A due e a quattro ruote: Zündapp e Maico

Anche queste due Case motociclistiche tedesche che hanno avuto a che fare col mondo dell’auto oltre che a quello, più noto per noi, delle moto
30 novembre 2020

La Zündapp e Maico è entrata nel settore motociclistico nel 1921 con una semplice monocilindrica a due tempi di
211 cmche si è rivelata una robusta e affidabile tuttofare. In seguito sono apparsi altri modelli semplici e ben costruiti, sempre con un solo cilindro. Il primo "quattro tempi" è comparso nel 1930, ma la definitiva affermazione su grande scala di questa Casa è arrivata tre anni più tardi con la comparsa della serie K con motori a due cilindri contrapposti, progettati da Richard Küchen.

Tipici erano i telai in lamiera stampata e la trasmissione finale ad albero. La distribuzione era a valvole laterali nei modelli base, e ad aste e bilancieri in quelli di prestazioni più elevate. Vanno ricordate in particolare la KS 500 apparsa nel 1936, e la K 800 (entrata in produzione tre anni prima) che di cilindri contrapposti ne aveva quattro. Parallelamente continuava la produzione di motori a due tempi molto evoluti e anche di monocilindrici a quattro tempi come il DS 350 con due alberi a camme nel basamento e bilancieri disposti “al contrario” rispetto allo schema usuale.

Non si può non menzionare anche il motore da record a quattro cilindri contrapposti progettato da Albert Roder nel 1935-36, con distribuzione monoalbero comandata da alberelli e coppie coniche. La cilindrata era di 1000 cm3 e nelle teste spiccava la disposizione verticale dei condotti (quelli di aspirazione erano rivolti verso l’alto e quelli di scarico verso il basso): sovralimentato da un compressore Roots, pare erogasse 125 cavalli.

Durante la seconda guerra mondiale sono state largamente impiegate dall’esercito tedesco le KS 750, sempre in abbinamento con il carrozzino, nelle quali i cilindri erano disposti non a 180° ma a 170°, per aumentare leggermente la distanza da terra delle teste.

 

Negli anni Cinquanta la KS 601, talvolta usata in abbinamento con un carrozzino, è stata una delle moto più ambite dagli appassionati, e non solo in Germania. La versione sportiva di questa bicilindrica con distribuzione ad aste e bilancieri disponeva di 33,5 CV a 6000 giri/min
Negli anni Cinquanta la KS 601, talvolta usata in abbinamento con un carrozzino, è stata una delle moto più ambite dagli appassionati, e non solo in Germania. La versione sportiva di questa bicilindrica con distribuzione ad aste e bilancieri disponeva di 33,5 CV a 6000 giri/min
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Negli anni Cinquanta è rimasto famoso il bicilindrico boxer KS 601, che nella versione sportiva erogava 34 cv a 6.000 giri/min. Gli appassionati lo avevano soprannominato "elefante verde".
Dopo il 1958, quando il mercato motociclistico tedesco è collassato, in produzione sono rimasti solo i modelli a due tempi che, a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, sono stati anche realizzati in apprezzate versioni da fuoristrada, e che nel decennio successivo (verso la fine del quale è comparso anche il raffreddamento ad acqua) hanno avuto una considerevole diffusione anche da noi. Oltre ai successi ottenuti nella Regolarità, vanno ricordate anche due vittorie nel Campionato Europeo di cross, classe 125. Per un certo periodo un suo motore è stato anche impiegato dalla nostra Laverda. Poi è arrivata la crisi e, nel 1984, l’uscita di scena.

Il legame con il mondo auto è quantomeno singolare. All’inizio degli anni Trenta la Zundapp ha messo in produzione un furgoncino azionato da un motore a quattro cilindri contrapposti raffreddato ad acqua di 400 cm3, che erogava 10 cavalli. In seguito la cilindrata è stata portata a 500 cm3 e la potenza a 12 CV). Sullo stesso autotelaio è stata realizzata anche una piccola coupé sportiva che però è rimasta allo stadio di prototipo.

Nel 1931 lo studio tecnico Porsche di Stoccarda ha stilato un accordo con la Zundapp che prevedeva la fabbricazione da parte di quest’ultima di quella che è stata a tutti gli effetti la prima antenata della Volkswagen Maggiolino. Si trattava della “Tipo 12”, della quale sono stati costruiti tre prototipi.

Per azionarli sono stati realizzati un motore a quattro cilindri contrapposti di 1000 cm3 raffreddato ad aria (su progetto Porsche) e un cinque cilindri stellare raffreddato ad acqua di 1200 cm3, erogante 26 CV a 3200 giri/min, progettato dalla Zundapp. Lo sviluppo del programma è terminato perché a un certo punto la casa di Norimberga si è resa conto che con la sua struttura non sarebbe stata in grado di procedere oltre nell’ambizioso progetto e ha quindi preferito concentrare tutte le sue risorse sulle moto.

Negli anni Settanta la Zundapp ha ottenuto brillanti risultati nel fuoristrada agonistico e ha prodotto anche ottimi modelli stradali. Sul finire del decennio un suo motore a due tempi con raffreddamento ad acqua è stato anche impiegato dalla Laverda per la sua LZ 125, qui mostrata
Negli anni Settanta la Zundapp ha ottenuto brillanti risultati nel fuoristrada agonistico e ha prodotto anche ottimi modelli stradali. Sul finire del decennio un suo motore a due tempi con raffreddamento ad acqua è stato anche impiegato dalla Laverda per la sua LZ 125, qui mostrata

È stato solo negli anni Cinquanta che alla Zundapp si è tornati a pensare alle auto. Erano i tempi della ricostruzione postbellica e della ripresa economica; le moto si vendevano bene ma già era tempo di pensare a cosa sarebbe accaduto di lì a poco. In Germania a un certo punto è iniziato un autentico boom delle minivetture e sono sorte nuove case che svolgevano la loro attività solo in tale ambito.

Alcuni nomi come Goggomobil sono rimasti famosi (Messerschmitt era già leggendario per i suoi straordinari precedenti in campo aeronautico); perfino la grande BMW per salvarsi dalla catastrofe economica a un certo punto si è gettata in questo settore acquistando la licenza di produzione della Isetta, che ha dotato di un suo motore a quattro tempi di derivazione motociclistica.

Dal canto suo la Zundapp, che già aveva realizzato alcuni prototipi di auto di piccola cilindrata con struttura convenzionale, ha messo in produzione una singolare minivettura “bifronte” con motore centrale, appropriatamente chiamata Janus. Lo schema impiegato, con il motore centrale e due sedili biposto a panchetta, rivolti uno nella direzione di marcia e l’altro in quella opposta (cioè all’indietro), era lo stesso che la Dornier aveva proposto qualche tempo prima con la sua Delta, rimasta allo stadio di prototipo.
L’accesso all’abitacolo avveniva tramite una porta nella parte anteriore della vettura (si apriva in avanti) e un’altra nella parte posteriore. Il motore era un monocilindrico a due tempi di 250 cm3 che erogava 14 cavalli a 5000 giri/min. Commercialmente si è trattato di un flop: la Janus è stata prodotta per due anni soltanto (nel 1957 e nel 1958) in appena 6.900 esemplari.

Nella minivettura Janus prodotta dalla Zundapp nella seconda  metà degli anni Cinquanta due posti erano rivolti in avanti e due all’indietro. Il motore monocilindrico a due tempi di 250 cm3 era collocato centralmente ed erogava 14 cavalli a 5000 giri/min
Nella minivettura Janus prodotta dalla Zundapp nella seconda metà degli anni Cinquanta due posti erano rivolti in avanti e due all’indietro. Il motore monocilindrico a due tempi di 250 cm3 era collocato centralmente ed erogava 14 cavalli a 5000 giri/min

La Maico ha legato il suo nome a moto da fuoristrada apprezzate e vincenti in tutto il mondo nel periodo che va dagli ultimi anni Sessanta ai primi anni Ottanta.
L’azienda, che non ha mai raggiunto dimensioni ragguardevoli, ha iniziato a produrre moto nel 1926. I motori erano Ilo o Sachs, sempre monocilindrici a due tempi di ridotta cilindrata. Dopo la seconda guerra mondiale è iniziata la fabbricazione di modelli con motore progettato e costruito internamente.
Negli anni Cinquanta sono state così prodotte valide moto stradali monocilindriche di 125, 175 e 200 cm3, la raffinata bicilindrica Taifun bicilindrica di 350 cm3 (poi costruita anche in versione di 400 cm3) e un paio di grossi scooter.

Negli anni Sessanta hanno iniziato ad affermarsi i modelli da fuoristrada, diventati sempre più performanti e specialistici con il passare del tempo. I motori erano ottimi 2T monocilindrici. Particolarmente apprezzate sono state le Maico da cross di 250, 400, 490 e 501 cm3. L’erogazione dei modelli di cilindrata maggiore assicurava sensazioni che è molto riduttivo definire forti…

Oltre ai modelli destinati al fuoristrada agonistico, la Casa ha costruito validi modelli stradali e anche una 125 da Gran Premio che ha ottenuto importanti piazzamenti nei mondiali dei primi anni Settanta.

Nel settore automobilistico la Maico è stata presente per breve tempo con una minivettura: in effetti si trattava di un modello a due posti sviluppato e prodotto in origine dalla Champion nelle cilindrate di 400 e poi 450 cm3 nella prima metà degli anni Cinquanta, in un totale di circa 8.500 esemplari. Le cose però non sono andate bene, e a un certo punto attrezzature e progetti sono stati venduti (a un prezzo stracciato) alla Maico che ha continuato la produzione realizzando però subito la sua versione a quattro posti.

L’incursione della Maico nel settore automobilistico è stata breve e sfortunata. Come mostra questa immagine pubblicitaria, l’estetica della sua 500, con motore bicilindrico a due tempi, non era proprio attraente. E pare che anche il comportamento su strada lasciasse a desiderare…
L’incursione della Maico nel settore automobilistico è stata breve e sfortunata. Come mostra questa immagine pubblicitaria, l’estetica della sua 500, con motore bicilindrico a due tempi, non era proprio attraente. E pare che anche il comportamento su strada lasciasse a desiderare…

Il motore, sempre collocato posteriormente, era un bicilindrico a due tempi Heinkel raffreddato ad acqua di 452 cm3 (alesaggio e corsa = 66 x 66 mm) che erogava 18 cavalli a 4.000 giri/min.
Le vendite sono state assai modeste, e la programmata 500 Sport Cabriolet, dall’aspetto agile e piacevole (finalmente!) è stata costruita in soli 10 esemplari di preserie prima che la casa cessasse ogni attività in campo automobilistico, ponendo fine a un’avventura che l’aveva portata vicina alla bancarotta.