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A Monza sono iniziati ufficialmente i lavori di ammodernamento dell'autodromo: nei prossimi (previsti) 140 giorni verrà realizzato l'adeguamento di tre sottopassi per la separazione del traffico tra veicoli e pedoni, la creazione di un quarto sottopasso e, soprattutto, il rifacimento dell'asfalto. Dopo la totale rimozione, tutta la pavimentazione verrà ricostruita con logiche di utilizzo di materiali avanzati, in vista del GP di Formula1 del 1° settembre. Obiettivi dichiarati migliorare la sicurezza, il rapporto con l'ambiente e infine le prestazioni.
L’investimento previsto è pari a 21 milioni di euro. E’ programmato anche il restyling delle tribune e delle strutture del paddock, mentre sulla nuova copertura dei box comparirà il paddock club per gli ospiti Vip. Le tribune saranno ispirate agli stadi da calcio, con hospitality, sky box e ristoranti sotto alle gradinate.
L’otto gennaio, al via dei lavori, c’erano il ministro Salvini e Sticchi Damiani, presidente ACI, che sta lavorando per ospitare la F1 fino al 2030 o anche oltre. Non sarà facile, perché i nuovi contratti sottoscritti dagli altri Paesi europei sono molto più onerosi di quello attuale di Monza: si parla di 22 milioni di dollari, quando con Ecclestone il fee era di quattro milioni. Stefano Domenicali, CEO di Formula One collegato in video, è rimasto sul vago.
“Finalmente mandiamo avanti le opere necessarie. Questa prima tranche di interventi è necessaria, i cento anni di storia appena festeggiati sono straordinari, ma guardare solo indietro non serve. Bisogna guardare oltre, il GP è a settembre e non possiamo perdere nemmeno un minuto, i lavori sono tanti e dobbiamo portarli a casa in fretta per vivere il GP d'Italia all'altezza di quello che rappresenta".
Monza ha perso il mondiale moto dal luglio 2012, dopo il famoso “scandalo delle bolle in Parabolica” scoppiato nel round della SBK. Ricorderete che in quel maggio, dopo le forti piogge, i piloti del mondiale delle derivate trovarono in Parabolica l’asfalto sollevato con le bolle. La Procura di Monza, che teneva sotto la lente di osservazione l’autodromo (in una inchiesta che avrebbe poi avuto esiti clamorosi), stabilì che i responsabili conoscevano il problema e fecero finta di nulla: lo dicevano le intercettazioni.
La FIM revocò l’omologazione e da allora le moto a Monza non girano, se non per turismo. Il pericolo è troppo alto. Ed è una condizione dolorosa per gli appassionati e costosa per l’industria: una grande pista, un grande e moderno impianto in Lombardia sarebbe importante per i test, per le gare, per gli eventi motociclistici in genere. Ma purtroppo tutto era scritto, fin dagli anni Settanta.
Dopo i terribili eventi del maggio e del luglio 1973, che costarono la vita a Pasolini e Saarinen, e poi a Chionio, Colombini e Galtrucco, i nodi vennero al pettine. Semplicemente, era impossibile adeguare la pista di Monza alle crescenti necessità di sicurezza dei motociclisti. Tutti gli interventi che seguirono rappresentarono un compromesso (mai sufficiente) tra esigenze contrastanti.
La pista di Monza è dentro una città, è parte di un parco, ha dei confini inamovibili e stretti. Il proprietario è l’ACI, ma i due comuni di Monza e di Milano governano la concessione. Orientarsi tra i cittadini monzesi che vogliono la quiete, gli ambientalisti che “gli alberi non si toccano”, la burocrazia e la politica locale è sempre stato difficilissimo.
Lo dico con cognizione di causa: fin dalla metà degli anni Settanta noi motociclisti abbiamo discusso con tutti, gestori, federazioni, commissioni, rappresentanti della F1 che chiedevano soluzioni diverse dalle nostre. Abbiamo anche avuto interlocutori leali e determinati, come a suo tempo l’ingegnere Giuseppe Bacciagaluppi che era alla direzione dell’autodromo, una figura al di sopra di ogni sospetto. Ma non c’è stato niente da fare. Per le moto, semplicemente, Monza è l’autodromo giusto nel posto sbagliato.