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Chi ha partecipato alle moto-cavalcate lunghe 24 ore può credersi abituato, o psicologicamente pronto, a un evento come la HAT. Ma in questo caso si tratta di guidare quasi sempre sullo sterrato, con la partenza fissata nel sud del Piemonte e l’arrivo al colle del Sestriere, non troppo distante dal confine francese. Questo significa più di 500 km di strade bianche e mulattiere di montagna, incastonate in paesaggi mozzafiato ed incontaminati, ma sicuramente più duri da percorrere rispetto all’asfalto liscio e compatto.
Hardalpitour, disputatosi lo scorso fine settimana, è un evento ormai conosciuto da molti ed è giunto alla sua settima entusiasmante edizione. Tutto è nato da un gruppo di pochi amici, persone volenterose che, trasportati dalla voglia di avventura, organizzarono un viaggio-spedizione percorrendo le strade sterrate delle nostre bellissime Alpi.
Proprio questo viaggio, nato quasi nell’anonimato vanta oggi il record di 420 iscritti, con tanti nomi illustri tra i partecipanti, come i miti, le leggende del passato, ed i grandi piloti italiani dei giorni nostri. Gente del calibro di Bruno Birbes e Roberto Boano, leggende delle Parigi-Dakar degli anni Ottanta, Matteo Casuccio e Paolo Ceci. E poi un duo al top delle prestazioni di oggi: Alex Botturi, pilota ufficiale Yamaha alla prossima Dakar, e Jacopo Cerutti, vincitore dell’ultimo Hellas Rally.
Si parte da Garessio, paese del sud Cuneese al confine con la Liguria, noto per la sorgente di San Bernardo, bellissima location scelta per la serata di apertura, ovvero la Hardalpinight. Ad accompagnarci per tutta la durata di questo hard tour, è la CCM GP 450, la moto da avventura sviluppata dall’inglese Clews Competition Motorcycle e spinta dal monocilindrico 450 cc BMW da 40 cavalli.
Le emozioni che un evento come questo è capace di trasmettere sono immense e varie, le prime scariche di adrenalina arrivano già durante la preparazione. Un normale giro domenicale prevede delle situazioni facilmente prevedibili: un luogo, un clima, una sola altitudine ed una destinazione ben precisa, magari concordata giorni prima con gli amici in base alle esigenze di ognuno.
La HAT è differente. La preparazione dell’attrezzatura dev’essere meticolosa, le ore in sella alla propria moto sono tantissime: 24 ore di guida su strade sterrate di montagna sono già da sole un’enormità, pensare di riprendere la moto per una seconda tappa notturna di altre 10 ore è quasi pazzia.
Durante la guida bisogna fare i conti con la quota costantemente variabile, con il meteo che soprattutto durante questa settima edizione è stato estremamente mutevole e con la notte che assieme al passare delle ore porta scarsa visibilità e tanta stanchezza.
La partenza è a 600 metri di altitudine. Dopo poche ore ci si trova in alta montagna, con passi alpini oltre i 2.300 metri. La vegetazione cambia, il paesaggio si trasforma, le strade divengono strette sfiorando pareti di roccia viva e strapiombi che tolgono il fiato
La partenza è fissata a poco più di 600 metri di altitudine, dopo poche ore però ci si trova in alta montagna, con passi alpini ben oltre i 2300 metri. La vegetazione cambia, il paesaggio si trasforma, le strade divengono strette sfiorando pareti di roccia viva e strapiombi che tolgono il fiato. Non è raro ritrovarsi ad affrontare un gregge al pascolo dietro ad una curva o un gruppo di motociclisti in difficoltà tecnica bisognosi di aiuto. Non è nemmeno raro, però, percorrere decine e decine di chilometri in assoluta solitudine, magari in piena notte accompagnati solamente dalla luce e dal rumore pulsante della propria moto. Vera poesia.
È proprio tutto questo a rendere incredibilmente affascinante la Hardalpitour. Un viaggio vero, segnato dal passare delle ore in sella, dal calare del sole fino all’arrivo della notte buia e poi dell’alba, che con le prime luci permette di riscoprire luoghi e colori unici ed in continuo mutamento. La HAT è un’esperienza importante, da vivere lasciando che l’immaginazione arrivi alle gesta dei più grandi piloti del mondo, abbandonando per una volta il cronometro e lasciandosi conquistare dalla nostra più grande passione.
Per quanto riguarda la “nostra” moto (qui potete leggere la prova della GP 450), vi diciamo che è una enduro incredibilmente versatile e che proprio durante questa prova di forza ha saputo tirare fuori il meglio di sé. L’autonomia da cammello, che spinge la CCM per quasi 400 km senza bisogno di abbeveraggio, ha effettivamente permesso di dimezzare i rifornimenti rispetto a una normale moto da enduro, il tutto senza influenzare minimamente la ripartizione dei pesi tra anteriore e posteriore. La presenza del doppio serbatoio anteriore, bilanciato da quello posizionato sotto alla sella, rende questa inglesina incredibilmente agile, tanto da far quasi dimenticare delle sue doti da viaggiatrice instancabile.
Forcella da 45 mm Marzocchi e mono Tractive hanno entrambe la massima possibilità di taratura. Alle classiche regolazioni di precarico, estensione e compressione va aggiunta la possibilità di regolazione di alte e basse velocità del mono ammortizzatore posteriore che, per chi non lo sapesse, nasce da un’azienda derivata dalla WP. Tutto questo, unito a cerchi appositamente disegnati dalla CCM, ad un impianto frenante forte di un disco da 320mm morso da una pinza Brembo a doppio pistoncino, al telaio composto da 13 componenti di alluminio assemblati secondo tecniche aerospaziali, fanno della GP 450 una moto a 360 gradi, capace di saziare lo spirito endurista e quello viaggiatore di ognuno di noi.
Altra compagna di viaggio di questa edizione della Hardalpitour è stata invece la pioggia, che come un’amica non propriamente simpatica si è presentata al via per salutare da vicino i motociclisti ed accompagnarli per tutta la prima parte del percorso. È proprio sotto ad un abbondante acquazzone che ha preso il via la settima edizione della Hardalpitour.
Le grandi aspettative di un evento di questo calibro non sono assolutamente state deluse dall’ottima organizzazione, dopo pochi chilometri di trasferimento su asfalto il road-book ha infatti prontamente dato indicazioni di svolta in direzione delle montagne, portandoci a percorrere bellissime strade in quota, attorniate da paesaggi suggestivi ed incredibilmente puri.
È stata proprio questa la ricetta che ha accompagnato l’intera HAT: strade scorrevoli, piste pulite e facilmente percorribili seppur sterrate, percorsi quindi adatti sia alle monocilindriche attratte dallo sterrato puro, come la nostra 450, che alle bicilindriche improntate maggiormente verso il soft off road.
La particolarità della HAT sono appunto le 24 durissime ore di guida. Il percorso, strutturato su due tracce simili, si divide in base alla classe di appartenenza. È infatti possibile iscriversi all’evento partecipando alla formula Classic, che prevede una deviazione asfaltata da uno dei tratti maggiormente tecnici del percorso, o alla formula Extreme, che oltre a prevedere il completamento del 100% del percorso, porta i partecipanti nuovamente in sella alle proprie moto per una notturna da percorrere poche ore dopo la conclusione della 24 ore. Fanno quasi 800 km, una vera e propria prova di forza per pochi duri.
Marco Delmastro