INDIA
Era da poco scoccata l’alba del nostro 95° giorno di viaggio ma quella mattina, di alzarci così presto, non ne avevamo un granché voglia. Forse per il fatto di
lasciare il Pakistan, ai cui ritmi ci eravamo stranamente abituati, o magari per la sensazione che passare due fra le
frontiere più temute di tutto il percorso ci avrebbe creato non pochi ostacoli. Un presentimento più che legittimo quest’ultimo, tanto da farci sorridere quando ci siamo trovati di fronte ad una ciurma di ufficiali pronti ad ispezionare i nostri mezzi dopo averli issati a cavallo di un rudimentale ponte meccanico.
Gli facciamo annusare le due ampolle di aceto balsamico nel tentativo di convincerli che si tratta di un semplice condimento per l’insalata, ma il rimbrotto sui danni provocati dall’alcool non ce lo toglie nessuno. E figuratevi, proprio nella terra del pakistano nero!
“
Benvenuti nella più grande democrazia del mondo” recita un cartello all’ingresso della frontiera indiana. Nemmeno il tempo di varcare il confine che subito ci rendiamo conto di quanto
tutto sia smisurato in un paese oramai prossimo al miliardo di abitanti. La nostra prima meta in questo sub-continente fecondo di storia e dai fortissimi contrasti non è molto distante, ma la caparbia insistenza di due giovani conducenti di risciò ci convince a seguirli fino a quella guest-house che un turista svizzero di passaggio in Iran ci aveva animosamente consigliato.
Amritsar non sarebbe altro che una delle tante città indiane sommerse dalla polvere e ammassata nella folla, se non fosse per quel
tempio d’oro che sorge al centro di un importante luogo sacro e che dona a questa regione dell’India una delle più superbe meraviglie architettoniche e religiose dell’intero paese.
Amritsar è il centro della fede sikh, un culto nato alla fine del XV secolo proprio per andare contro l’egemonia dei riti indiani e contro il sistema sociale delle caste.
All’interno del tempio si respira un misto di fervente spiritualità mischiato a quell’arte sublime segnata da preziosi decori in oro massiccio e finissimi ornamenti in marmo intarsiato.
Qui ogni gesto è misurato: da chi si bagna nella piscina ai lettori del libro sacro, dai devoti fedeli in preghiera agli erranti pellegrini in raccolta contemplazione. Dall’esterno lo spettacolo è scintillante e l’intensa luce del tramonto impreziosisce le cupole del tempio che nel tardo pomeriggio sembra diffondere nell’etere tutta la sua immensa ricchezza.
Trecento chilometri ci separano ancora da Delhi ed appurato che sulle strade indiane le medie difficilmente superano i 30 orari è preferibile partire di buon’ora e con gli occhi bene aperti.
Che l’India abbia due volti non saremo certo i primi a sostenerlo ma che il valore della vita venisse espresso dalla
folle incoscienza di chi sta aggrappato ad un volante questo non l’avremmo mai creduto. Camion carichi all’inverosimile, carri trainati da buoi, dromedari mimetizzati in mezzo a strade sommerse di polvere e frotte di ragazzini che sbucano da ogni angolo ci consigliano vivamente di non perdere ne la calma, ne tantomeno l’attenzione. E poi c’è sempre da fare i conti con quegli scriteriati che nelle rare strade a quattro corsie piombano all’improvviso nel senso di marcia opposto al nostro invadendo la carreggiata destinata al sorpasso, dando una triste morale alla barzelletta di quell’ubriaco in autostrada… “
Non dovete sorprendervi per così poco - ci avvisa in tono sarcastico Ganesh, la nostra guida -
in India anche questo fa oramai parte dell’ordinario ma casomai dovesse accadere un incidente mortale, con un migliaio di dollari ed un’ora di attesa si può anche riconquistare la libertà".
Le bellezze di Delhi, del suo forte rosso, dell’immensa moschea Jama Masijd e delle tracce inequivocabili impresse dalle dinastie Moghul sono niente a confronto del caos spaventoso che sovrasta una capitale con dodici milioni di chiassosissimi abitanti.
Un autentica giungla del terzo millennio! Come pazzi scatenati centinaia di ape-taxi elaborate, o se preferite tuk-tuk, si danno battaglia per conquistare l’ultimo centimetro di spazio disponibile e quando la pole-position è oramai conquistata altro non resta che incrociare gli sguardi sbigottiti dei malcapitati passeggeri occidentali. Puzza, rumore, smog ed una povertà inenarrabile sono malauguratamente un denominatore fin troppo comune non solo di Delhi ma dell’India intera. Una nazione di grandi risorse, di uomini eccellenti, di promotori di pace ma che in troppe occasioni è stata vittima di sciagure e grandi disastri. E proprio mentre il nostro viaggio stava per concludersi l’ennesimo cataclisma si è abbattuto ancora su di lei, su la “Grande Madre”.
Imboccando
la strada per Jaipur il paesaggio inizia a mutare di aspetto divenendo più spoglio e brullo, assumendo le prime sembianze del
deserto di Thar.
Spolverando un po’ la storia di questa regione e dei suoi primi abitanti non si può che rimanere affascinati dall’eleganza, dalla fierezza e dal coraggio che da secoli contraddistingue gli uomini del Rajasthan, famosi già
nell'antichità per le furibonde cariche suicide di quei cavalieri sconfitti che cercavano nella morte l'essenza della gloria.
Jaipur, la “città rosa” sorge nel letto di un lago prosciugato e circondato da colline. Sono le abitazioni color pastello, situate nel cuore dell’antica città, a donare con i loro pittoreschi intonaci splendore a questo angolo di India.
Hawa Mahal, il Palazzo dei Venti, resta il simbolo del luogo e la sua facciata rossastra, ornata con finestre a nido d'ape, ha celato per secoli le donne dei marajah che avevano il privilegio di osservare la vita sulla strada senza essere viste.
Il Palazzo sull'acqua dista solo pochi chilometri da qui e sulla superficie ondeggiante che lo circonda si riflette l'eterea bellezza della sua architettura nata dalla irrefrenabile fantasia di chissà quale marajah. Elefanti dal muso decorato, incantatori di serpenti, asceti improvvisati che fingono di lievitare ed un immancabile stuolo di venditori ambulanti rappresenta invece l’altra faccia di un ambiente così evocativo.
La sfida del mattino successivo è del tutto personale e con Pierluca ed Enrica ho scommesso che saremmo arrivati a Bikaner in un solo giorno di guida. Per la verità ciò che ci incuriosisce maggiormente non è la visita ad uno dei più importanti crocevia commerciali di tutta l’India bensì un piccolo tempio situato ad una trentina di chilometri a nord-est.
Karni Mata sarebbe stato la passione di un giovane Walt Disney in cerca di ispirazione. Un luogo ove la parola “assurdo” non rende affatto testimonianza allo stupore dei nostri occhi:
migliaia di topastri che scorrazzano indisturbati fra le gambe dei fedeli, balzando da un piede all’altro per poi tuffarsi in un’abbondante ciotola di latte. E guai a molestare le saettanti bestiole che come in ogni luogo di culto che si rispetti vengono venerate quotidianamente da centinaia di fedeli indù. Per i più devoti a fine serata viene riservato un premio davvero speciale e cibarsi con il
prasaad, gli avanzi sacri lasciati nelle ciotole dai mistici roditori, è un vero privilegio!
Per gli occidentali un po’ meno e per rispetto ai lettori di
Moto.it preferiamo tralasciare qualsiasi altra sensazione visiva ed olfattiva.
Il mattino seguente ci preannuncia l’ennesima tappa forzata ed alle 5.50 siamo già baldanzosi in sella al nostro fido Millennium.
L’aria è frizzante e dalla linea dolcemente ricurva dell’orizzonte filtrano i primi bagliori di sole, fin quando una purpurea luce non si diffonde maestosa su tutto il deserto di Thar.
Jaisalmer, la perla del Rajasthan, si mostra davanti a noi in tutto il suo splendore, dominata da un’imponente fortezza che si affaccia dalla cima di un colle. Addentrarsi fra le viuzze significa scoprire la vera anima di questa antichissima borgata, fatta di tante piccole haveli color ocra costruite secoli or sono da ricchissimi mercanti e marajah. All’interno la vita si svolge con i ritmi di allora e alle eleganti signore avvolte in vivacissimi sari trasparenti fanno da contorno una ciurma di scatenati ragazzini che corrono dietro ad un cerchione bistondo spinto da un’esile bacchetta.
Non è un torto pensare che
la purezza dell’India si rifletta nei suoi stessi colori. Jaipur, la città rosa, Jaisalmer la città d’oro ed infine Jodhpur, battezzata anche con l’appellativo di città azzurra.
Il contrasto fra la fortezza che si erge a picco sul paese e le case che la circondano è stridente, ben lontano dall’armonia che il mausoleo Jaswant Thada in marmo bianco ha riposto nella quiete secolare dei suoi giardini.
Il
tempo stringe e la tabella di marcia viene accelerata negli ultimi giorni. Dall’atmosfera sorniona ed indolente di Pushkar
si entra nella smaniosa Agra per aver modo di ammirare
una fra le più sontuose meraviglie architettoniche mai costruite: il Taj Mahal. Fatto erigere dal Gran Moghol Shah Jahan in memoria della moglie Arjmand che morì dopo aver dato alla luce il suo 14esimo figlio, questo prodigioso mausoleo resta il più grande poema d’amore finora narratoci dalla storia. I maggiori artisti dell’epoca furono chiamati da ogni parte del mondo per dare vita dopo ventidue anni di intenso lavoro ad un capolavoro artistico senza uguali, unico per la purezza del suo stile e per lo splendore diafano dei marmi incastonati di pietre.
Per certi versi
la bellezza dell’India è davvero superba, quasi sconvolgente capace di passare bruscamente da un estremo all’altro: dal romantico gesto d’amore del Taj Mahal alle figure dei templi di Khajuraho, impregnate di un erotismo capace di sorprendere gli stessi occidentali.
Ma una
strada tormentata e la pioggia battente interrompono bruscamente le nostre riflessioni e dopo aver attraversato Varanasi con l’acqua alla gola, una strana frenesia inizia a tormentarci.
Nessuno di noi vuole ammetterlo, forse per quella sviscerata dose di orgoglio che un po’ ci unisce, ma l’idea di
entrare in Nepal, di varcare quel tanto sospirato confine che ci condurrà sul “tetto del mondo” ha il potere di annientare ogni altro pensiero.
Testo e foto di Luca Bracali
INFORMAZIONI UTILI
Attualmente per entrare in India occorre
il passaporto munito di visto che può essere unicamente rilasciato dall’Ambasciata d’India a Roma ( 06 4884642 -
www.indianembassy.it /
[email protected] ) o
dal Consolato d’India a Milano (02 8057691). Il visto turistico viene concesso per un periodo di 3 mesi e costa 65 euro o 90 euro con procedura di urgenza. Per altre informazioni ci si può rivolgere direttamente anche all’ufficio del turismo indiano con sede a Milano (02 804952 -
www.indiatourismmilan.com ).
Al momento
non è richiesta nessuna vaccinazione per i viaggiatori provenienti dall’Italia, anche se viene spesso consigliata quella per l’epatite-A, il tifo, il richiamo antitetanico oltre alla profilassi anti-malarica nelle zone e nei periodi indicati a rischio. In India, viste le indescrivibili condizioni igieniche, le possibilità di contagio, di infezioni e quanto altro sono elevatissime, per cui si raccomanda vivamente di attenersi alle più ferree precauzioni alimentari, igieniche e sessuali. Pur se molto basso, il rischio di contrarre l’encefalite giapponese viene segnalato.
La situazione climatica è variabile secondo le stagioni. L’inverno è secco e freddo al nord, mentre la stagione calda dura da marzo a maggio ed è seguita dal periodo dei monsoni che spirano da giugno a settembre. Il momento migliore per visitare il paese va dalla metà di ottobre alla fine di marzo. In inverno a Delhi le temperature oscillano fra i 6° ed i 21°, mentre in estate possono oltrepassare anche la soglia dei 40°. Il fuso orario è di 4,30 ore in avanti rispetto all’Italia.
Sebbene l’hindi e l’inglese siano le lingue maggiormente diffuse, in India si parlano qualcosa come 1.600 dialetti, derivati dalle 23 lingue principali che vengono considerate lingue ufficiali dei diversi stati federali. Smisurato in tutto, questo sub-continente non poteva che distinguersi anche nella religione che viene praticata attraverso più di venti culti. I principali sono comunque l’induismo (80%) e l’islamismo (11%) anche se altre religioni come cristianesimo, sikhismo, buddismo, giainismo, zoroastrismo vengono professate.
SUPPORTER
Talvolta sono degli importanti "supporter" economici, spesso invece rappresentano anche dei veri e propri partner tecnici, assolutamente indispensabili al buon esito del viaggio. Lo avrete capito che di sponsor stiamo parlando e per farvi capire più nel dettaglio chi sono e cosa hanno fatto per noi, vi facciamo una breve panoramica.
Bardahl -
www.bardahl.it Una terna di prodotti utili a compensare sia la scarsa qualità delle benzine locali che a prolungare la vita del motore costretto spesso a marce tiratissime.
Octane Booster, anti-detonante e “accrescitore” del numero di ottani,
SO/4 Scooter, olio multigrado ad alte prestazioni specifico per motori 4 tempi e
Speedy Gasket, il sigillante multiuso, sono stati la nostra scelta.
Macota –
www.macota.it Apprezzati nel "fai da te" quanto prodigiosi lontano da casa, sono spray del tutto ecologici.
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www.ufoplast.it Leader sia nelle protezioni che nell'abbigliamento per moto offre una serie di accessori davvero polivalente per ogni utilizzo. La pratica giacca enduro
MX-19 in resistente cordura e dotata di sei tasche portaoggetti, la cintura
Strada capace di sostenere la vita nelle marce più lunghe ed infine il capiente borsone trolley
Big-Bag.
WORKSHOP FOTO E VIDEO
Ma visitare l’India senza catturarne lo spirito vero, da un lato è come non visitarla affatto. A questo proposito nasce
Travel Photo Workshop –
www.travelphotoworkshop.it , una
scuola di fotografia itinerante che ha il preciso compito di educare alla filosofia del viaggio e all’apprendimento di una vera e propria arte. A differenza di altri workshop, quella che vi suggeriamo ha due particolarità che la rendono unica nel suo genere: la prima che
in alcune destinazioni è disponibile un Cessna 208 Gran Caravan privato a 12 posti per le riprese aeree, la seconda è che la scuola vanta il
supporto diretto di
Canon e quindi, tutti i loro partecipanti, potranno disporre nelle varie location di videocamere, fotocamere e ottiche Canon con lenti che vanno
dal 15 all’800 millimetri!
All Time Go di Parma (348 3512228 –
www.alltimego.com) è il tour operator che si occupa di prenotazioni e logistica del viaggio, gestito direttamente da
Stefano Conti che, oltre ai viaggi, è un grande appassionato di fotografia.
Per il 2010 oltre all’India sono almeno quattro i workshop in calendario (Cappadocia, Islanda, Namibia, Tanzania), con una speciale sezione dedicata al video e curata direttamente da
Danilo Musetti, apprezzato documentarista delle principali reti Rai e Sky e fresco vincitore del premio Chatwin 2009.