Claudio De Carli: "Tony è un fenomeno!"

Claudio De Carli: "Tony è un fenomeno!"
All’indomani del sesto titolo iridato di Cairoli il team manager romano fa il bilancio di questa fantastica stagione MX1 | M. Zanzani
27 settembre 2012

Punti chiave


Claudio, che dire: ancora un altro titolo.
«Eh sì, siamo arrivati a quota sette compreso quello di Chicco Chiodi. E' merito di tutto il team ma più che altro di questo grande pilota che è Tony, un fuoriclasse che ci ha portato sei titoli, dei quali quattro consecutivi in MX1. Davvero spettacolare, siamo al settimo cielo».


Nonostante la tua esperienza e il tuo fiuto, quando Tony è passato in MX1 pensavi che avrebbe fatto così tanto?
«In Tony ho sempre creduto, già da quando era un bambino e al mondiale aveva fatto solo una gara, ancora più dopo il mondiale del 2004 quando è finito terzo. Certo non mi aspettavo quattro titoli consecutivi, ma sicuramente mi ero accorto da un bel pezzo di avere tra le mani un fuoriclasse. Siamo partiti per vincere già dal primo anno, e tutto il resto è venuto da sé».


Sette titoli sono davvero tanti, ma ci si fa l'abitudine?
«L'abitudine non esiste per noi, si lavora tutto l'anno per fare sempre meglio. Un titolo è sempre un riconoscimento importante, sembra sempre come fosse il primo, ognuno ha un sapore differente e ti fa vivere un momento bellissimo. Per questo non c’è routine».


Questo arrivato a Faenza ha avuto lo stesso sapore degli altri?
«No, perché non ci era mai successo di vincere in Italia, e anche per Tony è stata una cosa speciale. E pensare che se non avessimo perso quelle due manche in Svezia avrebbe potuto vincerle con due gare di anticipo a Lierop dove avevamo già vinto più di una volta. Invece il caso è stato che abbiamo festeggiato in Italia e quindi è stato molto emozionante. Gli stessi meccanici hanno sentito in modo particolare quella gara, anche con molti punti di vantaggio erano molto tesi, perché tutto il pubblico era venuto per noi e per Tony».


A proposito di Uddevalla, la domenica sera del GP di Svezia dopo aver perso la leadership del campionato cosa ti sei detto fra te e te?
«Sai come sono le gare, ti aspetti sempre un imprevisto, e ho pensato che il vantaggio accumulato da Antonio

Claudio De Carli
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era almeno servito da serbatoio di riserva. Però due manche così non mi ricordo che siano mai successe, né a me né a lui. Quando l'ho visto andare in mezzo a quel fango ho capito subito che era impossibile tirare fuori la moto, ma Tony è un grande anche in questo. Già aveva che nella prima manche è stato fermo un giro intero per cercare di togliere quel sasso, non c'era niente da fare ma ci ha provato in tutti i modi. E anche vederlo cercare di estrarre la moto dal fango ti fa capire che è proprio un campione, pensa che hanno fatto fatica in tre persone a portare via la moto. Tutto il team ha comunque preso la situazione con molta tranquillità, eravamo consapevoli di aver perso cinquanta punti ma siamo andati via sereni e non abbiamo cambiato il programma di lavoro, niente di niente. Probabilmente da lì è scattato qualcosa dentro Tony che gli ha fatto tirare fuori quella riserva che ha sempre dentro, ha dichiarato “adesso non ce n'è più per nessuno”, non ha pensato più a niente e ce l'ha fatta mentre Desalle ha un po' sofferto con la rimonta di Tony».


Anche perché la differenza è capace di farla su tutto, non c'è pista in cui non riesca.
«Infatti, anche se quest'anno è stato un mondiale particolare in quanto si è corso spesso sui fondi allentati che gli piacciono in modo particolare. Quest’anno ha anche avuto uno stimolo in più, ovvero il ritorno di Christophe Pourcel che nel 2006 ha vinto il Mondiale MX2 per pochi punti nonostante le maggiori vittorie di manche e di GP di Tony, e gli era rimasto un po' l'amaro in bocca rifacendosi però nel 2007. Antonio con Christophe però si è sempre trovato bene, a loro piace correre insieme perché sono due fuoriclasse. E quando Tony ha saputo che veniva in Europa per disputare tutto il campionato, ha studiato il calendario guardando dove potevano essere i suoi punti deboli, ha lavorato sodo, si è preparato ed è andato forte proprio su quelle piste come a Saint Jean d'Angely, in Inghilterra o a Faenza dove Pourcel aveva vinto due manche. A Fermo si è trovato un po’ in difficoltà, ma è riuscito ugualmente a vincere una manche e a finire terzo nell’altra. Dopo essere stato cinque volte campione del mondo Antonio ha quindi avuto la forza di non sottovalutare Pourcel e gli avversari, anche questo fa capire il campione che c’è dentro di lui».


Stefan Everts trovava le motivazioni per continuare a macinare titoli iridati nei numeri e nelle statistiche, ad esempio arrivare alla 100ª vittoria GP, ecc., Tony invece dove le trova?
«Nella gran passione che ha per questo lavoro, è vero che ce l’hanno tanti altri piloti, ma lui è difficile staccarlo dalla moto più di tanto tempo. Ama anche stare nei box e nell'ambiente, gli piace avere amici alle gare e questo lo rende un atleta sotto tutti i punti di vista. Trova motivazioni su qualsiasi cosa».


Se tu dovessi dare tre definizioni di Tony, cosa diresti?
«Per prima cosa che ha una testa esagerata, l'ha dimostrato tantissime volte con tutti noi anche fuori dalla

Riesce ad avere una determinazione unica quando bisogna fare dei sacrifici, una volontà che va al di fuori di qualsiasi altra cosa

pista. Poi che riesce ad avere una determinazione unica quando bisogna fare dei sacrifici, una volontà che va al di fuori di qualsiasi altra cosa ad iniziare dagli allenamenti. Non ho mai visto altri piloti allenarsi come lui nei momenti decisivi, se sente di aver bisogno di fare più allenamento per raggiungere il 100% lo fa senza stare a pensarci su. Infine che è un ragazzo intelligente e umile, perché nonostante il suo successo non ha cambiato minimamente i suoi rapporti con la gente, con me e con il team. Lo dimostra il fatto che sta con noi da tanti anni, un vero record, quasi da non crederci».


Effettivamente un campione del suo calibro avrà ricevuto proposte allettanti….
«Sì, però è riuscito a essere lucido e ha saputo valutare e capire se un eventuale cambio poteva avere risvolti non solo positivi. Evidentemente ha valutato il lavoro che abbiamo fatto sino ad ora per lui, e ha ritenuto di non farsi prendere dalla voglia di cambiare».


A proposito di allenamenti duri, tu dovresti esserci abituato perché anche Chiodi era uno che in quanto a preparazione fisica non si tirava indietro.
«Sì, però Tony ha un modo differente di affrontare le cose. Chicco era metodico, un po' più costruito, mentre Tony è più naturale e l’allenamento grazie a lui pesa un po' meno per tutti. Arriva in pista, non guarda se il mono non è proprio a posto, se la forcella non è proprio il massimo: sale in moto, sta lì due ore e mezza, fa quello che deve fare e poi sparisce. Però quelle due ore e mezza le fa come vanno fatte. Fa sembrare tutto facile, anche se magari ha fatto due manche da 50 o una manche da un'ora. Che sia freddo o che ci sia il fango non si tira mai indietro, se è da fare si fa e basta».


Attualmente sei alla guida di un team ufficiale, ma non vedo molta differenza da quando avevi il tuo piccolo team privato: anche questo spiega la tua forza?
«E' la forza di una squadra formata quasi vent'anni fa, gestita "a livello famigliare". C'è un rapporto umano con tutti, dai meccanici ai piloti, si lavora a stretto contatto sia in pista che la sera a cena o quando c'è da divertirsi e fare bisboccia, tutti sanno quando è il momento per fare certe cose e quando non lo è. In effetti l'ambiente è quello di una squadra ufficiale ma allo stesso tempo è rimasto quello di un tempo. Anche perché quando siamo passati a KTM Pit Beirer ha voluto che il “pacchetto team” rimanesse quello che era visto che era vincente, quindi era d'accordissimo a non cambiare una virgola di quello che era il lavoro portato avanti fino a quel momento».


Quindi questa compattezza del gruppo ti da' un ulteriore vantaggio.
«Sì, il gruppo è importantissimo perché il motocross è ancora uno sport genuino, ci sono tanti sacrifici da fare, stiamo in mezzo alla terra, in mezzo al fango, se non stai con i piedi per terra e non ti aiuti l'uno con l'altro non arrivi a niente, qui non si fa tanto le signorine».


Tony ha avuto due maestri, prima il papà Benedetto e poi te, è stata una bella cosa visto che per un ragazzino è facile perdersi.
«Tony ha sempre avuto una famiglia che gli è stata vicinissima cominciando dal papà, per non parlare della mamma Paola e delle sue sorelle. Se ci si immedesima un attimo e si pensa ai primi passi di questo ragazzino nato in un paese lontano dal mondo del motocross e del motociclismo in generale, l’emozione è enorme. Il primo pensiero va a Benedetto, che non ha potuto fare il pilota perché suo padre gli aveva messo i paletti (finché ci sono io tu in moto non sali…) e che si è detto “quando mi nascerà un figlio maschio salirà sulla moto al posto mio”. E per mantenere la promessa ha fatto dei sacrifici non indifferenti perché dovevano fare delle trasferte lunghissime per correre in continente, senza assolutamente sapere se poi Tony avrebbe mai avuto successo, se tutti quegli sforzi economici sarebbero stati inutili o avrebbero portato da qualche parte. Non deve essere stata proprio una cosa facile, e Benedetto è stato un grande».


Poi l'ha praticamente messo nelle tue mani, e tu sei stato capace di farlo crescere.
«Gli ho voluto dare una mano perché ero diventato un suo tifoso da quando lo vidi fare una gara di minicross a Mantova. Mi piaceva il modo in cui stava in moto, e quando ho avuto la possibilità di inserire nella mia squadra un giovane, ho scelto lui ed è stata la mia fortuna, anche se devo dire che me la sono anche andata a cercare, non è che me l'ha portata qualcuno su un piatto d'argento. Dopo il terzo mese che si preparava con noi avevo capito che questo ragazzino aveva un talento da far paura».


Come è cambiato Claudio De Carli nel corso degli anni da quando è team manager?
«Ho preso qualche chilo! Scherzi a parte, come sempre mano a mano che si cresce si vedono le cose con un'ottica diversa, più rilassata, e si fanno delle valutazioni più attente».


I tuoi obiettivi?
«Rimanere ai vertici e a questi livelli. E' tanto difficile raggiungerli quanto è facile perderli, per cui il mio scopo è continuare a lavorare sodo e fare sacrifici per mantenere questi livelli».


Tutti gli anni si dice: per Tony questa stagione sarà più difficile perché c'è Paulin, c'è questo e quest'altro, ma alle fine vince sempre lui.
«Allora diciamo che sarà difficile anche il prossimo anno, perché evidentemente questa situazione gli da' la carica! Mi sa che è proprio quello che gli serve, quello che gli accende la fiamma dentro e e che lo rende imbattibile».


Ripensando al GP di Faenza, cosa vi siete detti prima della prima manche?

Il Gran Premio d'Italia è sempre un po' particolare, perché c’è tanta gente, tanta gente che ti conosce, tanti tifosi, e anche per me è difficile concentrarmi

«Il Gran Premio d'Italia è sempre un po' particolare, perché c’è tanta gente, tanta gente che ti conosce, tanti tifosi, e anche per me è difficile concentrarmi. Quindi non abbiamo avuto tanto modo di parlare assieme, soltanto un momento per parlare un attimo e scaricare la tensione. Ci siamo scambiati i soliti commenti sulla partenza, sulla gestione della gara, cose ripetitive ma che sono quello che serve. Sabato invece gli ho detto che poteva far suo il titolo anche senza vincere le due manche, che non era obbligato a vincere la prima manche, e che avrebbe potuto chiudere il campionato anche in Germania. Ma gli avevo letto nel pensiero, e sapevo che voleva vincere subito».


E quando ti sei detto: ce l'abbiamo fatta?
«Che ce l'avevamo fatta l'avevo capito appena è partito. Per Desalle, stando dietro già all'inizio, sarebbe stato difficile riuscire a scavalcare Tony, e dopo pochi giri era già chiaro che a parte qualche imprevisto che non si è verificato il titolo era suo con la prima gara. Anche perché sabato aveva gestito con la massima lucidità nonostante il bel passo di Pourcel che in quella pista è sempre andata fortissimo. Sono convinto che Antonio ha corso pensando alla gara che doveva vincere su Pourcel e non al titolo».


Di solito si chiede al pilota, ma lo voglio chiedere anche a te: a chi dedichi questo titolo?
«A tutti quelli che sono stati capaci di stare vicino a Tony nel tempo, perché per un pilota è importante anche chi ha intorno. Ad iniziare dalla famiglia e alla mamma Paola, deceduta proprio lo stesso giorno dell’anno prima del suo sesto titolo».


Ora ti aspetta una bella vacanza e si torna al lavoro per l’inverno?
«Qualche giorno di ferie l'ho fatto, adesso c'è da già da pensare al prossimo Mondiale perché il prossimo anno parte almeno un mese in anticipo rispetto al solito, e iniziando probabilmente in Thailandia significa spedire le moto con quindici giorni di anticipo per cui per essere pronti bisogna fare un lavoro anticipato non indifferente».


Come vedi il prossimo anno?
«Lo vedo duro, come tutti gli anni quando si inizia. Non si deve trascurare niente, non si deve sottovalutare nessuno, lavorare come si è sempre fatto e a fine anno si tireranno le conclusioni».
 

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