Ryan Villopoto: "Il Motocross è solo una parte della vita"

Ryan Villopoto: "Il Motocross è solo una parte della vita"
Dopo essersi intascato un milione di dollari al Monster Cup Supercross l'ufficiale Kawasaki pensa già al futuro | M. Zanzani
19 ottobre 2011

Punti chiave


E’ improbabile che Ryan Villopoto possa mai fare meglio del 2011. E’ stata una stagione semplicemente perfetta per il ventitreenne di Washington che dopo aver vinto sia il campionato AMA Motocross che Supercross ha terminato l'anno imponendosi anche nel Motocross delle Nazioni e nella prima edizione della Monster Energy Cup che in una sola serata imponendosi in tutte e tre le finali disputate si è aggiudicato lo strabiliante montepremi di un milione di dollari. A completamento di questo suo momento magico, ‘RV’ ha portato all'altare la sua ragazza Kristen con la quale questa settimana volerà in luna di miele.
 

«L’ultima gara è stata anche la più snervante - ha spiegato il campione statunitense - se così si può dire, visto che in realtà non c’era nessun titolo in palio. Il mio obiettivo era di chiudere il 2011 senza farmi male, ma nella terza manche una volta partito nei primi ho capito che avrei potuto vincere anche quest'ultimo scontro, dovevo solo fare attenzione perché nella parte esterna della pista c’erano molti sassi ed era piuttosto facile fare un errore».


C’è stato un momento durante la finale in cui hai pensato a come spendere la fantastica cifra che stavi per vincere?
«Assolutamente no, perché avevo guadagnato già abbastanza soldi da potermi permettere tutto quello che voglio, questo montepremi le terrò intatto per un bel pò così tra tre anni quando mi sarò ritirato e non sarò nella mia attuale fascia di tassazione potrò incassare il resto».
 

Ti sarai chiesto molte cose riguardo a quest’anno perfetto, ma hai avuto tempo di renderti conto veramente di ciò che hai fatto?
«Ci sono già passato sopra, anche perché prima il Nazioni e poi la corsa di Las Vegas non mi hanno lasciato tanto tempo libero e ora il mio pensiero è solo rivolto al mio viaggio di nozze. Sono solo dieci giorni, perché poi si torna al lavoro per il 2012. Sicuramente non mi dimentico di quello che ho vinto, ma ho la tendenza a pensare e pianificare subito il futuro così non ho modo di distrarmi troppo. Dicono che il tuo livello è quello dell’ultima gara che hai corso, e se non lo mantieni nel 2012 allora il 2011 è già dimenticato. Se smettessi domani allora potrei pensare solo ai miei titoli 450 Supercross e National, ma è ancora presto e quindi penso invece a quanti ancora potrò vincerne prima di ritirarmi anche se il mio obiettivo non è di battere il record di qualcun altro, questo non mi interessa, io voglio divertirmi e andrò avanti finché ne avrò desiderio».
 

In quest’anno di grandi soddisfazioni, c’è stato un momento che spicca sugli altri?
«Veramente no, perché questa è stata una stagione difficile in entrambi i campionati visto che molti piloti avrebbero potuto vincere. Il Supercross mi è sembrato lungo e difficile, erano tutti lì e chiunque poteva vincere in ogni momento, poi è arrivato il National senza ritrovarmi al posto giusto, tanto che poi sono stato impegnato ad inseguire per tutto il campionato».
 

Ritieni che il calendario attuale sia troppo intenso?
«Penso proprio di sì e si dovrebbe lavorare per rallentare il ritmo e dare sia a noi piloti che a tutto il paddock un periodo di riposo. Ci vuole di una pausa, per riposare e desiderare di correre la stagione seguente».


Come ci si sente ad essere sposati e pensare di fare qualcosa di memorabile nella tua vita che non riguardi la moto?
«La mia famiglia mi ha introdotto al motocross molto tempo fa, addirittura mio nonno sta ancora correndo. Io ho iniziato per divertimento, poi visto che andavo bene ho fatto qualche gara ed è diventato il mio lavoro, non come qualcosa per cui vivo. Ora sono a un passo dall’avere dei figli e una famiglia, ed è questo che desidero. Ho parlato con Stefan Everts al Motocross delle Nazioni e mi ha detto che lui pensava che correre fosse la sua vita, poi ha avuto suo figlio Liam e ha capito che correre era solo una piccola parte. Gli ho detto che io non ho ancora dei figli, ma che la vedo già come lui. Sono qui a fare il mio lavoro e lo amo, mi fa guadagnare dei bei soldi e ora sarei anche in grado di ritirarmi, ma io corro solo per il piacere di correre e quando sarà il momento lascerò senza rimpianti perché è solo una parte della mia vita».

Foto: Simon Cudby
 

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