Dove sono gli Americani?

Dove sono gli Americani?
Non è bastato fare il GP a pochi passi dalla sede dei team e dei piloti: i nomi di grido del cross USA hanno disertato Glen Helen: problemi di budget, assicurativi o paura di perdere? | M. Zanzani, Glen Helen
29 maggio 2010


Cosa vogliano di più proprio non si capisce. Neanche il loro sfrenato orgoglio li ha convinti a far parte della partita, a provare a battere gli sprezzanti europei che hanno avuto la sfrontatezza di farse una prova iridata in casa loro. Si è sentito di tutto nel paddock californiano in merito alla loro mancata partecipazione.

Prima che questa gara non era prevista e quindi le Case non avevano più fondi per fare correre i propri piloti, poi che per lo stesso motivo le loro polizze assicurative non li avrebbe protetti da eventuali incidenti, inoltre che essendo ad inizio stagione del National era troppo rischioso mettersi in gioco in una gara che a loro non dice più di tanto. Davvero complimenti.
Si dà il caso che un team privatissimo come quello di Ilario Ricci, tanto per fare un esempio, il budget per venire dall'Italia e addirittura con tre piloti lo abbia trovato nonostante anche lui abbia saputo di questa trasferta neanche due mesi prima della gara. E si dà il caso che gli incidenti non capitino solo in gara, anzi la casistica sembra più colpire quelli in allenamento.

Non vogliamo certo pensare che abbiano disertato la sesta prova iridata per timore di non riuscire a vincere, anche se il fatto che James Stewart la domenica prima della gara abbia girato in pista e poi deciso di lasciare perdere considerato quanto fosse a corto di allenamento lascia un pò col dubbio.
Ma dove è andato a finire l'orgoglio americano? Se fossimo stati nei panni del neo campione supercross Ryan Dungey, saremmo stati col dente avvelenato pur di dare una lezione ai presuntuosi europei e far capire loro chi è il più forte al mondo.

Ma così non è, e le scuse si sono rincorse nel paddock di Glen Helen per tutta la giornata di venerdì, dove faceva bello spicco solo la KTM dell'attuale numero due del National Mike Alessi, la Honda di Ben Townley e pochi altri mezzi di americani.

Scuse che però non danneggiano ne la Youthstream, ne Giuseppe Luongo, ne i media, ma solo l'ambiente e tutto lo sport del motocross. Intanto non sono potuti che rimanere a bocca in bocca nel constatare come lo staff della Youthstream abbia tirato a lucido l'impianto americano, con una cura dei particolari, uno studio per le traiettorie, una attenzione ai dettagli e alle strutture che nel National si sognano. Basti pensare alla pit lane, che nel caso di quella utilizzata nei GP e riprodotta anche in Usa è addirittura a due piani, e che nel campionato nazionale d'oltreoceano è formata semplicemente da una serie di tendine collegate una all'altra.

Una occasione mancata quindi per loro, e si sa, gli assenti hanno sempre torto.

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