Il Motocross batte la MotoGP. Il successo di Maggiora raccontato da Alberto Porta

Il Motocross batte la MotoGP. Il successo di Maggiora raccontato da Alberto Porta
Il GP vinto da Cairoli è stato un successo incredibile anche per gli ascolti TV. Ce ne parla Alberto Porta, voce della gara su Italia Uno. E' lui per primo a sperare nel riscatto del Motocross. Ci racconta la sua passione e le sue moto molto speciali
18 giugno 2014

Il Motocross batte la MotoGP. Il successo di Maggiora raccontato da Alberto Porta


Il GP d’Italia di Maggiora vinto da Cairoli è stato un successo incredibile anche per gli ascolti in TV. Un motivo valido per intervistare Alberto Porta, voce della gara su Italia Uno e giornalista sportivo dalla lunga esperienza (segue il MX dagli anni 80).
Con lui in studio c’era Michele Fanton, protagonista del Mondiale di Motocross negli anni 90, mentre inviato in pista è stato il bravo e competente Lorenzo Resta.
Il Motocross si è rivelato un prodotto valido, di sicuro interesse anche per una televisione generalista e giovane come Italia Uno. Lo dimostrano gli ascolti di domenica scorsa, più alti rispetto alle altre domeniche sul canale Mediaset.

Alberto, sicuramente lo spettacolo di Maggiora è stato grandioso. Tanto pubblico, belle gare, la vittoria di Cairoli. Ma vediamo di dare un po' di numeri. Quanti telespettatori ci sono stati su Italia Uno domenica? Com'è andata rispetto alle altre domeniche in termini di share?
«E’ stato davvero un grande successo, perché se facciamo un riferimento alle domeniche normali, estive di Italia Uno, siamo almeno due punti percentuali sopra. La diretta della gara uno della MXGP su Italia Uno alle 14 ha fatto 973.000 telespettatori col 6,06% di share, che sommato allo 0,47% e agli 85.000 telespettatori di Italia Due, fanno 1.058.000 persone col 6% di share».
 
MediasetTeam MXGP 10 I 2014


Su Sportmediaset avete scritto che il Motocross ha superato la MotoGP. Ci puoi dire di quanto?

«Chiaramente va dato il reale valore ai numeri. La MotoGP su Sky alle 14 in diretta ha fatto il 4,8% con 863.000 spettatori, ma va fatta la tara al fatto che la MotoGP era su una rete a pagamento.
Il Motocross su una rete a pagamento non avrebbe certo fatto questi numeri.  Resta il fatto che i dati numerici nudi e crudi danno questo responso: pur con le dovute considerazioni, il Motocross ha battuto la MotoGP e il risultato è stato fantastico. Il merito va a tutto il team di Mediaset, a Michele Fanton, a Lorenzo Resta e alle persone che hanno lavorato a Maggiora».

Il risultato è stato comunque eccellente, la vostra rete ne terrà conto e replicherà l'iniziativa?
«Questa è una domanda difficile, i responsabili e il direttore di rete stanno riflettendo su questi risultati.
Ora stiamo andando verso la stagione estiva che è povera di risultati normalmente, perché c’è poca offerta e la gente la domenica tende a stare all’aria aperta, al mare o in montagna. Il successo del Motocross fa riflettere, il risultato è chiaro. Spero che il Motocross venga promosso su Italia Uno, compatibilmente con il nostro palinsesto che su Italia Uno prevede già la Superbike e quando c’è questa sovrapposizione il Motocross va come sempre su Italia Due. È tutto da vedere comunque».

Mediaset4


Come mai avete deciso di dare su Italia Uno il GP? Eravate certi del successo dovuto alla location oppure è stato un semplice esperimento?

«Era tutto pianificato. Durante il GP di Arco di Trento la nostra unità mobile era già impegnata con la Superbike. Sapevamo dall’inizio che Maggiora sarebbe arrivata in un weekend libero dalla SBK e avevamo pianificato di esserci con la nostra struttura e la nostra regia per trasmettere tutto su Italia Uno».

Alberto Porta con Alex Puzar
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Abbiamo un sette volte campione del mondo e diverse aziende coinvolte (team, sponsor, promoter). Perché il Motocross fa così fatica a entrare nei palinsesti televisivi?
Una ventina di anni fa, da Rinaldi sino ai tempi di Puzar, era più facile assistere ai gp in televisione, sui canali nazionali. Oggi no, perché?

«Ci sono varie ragioni. Da una parte la colpa è dello stesso Motocross che è un mondo chiuso, che non ha mai voluto varcare certi confini. Dall’altra parte c’è stata la moltiplicazione dell’offerta televisiva con la colpa delle televisioni che non hanno mai saputo apprezzare e valorizzare giustamente il reale potenziale del Motocross. Ti ricordo poi che negli anni d’oro nel Motocross, come nel Motomondiale, c’erano i ricchi sponsor tabaccai che investivano tantissimo nella comunicazione e questo portava ad avere una platea molto importante. Ora, con la crisi, il Motocross è tornato a essere uno sport “povero”.  E' un vero peccato, perché abbiamo il fenomeno Cairoli che andrebbe cavalcato alla grande, ma per la stampa è più facile parlare di Balotelli e di gossip che di Cairoli che vince».

Perché non approfittate del successo di domenica per rilanciare in televisione il Motocross?

«Ho sempre insistito coi miei diretti superiori sul fatto che il Motocross è un prodotto bellissimo, che potremmo sfruttare egregiamente per dare un grande spettacolo al nostro pubblico».

In SBK sei l'inviato dai box, nel cross sei invece la prima voce della telecronaca. E, lasciamelo dire da appassionato di Motocross, te la cavi alla grande. Metti competenza, ritmo e tanta passione autentica. Si vede che ami il motocross. Mi sbaglio?

«Ho la passione del Motocross fin da quando ero ragazzino. Poi professionalmente sono proprio nato col Motocross. Ho cominciato a seguirlo nel 1986 quando sono arrivato a Grand Prix e nel 1987 già seguivo le gare di Motocross e di Supercross americano, la passione c’è sempre stata e l’attenzione per il Motocross c’era anche quando ero impegnato col Motomondiale. Non l’ho mai praticato a livello agonistico, a differenza dell’Enduro, ma sui campi da cross ci sono stato parecchie volte».

L'Aprilia RX 125 ufficiale del 1995 usata da Bayle
L'Aprilia RX 125 ufficiale del 1995 usata da Bayle


Parliamo ancora di te e sveliamo un aneddoto. A casa hai una moto molto speciale, appartenuta addirittura a Jean Michel Bayle. Raccontaci la sua storia.

«Ho l’Aprilia RX 125 ufficiale usata da Jean Michel Bayle al Motorshow di Bologna del 1995 nella gara Superbikers. Bayle andava così più forte degli altri che si divertiva a divagare tra la pista da Supercross e quella da Superbikers, facendo evoluzioni incredibili. È un vero gioiello, che non uso e tengo di ricordo nel mio garage. Quest’anno sono tornato a seguire dal vivo il Motocross e mi è tornata la scimmia per il tassello, quindi me la tengo stretta (Alberto aveva considerato di venderla lo scorso anno. Nda)».

Hai altre moto? Le usi abitualmente?
«Sì, ho anche due Honda Africa Twin che utilizzo su strada (una RD03 e una RD07a. Nda) e una Yamaha WR250F per le uscite di Enduro».

In fuoristrada chi se la cava meglio a Sportmediaset?
«Guido (Meda. Nda) è più un pistaiolo, le sue uscite con la moto da enduro sono sporadiche. Direi che posso ritenermi l’unico praticante di Enduro nella redazione sportiva, ma anche Guido è molto appassionato».

Torniamo a parlare di Maggiora con una domanda molto seria. Giustamente, durante la cronaca, hai posto il problema della sicurezza, commentando Van Horebeek che guidava a schiena nuda. Gli infortuni gravi sono all'ordine del giorno, eppure non accade nulla. Cosa si può fare?
«Lo stesso Giuseppe Luongo, che è l’Ecclestone del Motocross, ha sollevato il problema perché ci sono stati troppi, gravi infortuni sia durante l’inverno che durante la stagione, in gara e in allenamento.
Bisogna creare un protocollo sulla sicurezza con le aziende che producono protezioni e obbligare i piloti a indossarle. Non possiamo mostrare immagini così diseducative di piloti del Mondiale, che guidano senza protezioni, ai ragazzi che guardano la televisione. Tutti i piloti devono indossare la fascia lombare e tutto il resto per regolamento. Prendiamo esempio dalla Formula Uno, che ha raggiunto standard di sicurezza incredibili con il collare HANS. Senza protezioni non entri in pista, è semplice».

Bravo Alberto
. Nella tua telecronaca abbiamo trovato non solo competenza, ma anche passione e attenzione ad aspetti fondamentali come la sicurezza dei piloti. Un esempio per tutti.

Foto: Massimo Zanzani e archivio Alberto Porta

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