Motocross delle Nazioni: che successo!

Motocross delle Nazioni: che successo!
Una qualche considerazione sulla gara a squadre che ha chiuso la stagione iridata 2013 | Massimo Zanzani
1 ottobre 2013

Punti chiave


Nelle dichiarazioni di fine gara del Team Usa il termine più usato è stato “gnarly”
: duro, sconnesso, gibboso. Definitelo come volete, ma il circuito di Teutschenthal che ha ospitato la 67ª edizione del Motocross delle Nazioni era uguale per tutti, ed è inutile attaccarsi a fragili scusanti. Anche perché l’anno scorso era già stata la sabbia di Lommel “a non essere uguale a niente a quello che c’è negli Stati Uniti”, e quindi seguendo la logica per far si che possano riprendersi la Coppa Chamberlain con sicurezza o bisogna chiedere al signor Giuseppe Luongo di organizzare le prossime edizioni direttamente a Misano Adriatico dove c’è bello già pronto un tracciato liscio e veloce, o che faccia tutte i restanti MXoN direttamente sulle piste statunitensi a cui sono tanto abituati.


La sconfitta, perché oltreoceano come ha giustamente sottolineato un lettore di Moto.it il secondo posto è considerato la prima posizione di chi ha perso, capiamo sia dura da digerire, ma la realtà dei fatti è che il Belgio si è strameritato la vittoria. Punto. I se non servono a nulla, tutti hanno la stessa opportunità e se si sbaglia o si va più piano la si paga, come è giusto che sia. In fin troppe occasioni gli yankee sono stati viziati dal poter costruire una squadra potendo scegliere tra una decina di piloti da podio quando le piccole nazioni europee hanno sempre dovuto fare i miracoli a mettere assieme formazioni decenti, il più delle volte scricchiolanti da importanti defezioni di fine stagione come ad esempio quella di quest’anno dell’Olanda orfana di Jeffrey Herlings. E’ vero, a loro è mancato Villopoto, ma nell’Albo d’Oro gli assenti hanno sempre torto e lo sport è fatto così.


Sono venuti, c’è chi ha sbagliato come Tomac con la sua spettacolare caduta alla Superman quando ha eccessivamente ritardato la staccata prima del panettone nel tentativo di scavalcare quel diavolo di Roczen, c’è chi come Dungey che è rimasto l’ombra di se stesso congelato dalla pressione di doversi togliere di torno un certo Tonino 222 Cairoli che già lo scorso anno gli aveva fatto le scarpe. Una sconfitta però ci può stare, e anche in questa occasione ci è stata bene giusto per ribadire una volta in più che loro hanno alcuni elementi fortissimi, i migliori del mondo ma non gli unici come sottolineano non solo le classifiche degli ultimi due Nazioni ma persino quelle dei campionati statunitensi dove non a caso tra i vincitori ci sono anche piloti europei che hanno fatto prima la gavetta nei GP.


Quello che non sta bene è stato il comportamento dei piloti Usa a fine gara, solitamente maestri nella loro professionalità, che sul podio non solo non si sono tolti il cappello mentre suonava l’inno nazionale belga, ma al momento di stappare le bottiglie di spumante addirittura se ne sono andati lasciando tutto con un palmo di naso. Un gesto deludente, che si può spiegare solo con l’amarezza e la rabbia che avevano dentro i tre piloti a stelle e strisce ma che per questo non si può giustificare.


Peccato, sarebbe stato più bello e onorevole aver accettato la sconfitta ed aver festeggiato per questo giorno di grande sport che ha raccolto decine di migliaia di spettatori prevenienti dai Paesi più lontani. Un vero successo, anche nel vedere tutta questa gente così cosmopolita e variopinta accomunata da una sana passione che andava oltre all’unica passione per la propria Nazione. Tifosi si, esuberanti e esaltanti ma non accecati dall’ottusità come avviene in altri sport ben più famosi e considerati del motocross.


A proposito di Herlings, a Teutschenthal l’ufficiale KTM si è mangiato le mani nel non aver potuto correre per il problema alla spalla acuitosi dalla sua partecipazione al GP di Lierop. Una leggerezza che ha riconosciuto di aver fatto senza tenuto conto dei consigli di Stefan Everts, e che ha pagato caro considerato quanto avrebbe voluto recitare il ruolo di terzo incomodo nell’esaltante battaglia tra Tomac e Roczen della seconda manche.

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Sempre in Germania si sono viste le nuove 300 KTM, Husqvarna e TM che correranno nella nuova classe del prossimo campionato Europeo, e sempre per quel che riguarda il 2014 sono stati presentati sia il logo ufficiale di quella che prenderà il posto dell’attuale MX1 e che prenderà la denominazione di MXGP oltre ad essere stato annunciato il nuovo calendario comprendente l’Ucraina, due tappe in Brasile ed il ritorno in Messico oltre ad aver confermato il circuito di Maggiora per il GP d’Italia.


Al Nazioni Tony ha messo da parte la 450 con cui ha corso occasionalmente nell’ultimo GP d’Olanda e ha ripreso la sua amata 350 che trova più facile e maneggevole, oltre che potente a sufficienza per stare davanti a tutti. Lo strano è che se è così per lui non lo sia per gli altri, ad iniziare dalle Case giapponesi ancorate ad una cilindrata ormai diventata anacronistica non solo per gli amatori ma anche persino per i professionisti del Mondiale che riescono a sfruttarne solo in parte la ridondante personalità.


Dei 41 Paesi iscritti è mancata solo la Mongolia, ed è stato record a dimostrazione di come un po’ alla volta la comunicazione globale Youthstream stia dando i suoi frutti. In Germania c’è stato un impegno enorme per la diffusione televisiva comprensiva di 6 ore in diretta e che oltre a quello europeo ha toccato gli altri continenti con le più importanti nazioni del Nord e Sud America e dell’Asia. Notevole anche l’investimento tecnico, che oltre alla capillare presenza di telecamere fisse e mobili ha compreso anche nove On Board Camera montate sui piloti, un Drone che ha trasmesso in diretta in alta definizione ed una telecamera montata lungo un cavo di 300 mt che sovrastava tutta la partenza e parte del circuito.


Infine due parole sul Team Italia che ha funzionato alla perfezione ad iniziare dalla conduzione di Thomas Traversini dimostratosi esperto e perfetto regista della formazione azzurra. Dei risultati ne abbiamo già parlato, vogliamo però applaudire Philippaerts capace nelle occasioni importanti di tirare fuori gli attributi a dimostrazione che ha ancora qualcosa da dire, ma ringraziare anche Lupino per quanto ha fatto nell’attesa che faccia il definitivo salto di qualità che i suoi fans si aspettano. Di Tony inutile dire di più, ormai anche noi non abbiamo più parole per definire la sua grandezza di pilota e la piacevolezza della sua personalità cresciuta con intelligenza nel corso degli anni.

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