italia che questo fine settimana si corrono sullo storico Ciglione della Malpensa, Joshua Coppins ci racconta le impressioni del suo debutto stagionale in sella alla Aprilia bicilindrica. di M. Zanzani
13 marzo 2010


Josh, innanzi tutto com’è avvenuto il tuo passaggio alla Aprilia?
«La decisione è venuta dopo aver provato la MXV perchè sono rimasto molto sorpreso dalla sua competitività. Mi aspettavo che fosse molto diversa dalla mia Yamaha, ma non lo era, per cui valutando anche le ristrettezze economiche di molti dei team più quotati ho pensato che all’età 32 anni poteva essere una buona occasione per fare una nuova esperienza. In Aprilia ho trovato una squadra motivata e che voleva investire, non tagliare come gli altri, così mi è sembrato un buon passo da fare».

Com’è stata l’impressione dopo il primo test?
«La moto dello scorso anno non mi piaceva esteticamente, ma quando è arrivato il 2010 ho iniziato a lavorarci, a passare più tempo sulla moto, e ha iniziato a piacermi veramente sotto tutti gli aspetti. D’altronde, mi dicevo quando stavo per scegliere, hanno iniziato a lavorare su questo progetto già nel 2005 con l’iniezione mentre una Honda è uscita con lo stesso tipo di alimentazione solo nel 2009, quindi Aprilia aveva pur sempre quattro anni di vantaggio».

Il feeling?
«All’inizio mi aspettavo che la moto fosse pesante, ma non lo era affatto, anzi l’ho trovata piuttosto leggera. Mi aspettavo anche che fosse molto difficile da guidare, ma anche sotto questo punto di vista era un’impressione sbagliata. Fin dall’inizio infatti è stato tutto molto facile, tanto da essermi trovato tra le mani una delle moto più guidabili che abbia mai avuto. Per quanto riguarda l’erogazione a volte è facile guidarla e a volte meno, ma è comunque molto maneggevole. L’ho trovata più potente di quanto mi aspettassi, c’era solo un problema con la distribuzione lungo la curva di potenza, ma poi abbiamo regolato diversamente l’elettronica ed ora la moto mi piace. Così come mi piace il team e l’azienda, e questo è l’importante. Mi sono sempre piaciute le Aprilia da strada, ne ho anche avuto una, e questa è una delle ragioni per cui sono voluto venire in Aprilia».

Come hai sviluppato la moto in questi mesi invernali?
«Abbiamo migliorato la potenza, soprattutto abbinata alla trazione così che possa scorrere meglio, e il bilanciamento tra avantreno e posteriore per renderla più maneggevole. Stiamo inoltre lavorando su alcuni programmi per renderla più corposa ai medi regimi, ma ci vuole il suo tempo perché in Aprilia c’è un modo di lavorare e una mentalità diversa da cui ero abituato in quanto sei direttamente a contatto con la Casa costruttrice. Prima era in squadre ufficiali ma pur sempre team con il supporto della Casa che forniva pezzi per la moto, ma la responsabilità era tutta del team. Ho sempre pensato che lavorare a contatto con la Casa fosse un vantaggio, e lo è. Puoi avere di più, ma occorre più tempo. Quando hai a che fare con un meccanico di motocross, lui usa la sua esperienza che ha fatto in quel settore mentre se sei in contatto con un tecnico che viene dalla fabbrica, spesso non ha un passato nel nostro settore. Per alcune cose quindi è più difficile, per altre è meglio. Sicuramente è una sfida, me la sto godendo e questo è importante».

Hai adattato il tuo stile di guida alla moto?
«No, perché la moto è facile da guidare, anche più della Yamaha che avevo lo scorso anno, per cui il mio stile è lo stesso modo di prima. Non so come sia quella del 2010, ma penso che la mia Aprilia sia meglio della Yamaha 2009. Quando dico così nessuno mi crede, ma sono sincero, e se qualcuno provasse a guidare la mia moto attuale rimarrebbe sorpreso».

Cosa c’è ancora da fare per farla diventare come vuoi tu?
«Stiamo lavorando sulla frizione e sull’erogazione ai medi regimi per migliorare la partenza. Voglio cercare di distribuire la potenza e rendere la moto più scorrevole e affidabile».

Tramite l’elettronica?
«Rispetto alle altre factory abbiamo la possibilità di utilizzarla in modo intensivo, gli altri non hanno le stesse possibilità che abbiamo noi. Ecco perché dobbiamo lavorare di più, e io credo che sia mio compito come pilota, impegnarmi per avere una moto migliore, ma per far questo in Aprilia devono ascoltarmi e sostenermi».

Che differenze sul terreno duro, sabbia o fango?
«In passato Aprilia faticava molto sulla sabbia, ma penso che adesso sia veramente una buona moto che rende meglio nella sabbia profonda e sul duro veloce. Sulle piste medie o molto tecniche è un po’ più impegnativa, ma in piste come Lierop potremo fare delle ottime gare, ne sono sicuro al 100%».

Ora parliamo di te, sono due anni che dici che forse smetti, ma sei ancora qui. E’ perché è difficile smettere?
“E’ a causa del mio stile di vita. La mia situazione famigliare è cambiata, sono diventato padre e la mia compagna che è inglese vive con mia figlia e i suoi genitori in Inghilterra, quindi per ora non ho intenzione di tornare in Nuova Zelanda. Volevo smettere quando ero al top della mia carriera, il mio obiettivo era di vincere il mondiale con Rinaldi nel 2007 o 2008 ma non ce l’ho fatta, da allora la mia vita è cambiata e ho un motivo per restare qui, mi piace ancora correre, mi sento bene e ho tanta voglia di lavorare».

Con quale obiettivo parti quest’anno?
“Visto che la moto è veramente valida, voglio vincere un GP con l’Aprilia».

Il debutto con il terzo posto di Montevarchi è stato positivo.
«Sì, la velocità era ok, anche a Valence la velocità era abbastanza buona. Abbiamo avuto qualche problema alla partenza, ma a Montevarchi sono stato fortunato perché mi sono qualificato bene e sono partito all’interno spuntando nei primi. A Valence invece, ero circa ventesimo ed è stato più difficile. Quindi il debutto è stato buono, abbiamo fatto vedere del potenziale, ma abbiamo bisogno di mostrarlo ogni week end, ogni GP, non solo in qualche gara qui e là. Anche questo è il mio obiettivo, e sto pressando molto su questo aspetto. Perché per me è importante andare a correre pensando di avere sempre una possibilità di vincere, e di conseguenza anche la moto deve essere pronta per vincere. Io mi fido della moto al 100% in pista, ma dobbiamo risolvere anche i problemi come quello della partenza».

Quando tornerai in Nuova Zelanda hai già pensato a cosa fare?
«No, ma per prima cosa mi godrei il fatto di essere a casa. Laggiù ho molte possibilità, ho una fattoria e potrei occuparmene io. Ho qualche opportunità, ma niente di certo, do sicuro vorrei passare del tempo con la mia famiglia e mia figlia».

La tua stagione memorabile?
«Quella del 2002 quando ho corso con Corrado Maddii, non ho vinto il campionato ma sono finito secondo dietro Pichon. Secondo me, quell’anno sono passato da essere un buon pilota ad essere un pilota di alto livello. Se non sbaglio su 12 GP sono salito sul podio 11 volte, ho fatto qualche pole position e giri più veloci in gara. Quell’anno spingevo sempre e andavo davvero forte».

E’ stato un grande passo avanti.
«Sì, un passo notevole. Una gara memorabile è invece stata quella del GP d’Irlanda del 2006 che vinsi battendo Stefan Everts. Quell’anno nessuno è riuscito a metterselo dietro, nemmeno Stewart al Motocross delle Nazioni. Io invece l’ho battuto nonostante avessi perso la prima metà della stagione per un intervento di ricostruzione della spalla, ero tornato in sella da dodici giorni e al primo GP non solo sono salito sul podio ma ho vinto davanti ad Everts, anche quello è stato proprio una stagione indimenticabile».

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