Mentre sul circuito brasiliano realizzato ex novo nella capitale del Mato Grosso del Sud tutto è calmo e pronto per la 13ª sfida della stagione, le notizie che si rincorrono nei paddock visto l'attuale punto morto del mercato sono concentrate sul Motocross delle Nazioni.
Ancora ferma la decisione della Federmoto di non inserire nella nazionale azzurra Cairoli e Philippaerts per i problemi legati ai diritti di gestione della maglia con Yamaha e KTM, dal Belgio è arrivata la conferma della formazione che correrà a Denver scelta da Joel Smets e composta da Clément Desalle (MX1), Steve Ramon (Open) and Jeremy Van Horebeek (MX2).
Ma la notizia curiosa è quella che arriva da oltreoceano, dove il Porto Rico grazie alla possibilità di utilizzare il passaporto statunitense in quanto non ne dispone di uno proprio pare stia allestendo una squadra composta un paio di piloti locali e da Zach Osborne. James Stewart rimarrà invece a casa, e la cosa lo ha altamente seccato in quanto l'AMA, la federazione statunitense, non lo ha minimamente considerato tra tre piloti che rappresenteranno in Colorado la bandiera a stelle e strisce senza attendere il suo risultato di Unadilla Valley come gli era stato detto.
Rientrato in gara dopo l'incidente di inizio stagione, nella nona prova del National il pilota Yamaha ha terminato solo la prima manche, in terza posizione, mentre nell'altra si è ritirato perché ancora a corto di preparazione. La gara ha registrato la doppietta del leader Ryan Dungey, che in entrambe le manche è arrivato davanti a Clement Desalle.
Per il belga della Suzuki Teka si è trattato della seconda apparizione nel campionario di motocross statunitense, dopo quella dello scorso anno di Washougal dove era terminato 3° nella prima manche e caduto in quella successiva. Nello stato di New York invece è stato l'inatteso protagonista, tanto da combattere in entrambe le manche gomito a gomito sia con il neo campione Supercross Dungey che con Stewart oltre che con gli altri bei nomi del cross americano.
L'intervista a Desalle
«Due secondi posti non solo male ma avrei preferito vincere -
ci ha detto Clement nei box di Campo Grande - però mi sono divertito, è stata una bella gara e correre laggiù mi è piaciuto proprio perché la pista era molto bella, preparata bene e con tante traiettorie a disposizione per i sorpassi. L'ambiente non è male ma è molto a simile al nostro, la cosa più diversa è lo schema di gara che si corre tutto in una giornata, visto che mi piace andare in moto non è che lo apprezzi tanto. Anche perché le prove libere durano pochi minuti e così anche quelle cronometrate, per cui non c'è modo di provare nulla sulla moto e devi per forza memorizzare la pista in quei pochi giri che hai a disposizione».
Il fuso orario diverso, la stanchezza del viaggio, la pista per te nuova, la forcella diversa dalla tua perché quella che avevi portato non era compatibile con la moto che ti ha dato la Suzuki America non ti hanno certo favorito, e nonostante ciò sei salito sul podio.
«E' vero, non è stato facile, anche perché molti dettagli non erano a posto, ma ho cercato di fare di quanto meglio era nelle mie possibilità ed è andata bene».
Che obiettivo ti eri proposto?
«Di fare esperienza sulle piste americane, e di correre con piloti diversi dal solito, sopratutto americani. Ovviamente ero andato la per vincere come faccio di solito, non certo per finire secondo o terzo, e infatti quando è finita la manche ero piuttosto incavolato perché non ci ero riuscito. Ma non mi lamento perché è stata lo stesso una bella esperienza, anche positiva perché non sono mai caduto».
Ma questo Dungey è battibile o no?
«Certo che lo è, abbiamo lottato assieme, ci siamo passati e ripassati più di una volta e quindi non penso sia invincibile anche se quella giornata è stato un po' più forte di me. Per lui era più facile perché è abituato a correre in quelle piste e aveva a disposizione la sua solita moto, ma non mi piace dirlo perché non sono certo il tipo che cerca scuse».
Per te deve essere stata una bella sensazione quando lo hai passato, così come quando hai battagliato con Stewart.
«E sì, essere in lotta nelle prime posizioni del National è stato fantastico. Era già quattro giri che eravamo in lotta, poi mentre ero terzo James mi ha passato, lui è scivolato mentre io ho mantenuto la concentrazione anche perché non ho timori reverenziali per nessuno, esono finito secondo. E' stato proprio divertente….»
Se fossi restato anche per la prova successiva, avresti potuto vincere?
«E' difficile dirlo, ci sono così tante cose che possono cambiare da un giorno all'altro che è inutile dire le cose in anticipo. Poi non mi piace neanche fare lo spaccone, per cui quando vado in pista faccio del mio meglio e cerco di vincere».
Il livello generale della MX1 ti è sembrato più o meno competitivo che da noi?
«Difficile stabilirlo, anche negli Stati Uniti ci sono quattro o cinque piloti molto forti, così d'altronde come nella MX2. Ho visto solo la seconda manche ma i primi erano molto veloci».
Sappiamo che già prima di andare a Unadilla avevi voglia di correre tutta la stagione 2011 oltreoceano, ora dopo un risultato del genere non avrai più dubbi.
«Il prossimo anno devo correre con la Suzuki, ho un'opportunità di andare negli Usa ma devo essere alla guida di una RM-Z e quindi non dipende da me. Comunque non è tutto facile come sembra, anche vivere là è più complicato di come appare, vedremo, per ora non posso ancora dire cosa farò».
Fatto sta che, mentre sembra difficile che Roger De Coster trovi un budget per affiancare Desalle a Dungey, giunge voce che
la Honda America sia molto interessata ad averlo in squadra. Con la CRF del team LS lo scorso anno non si era affatto trovato male, vedremo come andrà a finire…