"Minchia che spettacolo", la vita di Tony Cairoli nella sua autobiografia. E' in libreria

È in libreria "Velocità Fango Gloria", l’autobiografia di Tony Cairoli, che racconta chi è l’uomo prima ancora del campione, scritta in collaborazione con Lorenzo Resta
14 novembre 2018

È in libreria Velocità Fango Gloria (Rizzoli), l’autobiografia di Tony Cairoli che racconta chi è l’uomo, prima ancora del campione (nove titoli mondiali) di Motocross, scritta in collaborazione con Lorenzo Resta. Tony l'ha presentata a Moto.it Talks durante Love To Ride, la serie di eventi programmati in Rinascente (parte del Moto.it Festival) in diretta Facebook, intervistato da Moreno Pisto.

 

 

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Quel giorno in cui mio padre Benedetto mi regalò una minimoto 
«Una delle mie sorelle (Antonina, Mara e Sara) nel libro descrive quel momento come quello di un bambino che guarda qualcosa e non sa che cosa dire. Oggi direi: Minchia che spettacolo! Ieri, quando avevo quattro anni, mia madre mi chiamava a tavola ma io ero affamato solo di lei: e ancora oggi, la moto è la spinta emotiva più forte che mi porta a essere felice anche in altri campi, oltre quelli del Motocross. Sono fatto così, sono uno semplice, mi basta una moto e un po’ di benzina per essere felice».

L’anno in cui volevo smettere perché mi stava passando la fame
«Era tra il 2003 e il 2004. Vivevo a Padova, dopo tre fallimenti per entrare nel Mondiale mi proposero il campionato regionale del Triveneto. Facevo fatica anche a mangiare, fare il pilota in quel modo era assai difficile. La lontananza da casa, i prezzi dei voli aerei per tornare in Sicilia molto più alti di quelli di oggi, 24 ore per raggiungere Messina. Era tutto un disastro, fu la volta che chiamai i miei genitori dicendo di voler tornare, che avrei provato a fare altro».

Poi qualcuno disse: E proviamolo questo ragazzino!
«Quando altri mi dicevano che non avevano tempo da perdere per il Mondiale, ci fu un certo Claudio De Carli che se ne uscì con questa frase: E proviamolo questo ragazzino! Mi fece fare un test sulla pista di Malagrotta (Roma), e da allora ognuno è la metà dell’altro. Più di un team manager, un deus ex machina che mi completa».

Più di 300 giorni all’anno in pista
«Anche nel momento in cui dovrei staccare la spina, avendo la pista davanti a casa al posto del caffè accendo la moto e faccio qualche giro. Perché questa è una passione che mi porta ad allenarmi anche più di 300 giorni all’anno, a sacrificare gran parte della vita. Se ci penso, sono più di dieci anni che faccio solo questo, e sono ancora qui a puntare il prossimo titolo mondiale».

Quando arrivo secondo o terzo, per chi mi guarda è quasi l’ultimo posto
È una sensazione che ho scritto anche nel libro "Velocità Fango Gloria". Da una parte c’è la solitudine del vincitore che è abituato a essere sempre primo, dall’altra la gente si aspetta sempre il massimo, e quando fai secondo o terzo è quasi come se fossi arrivato ultimo. E se stai molto spesso in cima è difficile trovare sempre qualche stimolo in più. Eppure ogni anno riesco a migliorare qualche aspetto, perché vincere non è una condanna, soprattutto pensando a chi mi ha fatto arrivare fin qui».

La vera benzina sono i miei genitori, che non ci sono più. E Jill, noi due, la famiglia che verrà…
Per un pilota i momenti di difficoltà ci sono sempre. Certo, la sconfitta è brutta perché parti per vincere. Come quest’anno in cui ero partito carico, ma poi, anche a causa di qualche infortunio di troppo, ho perso l’onda. Ma ho sempre saputo di non essere solo. Mi hanno sempre accompagnato i valori trasmessi da mio padre Benedetto e mia madre Paola, che se ne sono andati. Serietà, impegno, disponibilità verso gli altri e verso me stesso. E poi sì, c’è Jill, il suo calore, c’è lei che mi solleva da tanti impegni lasciandomi concentrare sugli allenamenti. Ci siamo noi e la famiglia che vogliamo insieme, roba difficile da programmare, ma appena il ritmo rallenterà un po’… ». 

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