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I nostri amici di 125Stradali.com in occasione del raduno ligure 125Pesto ha avuto come ospite d'onore Enrico Repetti, ex ufficiale Yamaha nella 125 Sport Production degli anni d'oro. E non hanno perso l'occasione per fargli un'interessante intervista che vi riportiamo qui a seguire.
In sella ad una fiammante Yamaha TZR 125 “Red Rocket”, moto con la quale ha corso due stagioni nel campionato italiano Sport Production, Enrico Repetti si sente di nuovo “a casa”. Ecco le sue parole, che non lasciano dubbio sulla sua origine ligure: “Belin, è come se non ci fossi mai sceso!”.
La nostalgia (mescolata alla felicità) riempie la giornata di Enrico, anche lui Socio del 125 Club Italia. Il suo stile di guida è bello pulito, la percorrenza in curva notevole così come gli spostamenti sulla sella. Vederlo guidare quella TZR in occasione della 125pesto/2 e respirare il suo 2 stroke smoke è qualcosa di unico, indescrivibile a parole. Una volta fermati per una sosta, da buon rompiscatole, comincio con le domande.
In occasione del raduno 125pesto organizzato dai noi Soci del 125 Club Italia, i ricordi del tuo passato a livello agonistico tornano a galla. Vuoi raccontarci da dove hai incominciato e un po’ di storia sul Repetti pilota?
«Ho incominciato nel Trofeo Honda del 1987, era la strada giusta per cominciare in quanto costava il giusto e ti permetteva di divertirti con poco. Successivamente, sempre seguendo la medesima strada, ho preso parte al Trofeo Gilera del 1988, per poi debuttare nel 1989 nel campionato italiano Sport Production con la Honda NSR (miglior piazzamento secondo e quarto Under 21 a fine campionato). Sono state grandissime soddisfazioni in quanto la NSR aveva un’impostazione di guida differente rispetto alle altre 125 stradali, risultava quindi molto agile e ben si adattava al mio stile di guida».
«Nel 1990 ho continuato il mio impegno con Honda nella SP, mentre nel 1991, grazie al mio sponsor il quale permise l’acquisto di una Honda 125 GP, presi parte al Campionato Europeo dell’ottavo di litro da Gran Premio. Tornai a partecipare alla 125 SP con la Gilera ufficiale nel 1992 mentre il biennio 1993/1994 lo trascorsi in sella alla Yamaha ufficiale. Ho chiuso la mia carriera nel 1995, in sella ad un’Aprilia privata sempre nel campionato italiano Sport Production».
Cosa significava partecipare al Campionato Italiano 125 SP?
«Non posso fare un nome di un pilota forte, perché dovrei dirtene almeno una trentina! Questo era il campionato SP. Impressionante sotto ogni aspetto, dal profilo agonistico dei piloti e mezzi coinvolti, all’impegno delle case coinvolte in questa splendida manifestazione. Gli anni che ho trascorso con Yamaha sono stati anni speciali, ricordo ogni istante ed ogni emozione che ti preparava al weekend di gara. Inoltre, da ufficiale, ero responsabile anche dello sviluppo del mezzo, quindi testavamo componenti nuovi ed era una meraviglia essere coinvolto in questo tipo di progetto».
Secondo te perché la 125 Sport Production era diventata così importante per le case produttrici, i media e per il settore in generale?
«Essenzialmente potevamo paragonare la 125 SP ad un mondiale vero e proprio; le case sviluppavano componenti che poi riversavano nella normale produzione di serie, oltre ad avere un ritorno mediatico notevole in caso di successo. In Italia le moto più vendute in senso assoluto erano le 125 e di conseguenza gli investimenti profusi nel campionato risultavano notevoli, ma motivati dalla massima “corri la domenica, vendi il lunedì”».
Puoi descrivermi a grandi linee le caratteristiche delle moto da te avute o anche quelle che più ti hanno impressionato degli avversari?
«Fermo restando che era il pilota a fare la differenza, ogni moto aveva la sua peculiarità. La mia TZR, ad esempio, era un portento a livello di telaio/ciclistica: precisa e sincera, mi permetteva di fare ciò che volevo. Il Deltabox Yamaha era veramente uno dei migliori telai disponibile sul mercato, se non il migliore fra le moto che ho avuto. Peccavamo un po’ di motore, difatti dovevo prendere la scia di chi mi precedeva e se ci riuscivo, allora la moto continuava a spingere bene e tenevo il gruppo di testa. Se, invece, non ci riuscivo o ero in testa alla gara, allora la faccenda cominciava a diventare complicata e dovevo cambiare strategia di gara o cercare di recuperare quello che perdevo entrando alla velocità della luce in curva e rischiando oltre il necessario. Prestazionalmente parlando, Aprilia RS Extrema e Cagiva Mito mi davano via, almeno di motore. Un esempio lampante è la Mito di Bulega a Monza dove io, spalmato sul serbatoio in piena scia toccavo i 186 km/h e lui, da solo senza nessuna scia superava i 200 km/h!».
Com’era Repetti in versione pilota? Riesci a descrivermi brevemente come eri una volta chiusa la visiera del casco ed inserita la prima marcia?
«Guarda, sono sincero e ti descrivo me stesso secondo quello che pensavano i miei meccanici: “Noi ne abbiamo visti di piloti, tantissimi, ma di piloti che vanno forte come te e che non capiscono assolutamente nulla di tecnica, beh, sei il primo!” Ecco questo era Enrico Repetti, con la moto che si muoveva da una parte all’altra (mi ricordo che alla curva Roma a Vallelunga facevo fare certi traversi alla TZR!) ed io che continuavo a mettere dentro marce».
Griglie e tribune affollate tanto da obbligare la FMI a dividere la classe in “Under 21” e “Over 21”. Per chi non ha vissuto quel periodo, chi erano i piloti che partecipavano alla 125 SP? Com’era l’ambiente del paddock?
«Eravamo prima di tutto dei ragazzi energici, appassionati (si mangiava letteralmente “pane e moto” ogni giorno) e volenterosi di mettere le ruote in pista. In ogni tenda, dove dormivamo la sera prima della gara, era un continuo chiacchierare e stringere nuove amicizie grazie alla comune passione per le moto. In pista ci legnavamo di brutto, ma fuori eravamo tutti amici e ancora, con qualcuno, a distanza di oltre venti anni mi sento ancora».
Perché hai deciso di smettere nel 1995?
«Il 1995 era un anno fondamentale per me, avevo investito sull’Aprilia RS 125 (privata) e riposto grandi speranze in questa stagione. Peccato che la sfortuna ci ha visto benissimo e fra problemi vari non sono mai riuscito ad essere incisivo. Ho fatto podi, ottime prestazioni ma anche tanti “zero” in classifica e allora ho deciso di smettere. Comunque prima di appendere il casco al chiodo mi sono tolto la soddisfazione di partecipare ad una gara del campionato italiano Velocità in Salita, a Garessio, dove vinsi davanti a Papa».
Per chiudere questa bella intervista, puoi condividere con noi l’emozione della prima volta in un circuito del circus della 125 Sport Production?
«Ti racconto questo aneddoto relativo al circuito di Monza: anche solo affacciarsi alla pitlane in sella alla tua ottavo di litro ti metteva timore. Pochi di noi conoscevano quel mitico circuito, ovviamente non c’era PlayStation dove si poteva similare una gara ed imparare il tracciato. Quindi partivamo un po’ tutti alla “buona”, magari ti mettevi dietro a qualcuno “da pelo”, così per imparare anche le traiettorie. Mi ricordo che seguivo Mauro Bianchi che andava come un fulmine. Anche lui non conosceva il tracciato, però teneva il gas sempre spalancato. Ad un certo punto arriviamo nel rettilineo precedente la Parabolica, mi attacco ai freni ed imposto la curva, mentre lui continua a mettere dentro marce. Lo vedo in mezzo al ghiaione con la moto che finisce quasi nel parco di Monza! A fine turno ci troviamo e gli chiedo che cosa è successo e lui mi risponde che pensava di essere in un altro punto del tracciato!»
Questa era la 125 SP, ci sono state tante leggende su questa classe e continueranno ad essercene, si potrà continuare a parlarne per anni e anni ma una cosa è certa: questa categoria era amata piloti, case, addetti ai lavori e spettatori. Riuscire a condividere le storie da chi le ha vissute direttamente è quanto di meglio posso fare, con il rammarico che l’emozione di vedere una batteria con oltre 120 piloti iscritti non riusciremo più a viverla…
In collaborazione con 125Stradali.com - Michele Prontelli “Ceppa”