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Riscoprirsi, ritrovarsi e rinascere. Max Giusti chiude gli occhi e salta, come trentatré anni fa, come quando era un ragazzino di diciassette anni e vola sull’iconico circuito di Maggiora per il Campionato Europeo Motocross d’Epoca.
Una passione, quella per il motocross che tocca le corde più profonde della sua anima, quelle che, appunto, saltano fuori quando il rombo della sua KTM 250 del 1985 lo chiama.
L’entusiasmo del conduttore televisivo, comico e attore romano, trasuda gioia pura nel raccontare la sua esperienza, la sua voce ci riempie il cuore di un’allegria a tratti emozionante. Max Giusti continua a insegnarci che tutto è possibile, che se vuoi tornare bambino lo puoi fare, basta volerlo. Ci fa capire come davvero una passione può incontrare ostacoli o prendere vie traverse, ma alla fine torna per chiudere un cerchio, per finire il giro.
Facciamo un bilancio della due giorni, come è andata?
È andata bene ma poteva andare pure meglio, batteria di centro classifica, per prepararmi mi sono allenato sulla moto moderna poi per un infortunio alle costole mi sono dovuto fermare per un po’. Con quella d’epoca ho fatto soltanto una prova il sabato precedente ed il giovedì prima della gara.
Soffrivi la tensione prima del via?
Al cancelletto ero emozionato e soprattutto molto concentrato, la sensazione più strana è stata la mattina della prima gara, avevo il mal di pancia fisiologico, l’ansietta. Mi ha salvato la teoria del mare. La prima volta che ho comprato la barca, dopo aver fatto l’esame della patente, non uscivo mai perché i pescatori mi dicevano che c’era mare mosso. Un giorno uscii lo stesso capendo che dipende un po’ da cosa ti senti di fare. Lì ho visto il salto in discesa e il ferro di cavallo ripido come una nera da sci, però siccome sono diventato più grande ho imparato a gestire ogni situazione.
Come è andata la gara?
Sono arrivato tredicesimo su venticinque, un buon centro classifica se pensi che c’erano anche piloti veri che fanno anche due, tre campionati l’anno. Partito con un passo discreto poi calato negli ultimi tre giri. Sono sincero finita la batteria con i ragazzi del team, quando ho visto la classifica mi sono reso conto di aver tenuto la manetta chiusa al 15%, sai, giro il più velocemente possibile ma nei limiti, ho dei figli, un lavoro, ho corso nella massima sicurezza. Questo però lo posso dire, il tredicesimo posto mi ha fatto capire che non stavo lì perché sono quello della televisione, ma perché qualcosa so fare.
Hai notato delle differenze soprattutto tra le moto di oggi e quelle in gara?
La storia bella è che c’è una foto con quel KTM 250 a giugno del 1986, a Sant’Eusanio del Sangro in notturna intorno alle 23 di notte feci un incidente all’ultima gara. Con la stessa moto sono tornato a Maggiore, al tempio del motocross, come se si fosse chiuso un cerchio. Considera che però quella la uso pochissimo, è stata restaurata dopo averla comprata completamente distrutta a mille euro. Adesso ho un KTM350 del 2020, la cosa che mi ha stupito di più è stata che quelle d’epoca sono molto più leggere, l’effetto volano non c’è per niente, con un 350 4t potresti fare terza e quarta tutta la pista, con quelle hai molte più cambiate. Ma ti dirò, secondo me un bravo pilota non nota le differenza, girerà con quattro secondi di differenza.
L’hai fatta tu la messa a punto?
No, la scuderia Milani me l’ha fatta, quando sono entrato il primo giorno era troppo grassa, seconda-terza non era brillante. Abbiamo cambiato lo spillo e fatto un lavoro certosino. L’hanno curata Paolo Milani e Marco Verticchio, un master che mi aiuta, sono stati fondamentali. Appena uscito poi mi scappava dietro, è bastato controllare la pressione della gomma e abbiamo visto che era troppo gonfia.
Come hai vissuto i primi momenti in moto dopo tanto tempo?
Vedi, io per più di trent’anni sono andato solo con lo scooter e faticavo ad andare in piedi, se stai seduto è la moto che porta te, la differenza è stata cambiare mentalità, dopo un po’ impari. Quando ero in piedi sentivo che andava. Se tu vai a vedere il primo mi ha dato 15 secondi a giro, un’altra scuola. I primi dieci/quindici fanno gare tutto l’anno vengono dagli Assoluti, Prestige, alcuni sono giovanissimi tre campionati a stagione. Qualcuno faceva addirittura il triplo. Ecco perché sono soddisfatto.
Come è l’ambiente del cross d’epoca?
Devo dirti che è stato molto bello, ecco l’unico favore che mi hanno fatto è stato il posto ai box sotto la tribuna. Meraviglioso. Passavano veramente tutti e mi sono stancato a salutare tutti e fare foto, ma è stato bellissimo perché mi sono davvero sentito un ex campione del mondo. Mi ha fatto piacerissimo perché è veramente una festa del motocross, gente che viene dalla Calabria, dalla Sicilia. Un’emozione enorme, era come il paradiso considera che c’era Maurizio Dolce, Franco Picco, Michele Fanton, tutta la storia di me bambino, i miei idoli.
Hai detto che c’erano giovanissimi, sta tornando la passione per il Motocross?
Assolutamente, forse anche grazie a Tony. Mi ricordo che quando si faceva la Coppa 1000 Dollari, la gara finale faceva sessantamila spettatori come l’Olimpico, ed era solo un trofeo. Mi sono reso conto che a distanza di trentacinque anni l’ambiente rimane una famiglia, ho ritrovato i miei idoli e moltissime persone che correvano con me. Viva il Motocross.
Come concili il tuo lavoro con le gare? Alla fine se cadi rischi davvero di farti male…
Come ti ho detto prima, vado in sicurezza perché penso al mio lavoro, alla mia famiglia. A volte ci sono stati momenti difficili dove avevo dei contratti con una penale da 100 mila euro, ma comunque andavo lo stesso. E considera che anche adesso un po’ di segni ce li ho. Nel Motocross le cadute nel 99.9% dei casi non sono importanti, ma quelle che fai ti pregiudicano la tua qualità di vita. Un braccio rotto, malleolo, metacarpo, radio mi son rotto quattro volte in tre anni. I miei diciassette anni li ho fatti in ospedale e praticamente quando sono molto molto impegnato cerco di non andare. Posso fare una volta il giro della vita, però sono esperto e sono sincero, non lo faccio per vincere, mi accontento di vivere l’atmosfera. Anche nella seconda partenza sono stato molto accorto, quando sono partito tranquillo ho rimontato quattro persone a giro, ammazza se è stato bello. Ecco, l’enduro è bellissimo, è tutto bellissimo, ma l’adrenalina e la gioia che ti dà un sorpasso non te la dà nessuno. Ho un amico che non ha mai smesso di corre e visto che non amo rischiare ogni tanto facciamo una batteria, se giro da solo mi siedo, se sono con lui provo a recuperargli qualche secondo.
E adesso, si va avanti?
Per anni la notte sognavo di ritrovare la mia moto, è stato un cerchio che si è chiuso ed è stato bellissimo. Per un attimo ho anche pensato di smettere, avevo toccato la cima. Ma poi ho pensato, ma divertiamoci ancora un po’ e infatti, il 2 maggio c’è la prossima prova a fermo. Viva il Motocross, una grande famiglia senza tempo che ti fa sentire vivo e pieno di adrenalina.