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Tra chi segue il ciclismo, da 30 anni a questa parte, c’era un gioco da fare ogni tanto: cioè cercare come e dove Davide Rebellin stava proseguendo la sua carriera.
Perché è vero (sempre meno) che nel ciclismo la maturità sportiva arriva intorno ai 30 anni e la longevità può andare oltre i 35 ma è anche vero che poi a un certo punto si è umani e bisogna fermarsi.
A questa regola faceva eccezione Rebellin che si era ritirato dalle gare appena un mese e mezzo fa, il 16 ottobre, a 51 anni compiuti (era nato il 9 agosto 1971 a San Bonifacio in provincia di Verona).
Nell’ultima corsa da prof, la Veneto classic, era arrivato 30esimo. L’ultima gara vinta risale al 2018, quando aveva 46 anni, terza tappa del Tour International de la Wilaya d'Oran, che poi concluse al secondo posto nella classifica generale.
Non sarebbe mai sceso dalla bici, Davide Rebellin. Per questo era il ciclista-eterno.
E sulla bici ha trovato la morte, ieri, in un incidente stradale in provincia di Vicenza. Rebellin sarebbe stato travolto da un camion, nelle vicinanze dello svincolo autostradale di Montebello Vicentino.
Resta da chiarire la dinamica dell’incidente, l’autista del camion ha proseguito la sua corsa senza prestare soccorso a Rebellin. La bici del ciclista era accartociata su sé stessa dopo lo scontro con il camion.
I carabinieri sono al lavoro per cercare immagini nelle telecamere di sorveglianza e arrivare al riconoscimento del mezzo che ha provocato la morte di Rebellin.
Rebellin, nonostante non fosse più professionista, era uscito per un allenamento e poi sarebbe tornato a casa dalla madre, a Lonigo, cittadina di 15mila abitanti in provincia di Vicenza. Come ha spiegato il fratello al Corriere Veneto: “Davide era arrivato un paio di giorni fa per motivi di lavoro e alloggiava da nostra madre, a Lonigo. Anche se aveva annunciato il ritiro, non aveva perso la passione per la bicicletta: non riusciva a starle lontano, era il suo grande amore. E così anche questa mattina, intorno alle 9.30, è partito di buon’ora per il suo solito allenamento: tre o quattro ore di pedalate, prima di tornare a casa. Mi aveva chiesto di andare con lui ma, per un imprevisto, ho dovuto rinunciare”.
Rebellin ha avuto una carriera lunga e con tanti successi nelle classiche: ha vinto una Amstel Gold Race, la classica di San Sebastian, una Liegi-Bastogne-Liegi e tre volte la Freccia Vallone. Nel 2008 era stato Argento ai Giochi di Pechino, ma la medaglia gli venne poi revocata per positività al doping.
Decine di ciclisti ed ex ciclisti sono subito intervenuti per ricordare Rebellin ed esprimere cordoglio alla famiglia.
Tra tutti le parole dell'ex ct della nazionale italiana di ciclismo, Davide Cassani: "Aveva appena smesso. Aveva detto che avrebbe avuto ancora la forza per correre ma che a 51 anni gli sembrava decoroso appendere la bici al chiodo. Non ne ha avuto il tempo. Mi viene da dire: ma se davvero avesse, almeno per qualche mese, appeso la bici al chiodo ora non saremmo qui a piangerlo. Leggere pochi minuti fa della scomparsa di Davide Rebellin mi ha gettato nella tristezza più totale".
"Perché lui era la passione per il ciclismo fatta a persona, lui era un ragazzo buono, gentile, silenzioso che a dispetto di tutto e tutti faceva quello che piu amava, correre in bicicletta. Era passato professionista lo stesso giorno di Marco Pantani, ad agosto del 1992 correndo il GP di Camaiore per chiudere la sua lunghissima carriera appena un mese fa. Non l’ho mai visto arrabbiato, mai una volta in cui abbia alzato la voce, mai. Per lui la vita era correre, non ho mai visto un professionista più professionale di lui. Ed ora sono qui a piangere la sua memoria , la sua bontà, la sua resistenza e la sua capacità di essere atleta per una vita intera. Mi verrebbe da dire che è morto da eroe, che è morto esattamente la dove aveva cominciato a vivere la sua seconda vita. Ma un camion gli ha tolto questa opportunità e non ci resta che piangere ancora una volta, uno di noi. Il destino è davvero crudele" ha concluso Cassani.