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E’ morto Gianni Minà, un nome che ai giovani magari dirà poco, ma che è stato protagonista di una lunga stagione di giornalismo. Aveva 84 anni, da poco soffriva di una malattia cardiaca e ha lasciato il segno per il suo modo originale di raccontare le storie. E si era occupato con passione anche di una avventura motociclistica famosa.
Torinese, classe 1938, Minà aveva esordito a Tuttosport nel ’59 e l’anno dopo già collaborava con la Rai per i servizi sulle Olimpiadi di Roma. Da lì il rotocalco sportivo Sprint e soprattutto i documentari e le inchieste, fino a vincere nell’81 il premio Saint Vincent come miglior giornalista televisivo dell’anno.
Gianni ha seguito otto mondiali di calcio, sette Olimpiadi, molti mondiali di pugilato tra i quali quelli più famosi di Cassius Clay. Divenne celebre anche per il suo amore per Cuba e per una intervista a Fidel Castro lunga sedici ore.
Come tanti altri, anche Gianni Minà rimase affascinato dall’avventura del Che. Di quel viaggio che Ernesto Guevara e il suo amico Alberto Granado fecero nel ’52, partendo con una Norton 500 M18 dall’Argentina con l’obiettivo di attraversare tutta l’America Latina. La moto (battezzata la Poderosa) non riuscì a completare i 14.000 chilometri, cedette ben prima e i due proseguirono un po’ a piedi e un po’ con i mezzi. Ma quel viaggio trasformò lo studente di medicina Ernesto nello storico rivoluzionario che sarebbe stato ucciso quindici anni dopo.
Il film che racconta questa straordinaria avventura è titolato “I diari della motocicletta”. Diretto da Walter Salles e prodotto da Robert Redford, si avvalse anche della collaborazione dello stesso Minà, che in seguito ebbe l’idea di riportare l’ormai ottantenne Granado sulle stesse strade. Il documentario, girato in Argentina, in Cile e in Venezuela, fu premiato tra l’altro con il Nastro d’argento.
Aggiungo un ricordo personale dei primi anni Novanta. Quando la Parigi-Dakar era al vertice della sua fama, e la Rai che senza convinzione inseguiva Mediaset impegnata sul terreno per raccontarla, fu proprio Gianni Minà a chiedere un documentario speciale sul rally africano e a realizzarlo.