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Così come hanno aperto i battenti della stagione fuoristrada, gli Internazionali d’Italia hanno chiuso il sipario nell’arco di tre settimane con altrettante prove snocciolate una dietro l’altra. Il campionato di motocross più importante che si svolge nella nostra penisola (dopo ovviamente i gran premi, quest’anno ben tre: Arco, Maggiora e Imola), sono stati al centro dell’attenzione degli appassionati che si sono gustati le prime schermaglie del 2020.
Gli appuntamenti di Riola Sardo, Ottobiano e Mantova hanno di nuovo rivestito un ruolo propedeutico in ottica del Mondiale, risvegliando l'interesse dei tifosi, ma ciò nonostante il campionato ha accusato un certa assuefazione, che per la verità ci pare durare da po'. Per questo motivo riteniamo che sia arrivato il momento di fare un po' di cambiamenti, per mantenerne vivo l’interesse e per dare ulteriore slancio al settore. Dopo aver parlato nel paddock con piloti, team manager, meccanici e addetti del settore, abbiamo ricapitolato gli aspetti migliorabili per effettuare un salto di qualità.
Nell’era della comunicazione e del marketing, il nome “Internazionali d’Italia” non ha ragione di esistere. Il campionato si rivolge infatti, e soprattutto, ai piloti stranieri, e di conseguenza anche ai media continentali ed extra europei. Una denominazione in italiano, e per di più così articolata e complessa da scrivere per gli stranieri, ha poco appeal. Si deve quindi trovare un nome più corto, facilmente comprensibile, e in inglese, così da far immediatamente percepire lo spirito internazionale del torneo.
A cosa serve la manche Supercampione, e soprattutto, che senso ha far gareggiare le 250 con le 450 assieme? La si era già sperimentata negli anni ’90 e fu abbandonata perché non piaceva a nessuno, ora si continua a riproporre questa classe che dopo qualche giro rende tutto caotico, per i piloti che si debbono districare con potenze diverse e per il pubblico che perde il controllo della classifica già dopo pochi minuti di gara, più o meno come avviene al Motocross delle Nazioni. Meglio due classiche manche per categoria, che una sola striminzita per classe e l’accozzaglia finale che non è per nulla appagante.
I piloti partecipano agli Internazionali d’Italia per verificare la loro preparazione fisica, la competitività degli avversari, e per mettere a punto la moto in previsione dell’impegno iridato. Meglio quindi dar loro modo di avere il tempo sufficiente di girare in pista per curare al meglio il setting, riprendendo il piano di gara utilizzato in passato che partiva al sabato con prove e qualifica. In questo modo si elimina anche la noia della giornata “morta” di sabato, quando tutti i team e i piloti sono ad ogni modo già nel paddock, lasciando così più spazio per offrire un orario più efficiente per la domenica, che attualmente è estremamente compressa, dovendo concentrare tutto i un giorno. Gli eventi della vigilia servirebbero anche a richiamare un po' di pubblico, e permetterebbero di dare più enfasi alla comunicazione dell’evento facendone parlare già dal giorno prima.
1.260 punti per Pietro Razzini, 1.120 quelli di Andrea Roncoli: è la graduatoria accumulata dai primi due classificati al termine delle sei manche della classe 125, grazie al punteggio che ne affibbia 250 al vincitore di manche, 210 al secondo classificato, 170 al terzo, e così via. Nelle MX2, MX1 e Supercampione (quest’ultima prevede anche uno scarto sui tre risultati) a chi taglia per primo il traguardo ne vengono assegnati 120 per poi passare a 100, 80, ecc. Insomma, una gran confusione. Perché non seguire il tradizionale punteggio dei GP, come d’altronde è in altri campionati nazionali europei?
Coi suoi 110.000 euro in palio, il montepremi è certamente accattivante. Peccato che sia destinato solo ai primi 10 della classifica finale della Supercampione (dei quali ben 100.000 euro vanno ai primi 5 classificati), e non per classe, come sarebbe più giusto. In questo modo, infatti, non solo non spetta nulla ai giovani delle 125, quando proprio per loro sarebbe un buon aiuto, oltre che un piccolo incentivo psicologico, ma è praticamente così anche per tutti o quasi i piloti della 250, visto che sono ben poche le speranze di emergere nella combinata che li mette in concorrenza con le 450: non a caso, quest’anno solo Maxime Renaux ci è riuscito, assicurandosi i 3.000 euro del 7° posto; a Tim Gajser sono invece andati i 45.000 destinati al vincitore assoluto.
Troppo spesso si finisce per andare sui medesimi tracciati, oltretutto quasi sempre su sabbia. Capiamo che la scelta del fondo può essere dovuta al fatto di poter correre su di un fondo percorribile in qualsiasi condizione metereologica, anche se ultimamente gli inverni non sono più rigidi e piovosi come una volta: ma almeno un impianto dal terreno più compatto sarebbe utile per verificare il setting della moto anche in tali condizioni. Un'alternanza dei tracciati servirebbe inoltre per rendere più capillare la diffusione del motocross e offrire ai Motoclub un incentivo in più per investire nei propri impianti, visto che gli Internazionali d’Italia sono rimasti una delle poche occasioni per fare un po' di incasso. I circuiti troppo lontani sarebbero poi da evitare, per non costringere i team privati ad affrontare spese eccessive.
Il sabato iniziano tardi, alle 15, e chiudono alle 19,30 per poi riprendere il giorno dopo dalle 7,30 alle 8. Visto che molti team sono già nel paddock dal venerdì, dovrebbero iniziare al massimo in tarda mattinata al sabato per terminare entro sera, eliminando l’ulteriore sessione della domenica mattina: cosa che costringe a programmare i gruppi solo poco prima del via della prima sessione della 125.
Capiamo che le spese, tra organizzazione, commissari, servizi medici, montepremi, ecc. siano tante, ma bisognerebbe cercare di contenere il costo dei biglietti di ingresso, che è di 40 euro a persona che si vanno a sommare ai 10 euro per entrare nel paddock e ai 5 per il parcheggio. In tal modo si potrebbe allargare la fascia degli spettatori, magari proponendo pacchetti interessanti che nel caso di gare anche al sabato includano il weekend completo.
Rimane infine da risolvere il problema della mancanza di continuità della partecipazione di team e piloti. Ad esempio, il team Yamaha ufficiale MX2 (che si era piazzato al 1° e 2° posto della MX2 rispettivamente con Jago Geerts e Ben Watson) ha corso solo in Sardegna e non nelle prove successive; così come la KTM Red Bull 250, che era a Mantova con Tom Vialle e René Hofer ma, invece che a Mantova ha schierato i propri piloti al cancello della concomitante gara internazionale di Hawkstone Park. E’ importante capirne i motivi, e come incentivare la presenza lungo tutto il campionato.