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Partiamo dal bilancio dell’attività di quest’anno.
«Le considerazioni vanno fatte in rapporto al mondo che sta andando a due velocità, con i paesi ricchi di una volta, Europa e Stati Uniti, dove ora non si parla che di problemi economici, e gli ex poveri che adesso si chiamano emergenti e che in realtà sono nazioni solide. Con queste premesse posso dire che il bilancio è positivo, perché siamo riusciti a portare avanti completamente il nostro programma con le nostre forze e senza licenziare nessuno e perché abbiamo concretizzato la nostra visione da campionato pressoché “europeo” a internazionale aumentando le gare fuori dal nostro continente. Inoltre abbiamo trovato partner extraeuropei, abbiamo aumentato la qualità del lavoro e la visibilità chiudendo in bellezza con un Motocross delle Nazioni che è stato un successo con la ciliegina sulla torta della diretta da parte della RAI e della famosa televisione statunitense CBS. Con questo non voglio dire che ci siamo messi in tasca un bel po’ di soldi, bensì che il campionato continua a crescere e che, cosa fondamentale, a fine mese siamo riusciti a pagare lo stipendio a tutti, e quando hai uno staff di 140 persone non è poco».
Con le esperienze e gli eventuali errori maturati quest'anno, cosa ci sarebbe da modificare?
«Io dico che chi non lavora non fa errori, e anche noi non siamo da meno ma abbiamo l'intelligenza di non pensare di essere perfetti e di conseguenza ogni errore è una risorsa per crescere e migliorarsi. Di sbagli enormi comunque non penso ce ne siano stati, abbiamo avuto difficoltà solo nel GP del Messico anche per via del fatto che per loro era l’esordio, ma sono convinto che l'anno prossimo sarà uno degli eventi migliori perché tutte le problematiche che abbiamo trovato le abbiamo già risolte. D’altra parte ci sono state delle belle cose come la prova in Russia, che è stata una piacevole sorpresa soprattutto per le migliaia di spettatori intervenuti nonostante la notevole distanza da Mosca, quella del Brasile corsa in un impianto eccezionale, per poi chiudere con un Nazioni davvero fantastico».
Andremo in Paesi nuovi come Thailandia e Qatar, e confermeremo anche le tappe della Russia, Brasile, Messico, probabilmente correremo 18 gran premi oltre al Nazioni
Novità per il 2013?
«Innanzi il calendario, sempre più internazionale. Per dirsi tale un Mondiale deve sempre più aprirsi a nuovi Paesi o a quelli che sino ad ora erano stati ancora trascurati. Lo impone l’attuale economia, ma è an che una esigenza delle Case e degli sponsor che devono farsi vedere non solo in Europa ma sempre di più in tutto il mondo grazie alla ormai capillare diffusione delle immagini. Per questo andremo in Paesi nuovi come Thailandia e Qatar, e confermeremo anche le tappe della Russia, Brasile, Messico, probabilmente correremo 18 gran premi oltre al Nazioni. Poi avremo una diffusione TV completamente ad alta risoluzione, come abbiamo testato per la prima volta a Lommel. Per noi è un sensibile aumento dei costi e un notevole impegno organizzativo perché dobbiamo rifare tutti i programmi di cronometraggio e le impostazioni televisive, ma è un passo importante da fare per offrire un prodotto sempre migliore. Inoltre, nella logica di un Mondiale che sta crescendo lavoreremo ancora sul paddock, sulle piste, sulla sala stampa, per migliorare le condizioni di lavoro e rendere il nostro sport ancora più alettante».
In Italia il GP sarà a Maggiora.
«E' tutto confermato, i lavori sono in corso e i partner sono eccezionali. Pensiamo veramente di fare una cosa fantastica, il sogno è un po' come quello quando siamo andati nel circuito californiano di Glen Helen, con l’obbiettivo di fare il GP in un circuito storico ma rinnovato per ospitare il motocross di oggi. Anche questo per Youthstream è uno sforzo enorme, perché dietro le quinte c’è un lavoro enorme, basti pensare ad esempio che in un circuito dei nostri abbiamo 50 chilometri di cavi elettrici, da quelli della televisione a quelli video per portare il segnale ai team, che sono prima da piazzare e poi da togliere in fretta per trasferirsi alla prova successiva. Una settimana prima del gran premio o tre giorni dopo un circuito di motocross è praticamente vuoto, e insieme all'organizzatore locale noi dobbiamo costruire tutto e smantellare tutto. Spesso chi ci critica non ha neanche la più pallida idea di quanto impegno richieda far funzionare una macchina così complessa».
Un rammarico?
«Proprio il fatto che molti dei nostri detrattori non capiscono o non sanno il lavoro tecnico, di marketing, di coordinazione, che c’è dietro la facciata. Sembra che tutto cada dal cielo, che tutto sia dovuto, spesso si pretende solo e non si va in profondità. Abbiamo gente che lavora anche 18 ore al giorno, sotto la pioggia, nella polvere, nel fango, in delle condizioni difficilissime, e allestire i nostri circuiti per ospitare un GP costa un bel pò di più rispetto agli autodromi dove arrivi, giri la chiave e tutto funziona perché è praticamente tutto pronto. Ci sono le torri per le televisioni fisse e già cablate, metti la telecamera e sei pronto a riprendere, mentre noi per accogliere tutti nelle migliori condizioni dobbiamo fare un lavoro immane anche solo per costruire tutti i trabattelli o la pitlane a due piani. E il giorno dopo devi andare via dopo aver smontato tutto, perché comunque devi essere alla prossima gara almeno due giorni prima di tutti gli altri. Un altro rammarico è il fatto che non si parli abbastanza del campionato europeo, che abbiamo supportato per far si che i giovani arrivino al Mondiale più facilmente. Ora abbiamo un centinaio di piloti che partono, dalla classe 65 sino alla 250, che crescono e che è più facile arrivino al mondiale MX2. E’ una cosa che mi inorgoglisce, come la parata delle 10 categorie di Matterley Basin con 350 moto da cross, dal ragazzino di otto anni fino a Cairoli, che abbiamo organizzato non certo per i soldi visto che il Gran Premio d'Inghilterra ci è costato il doppio di uno normale con un risultato finanziario negativo, bensì perché così facendo abbiamo costruito una cosa nuova che in tre o quattro anni potrà avere un riscontro enorme. A parte quelli che non vogliono vedere le cose come sono, l’importante è comunque il riscontro della maggior parte della gente che ci sostiene, che viene a vedere i gran premi e che ogni week-end abbiamo una festa dello sport. E che noi continuiamo ad avere la stessa passione, senza quella andremmo a fare altre cose».
Obiettivi futuri?
«Concretizzare i progetti che ho già spiegato, ovvero rendere questo sport il più possibile internazionale. Però non solo con la diffusione delle immagini, ma anche a livello di gare e di piloti. Nei Paesi nuovi o emergenti non vogliamo fare solo le gare, ma ci impegniamo per creare un campionato continentale stando sulla linea del campionato europeo così da poter creare in un futuro nuovi piloti. Per questo tra quattro o cinque mesi partirà ufficialmente la Motocross World Academy che abbiamo studiato per aiutare i ragazzini dagli otto ai quattordici anni dotati di talento ma privi dei mezzi finanziari, ma anche per istruire i preparatori che di solito in questi ambiti non hanno esperienza o tradizione così che questa scuola continui tutti i giorni dell'anno. Così se ci sono dei ragazzi promettenti possiamo prenderli sotto la nostra ala e fargli fare questa scuola due o tre volte all'anno anche in Europa. Ad esempio se organizzi un GP in India e una volta terminato vai via fino all’anno successivo, è una bella cosa ma rimane a sé stante, per noi invece lo scopo è sviluppare il motocross così da avere dopo un po’ di anni anche piloti indiani che fanno il Mondiale. Non esistono piloti, organizzatori e fan di serie A e di serie B, per me una persona che si vuole avvicinare al motocross che sia italiano, svizzero, americano, thailandese o cinese, è la stessa cosa, non è che perché il motocross ha una tradizione più vecchia in Europa allora dobbiamo fare le cose migliori nel nostro continente. Noi dobbiamo cercare di portare al motocross tutto il mondo, la vera democrazia è rendere uno sport accessibile a tutti senza distinzione di razza, religione o costumi».
E' completamente finanziata e gestita dalla Youthstream con il supporto di partner tecnici perché i ragazzi non devono pagare un soldo per avere la stessa possibilità di far emergere il loro talento
Come è strutturata questa Motocross Academy?
«I direttori sono gli ex piloti John Van Den Berk e Jan Postema, ed è completamente finanziata e gestita dalla Youthstream con il supporto di partner tecnici perché i ragazzi non devono pagare un soldo per avere la stessa possibilità di far emergere il loro talento. In Thailandia ad esempio c'è già un ragazzino di dieci anni che è eccezionale, ha una guida che ricorda addirittura David Bailey, e questa scuola potrebbe dargli una mano a bruciare le tappe ed essere un giorno al via del Mondiale».
Com’è il rapporto con le Case motociclistiche?
«Più il tempo passa e più le cose vanno nel verso giusto. Con KTM parli direttamente con il proprietario e con i dirigenti per cui è facile lavorare perché hai subito le risposte e la collaborazione è più efficace, mentre con le giapponesi è sempre stato più difficile perché ci sono di mezzo tanti intermediari. Però abbiamo visto che sia Honda che Kawasaki stanno cominciando ad avere una visione più ampia, perché il problema con i giapponesi è che hanno sempre considerato il Mondiale come un evento europeo mentre ora stanno capendo l'importanza di considerare il campionato del mondo come un evento internazionale. Anche perché nei posti dove stiamo andando c'è un mercato o in crescita o dal potenziale eccellente, e questo fa piacere anche alla KTM. Coi costruttori del Sol Levante i rapporti sono sempre un po' più lenti, ma un po’ alla volta i fatti ci danno ragione come conferma il recente accordo che prevede l’istituzione del campionato europeo 150 supportato da Honda che diventerà partner Youthstream anche come sponsor. Questa è un'ottima cosa, perché sappiamo tutti quanto è importante la politica della Honda nelle moto».
Quelli invece con gli Stati Uniti?
«Probabilmente faremo oltreoceano il Nazioni del 2015, è una gara importante e serve per rinsaldare il rapporto coi nostri prestigiosi partner americani come Monster, Fox, Parts Unlimited, a maggior ragione ora con la diffusione della CBS. Il valore dello sport americano è importante e voglio dare un segnale, è giusto che la manifestazione più attesa dell’anno ogni tanto si corra anche negli Stati Uniti. Per quanto riguarda i GP invece per noi e anche per le Case sono più importanti altri Paesi, perché i costruttori hanno già un’ottima promozione con il Supercross. Con questo non voglio dire che non mi piacerebbe tornare negli Stati Uniti, se le cose cambieranno e saremo veramente benvenuti da tutti un giorno potremo ritornare laggiù anche con un gran premio».
Un sogno?
«E' difficile da dire, io ho sempre lavorato con i sogni e molti si stanno già avverando. La cosa importante è non fare voli pindarici ma di stare sempre coi piedi per terra. Un sogno potrebbe essere quello tra qualche anno di arrivare ad organizzare in tutti i più grossi Paesi e continenti, con ad esempio sei gare fuori Europa nei posti giusti e con il seguito di emittenti televisive di importanza pari a quello della CBS, così da avere una copertura globale in termini di gare, partecipanti e media. E avere a correre una squadra indiana piuttosto che thailandese, brasiliana o messicana, che possa competere nei GP o nei primi posti nel Nazioni. E' un sogno a metà, perché penso sia realizzabile, bisogna crederci e lavorare sodo pensando non ai piccoli interessi ma al bene comune».