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Fabio Santoni è uno dei più apprezzati tecnici del paddock grazie alla sua solida formazione che si è costruito prima come pilota, poi come meccanico, in seguito specializzandosi nella messa a punto delle sospensioni e ultimamente approfondendo le sue conoscenze in campo informatico applicate alla moto.
"Ho corso un paio di campionati europei, qualche gara di mondiale e nell’Italiano senior – ha spiegato il professionista aretino - andavo discretamente ma a causa di vari infortuni ho dovuto smettere e quindi visto che la moto me la mettevo a posto da solo ho poi deciso di intraprende l’attività di tecnico meccanico. Verso la fine del ’93 Corrado Maddii mi chiese se volessi seguire la moto di allenamento di Chicco Chiodi, e quello è stato l’inizio perché poi ho lavorato anche con Mauro Dal Lago, Thomas Traversini e poi per tanti anni con Joshua Coppins prima quando correva con la Honda e poi con la Yamaha nella squadra di Michele Rinaldi. Lui poi cambiò squadra, mentre io sono rimasto definitivamente a Parma".
A fine 2011 da meccanico tuttofare ti sei specializzato nella messa a punto delle sospensioni, per poi tre anni dopo passare all’elettronica della moto.
"Ho cominciato per gradi ricevendo informazioni dal tecnico francese che se ne occupava nel team e che poi è passato nella Moto2, successivamente ho ampliato le mie conoscenze lavorando assieme alla GET finendo per dedicarmi alla materia a tempo pieno. Inizialmente la parte più difficile è stato l’avere la piena dimestichezza col computer per capirne tutto il potenziale e sapere cosa poterne fare abbinato alla moto, mentre in seguito sono passato gradatamente alla verifica dei parametri per avere la certezza che fosse tutto a posto, dalla carburazione al numero dei giri, tps, posizione del gas, ecc. In base a questa analisi, alle richieste del pilota e se ci sono o meno problemi sulla moto, si cerca di capire in che direzione andare. All’inizio non avevo grossa esperienza e quindi ci andavo un po’ con i piedi di piombo per cui non facevo grossi stravolgimenti, anche perché avendo un software “aperto” che permette di modificare tutti i parametri della centralina avevo un po’ di timore di poter fare anche dei danni, poi ho preso più confidenza, ne ho capito le funzioni e l’evoluzione è venuta passo dopo passo. Ho cominciato quindi a modificare la carburazione, le strategie di utilizzo della moto, l’erogazione partendo già dalla buona base fatta al banco prova dai tecnici specializzati del nostro reparto Ricerca & Sviluppo interno".
Il lavoro che fai sul campo è quindi un lavoro di rifinitura…
"Esatto, perché un conto è fare il lavoro col banco prova, un altro è fare le prove con il pilota dei test, ed un altro ancora è acquisire i dati con i piloti ufficiali e durate i giorni di gara. A volte hai infatti dei feedback completamente diversi, e quindi il mio compito è anche quello di trasferire queste informazioni a casa per studiare le diverse situazioni a cui ci si trova di fronte".
Come si svolge il tuo lavoro ad un GP?
"Inizia venerdì mattina con la verifica che l’acquisizione sia attiva, che funzionino tutti i sensori della moto, che ci siano le mappature giuste e che sia stata resettata per inserire i nuovi dati di base scelti in funzione della pista ed altri parametri che ti permettano di puntare al 100% delle prestazioni".
Vengono tenute in considerazione anche altri dati come la temperatura e l’umidità?
"All’interno della centralina c’è una mappa base con fattori di correzione che in automatico applicano delle variazioni in base a questi parametri e all’altitudine, ma la calibrazione fine la fai tu man mano con l’esperienza. Mentre con il carburatore la differenza grossa è che queste correzioni qui le devi fare manualmente. Il sabato appena termina il primo turno di prove si comincia ad acquisire i dati e ad analizzarli. Principalmente si guarda che tutti i sensori funzionino, che non ci siano anomalie nei settaggi di reset, del tps, del corpo farfallato, che non ci siano temperature anomale, che tutti i sensori siano attivi, e poi si analizza la carburazione per raggiungere le prestazioni migliori e perché nell’arco della stagione c’è un riciclo di motori, di corpi farfallati e di altri componenti che spesso comporta un cambiamento del settaggio da una moto ad un’altra e che può variare rispetto alla mappa base che uno ha".
In questa fase il pilota ti fa già le richieste di come vuole la moto?
"Sì, per cui si lavora sull’erogazione del motore gestita dalla GPA che ha vari parametri sul tps, tra i quali giri del motore, apertura della manopola dell’acceleratore, ecc., il quale è una specie di gestione di rilascio potenza del motore che offre quindi la possibilità di variare in modo significativo la curva dell’erogazione. Ad esempio, sul fango e in altre situazioni dove ci sono condizioni precarie di grip e c’è tanta necessità di avere una moto più facile da usare cerchi di renderla più dolce sotto adottando uno o più accorgimenti particolari".
Qual è la cosa che il pilota chiede più frequente?
"Una più efficace erogazione o un tiro più facile da utilizzare, specialmente la domenica perché sul giro singolo il discorso è un po' diverso in quanto in gara hai una gestione un po’ differente della moto. E quindi già dalla manche di qualificazione del sabato si riesce un po’ già a delineare la mappatura ideale che servirà per il giorno dopo".
Lo stesso procedimento lo seguite anche in allenamento?
"No, vediamo l’acquisizione solo quando si fanno i giorni di test di parti nuove o speciali per far si che rendano al meglio e avere così un responso più veritiero sulla validità dei pezzi in prova".
Potrebbe succedere che l’acquisizione possa essere sbagliata?
"Più che altro ci potrebbero essere dei malfunzionamenti, perché è sempre un aspetto tecnico un po’ delicato dovendo lavorare con l’acqua, il fango e altre situazioni estreme, per cui specie una volta potevano insorgere difficoltà nell’acquisizione, ma poi anche qui viene fuori l’esperienza delle gare e inizi a capire da dove possono venire i problemi, ad esempio una connessione sballata o un sensore che non collabora".
La parte più difficile di questo lavoro quale è?
"Tenere sotto controllo l’acquisizione dati e che tutto sia funzionante, perché è un lavoro mentale in quanto devi guardare tanti numeri ed essere concentrato al massimo, mentalmente è una cosa che ti porta via abbastanza energia. È diverso dal dover tenere dietro alle sospensioni, che è una fatica forse più fisica che di testa nonostante il giorno della gara raramente ci sono grossi stravolgimenti da fare, più che altro si opera a livello di aggiustamenti di click che di taratura, sotto questo aspetto in genere alla gara ci vai già a posto, perché il grosso viene fatto a casa con le prove".
Un giorno forse si dovrà gestire elettronicamente non solo i motori, ma anche le sospensioni…
"Chissà, ci sta che piano piano si arrivi anche lì se non verrà vietato dai regolamenti. D’altronde credo non ci sia fine alla gestione dell’elettronica, e quindi non vedo il perché non si possa applicare anche alle sospensioni".
Quale sarà l’evoluzione di questo lavoro di acquisizione ed elaborazione dati?
"È legato sicuramente all’evoluzione delle moto, nel senso che le 4 tempi sono sempre più performanti e quindi ci sarà sempre più necessità di un controllo sempre più accurato della potenza, specie nelle situazioni che ti chiede il pilota, e quindi il nocciolo della questione è capire dove c’è più bisogno ma anche dove ce n’è meno bisogno. Ad iniziare dal momento della partenza, dove i dati vanno di pari passo con il controllo del rilascio della potenza per avere il miglior spunto possibile a seconda del terreno, di quanto viene fresato davanti al cancello, ecc., cercando sempre di calibrare alla perfezione tutto a seconda delle varie situazioni. Questo aspetto ha assunto una importanza via via sempre maggiore, che va di pari passo con la necessità per un pilota di partire nelle prime posizioni. Per questo si adottano selle strategie apposite, che comprendono tanti aspetti che sono all’interno della centralina come il controllo dei giri del motore, ecc. Un aiuto viene anche dai led del GPA launch control posizionato sul parafango anteriore, che indicano il regime di giri in cui è il motore e sono quindi un riferimento per il pilota il quale nel momento in cui scende il cancello senza essere influenzato dalla tensione del momento e dal rumore delle moto ha il riferimento su quale valore di apertura della manopola del gas scegliere in base al numero di lampadine accese, sistema che poi si stacca alla prima curva. Praticamente più acceleri e più lampadine si accendono, e in base alle prove fatte a casa scegli quella che ritieni più opportuna per quella situazione. Ci sono anche delle soluzioni che ti permettono di partire a tutto gas ed è poi il motore a controllare che non pattini la ruota posteriore un po' come c’è da tempo nella MotoGP, anche se nel motocross il sistema non è così evoluto in quanto non è possibile utilizzare i sensori sulle ruote".
Sono parametri che puoi cambiare anche all’ultimo momento prima di schierarti dietro al cancello?
"Si può fare, ma è abbastanza complicato anche perché non devi rischiare di buttare tutto all’aria il lavoro del weekend in base magari ad una sensazione del momento. Però la cosa è fattibile, anche perché fin dal sabato cerchi di prendere in considerazione tutte le situazioni che si possono presentare per cui hai sempre una serie di mappature pronte da usare all’occorrenza".
Si arriverà ad avere anche un setting per ogni punto del circuito?
"Anche questo è un aspetto già presente nella MotoGP, ma nel motocross non siamo ancora a questi livelli. I nostri settaggi sono infatti abbastanza generici, anche perché diversamente dalla velocità nel fuoristrada ad esempio le curve non hanno sempre le stesse caratteristiche, un giro passi in centro e in un altro passi un metro più lontano o c’è una buca nuova, per cui è molto più difficile da predisporre una cosa simile. Però credo nell’evoluzione nell’elettronica, lo dimostra l’impegno delle più grosse Case giapponesi e se ci credono loro significa che il progresso non mancherà".