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Il Salone di Francoforte - l'IAA 2015, per gli addetti ai lavori - è diventata una vetrina importantissima anche per Ducati, almeno da quando è confluita nella grande famiglia Audi. Il palcoscenico tedesco del resto non è stato scelto a caso per la presentazione della nuova Monster 1200R, l'ormai tradizionale novità che Ducati svela in anticipo sui saloni autunnali
Di fatto quella di Francoforte costituisce la prima uscita pubblica per Andrea Buzzoni, nuovo Sales and Marketing Director della Casa di Borgo Panigale, con il quale abbiamo potuto fare un'interessante chiacchierata a tutto tondo sul presente e sul futuro di Ducati.
Iniziamo con le prime impressioni nel passaggio da BMW a Ducati e sulle tue priorità.
«Sicuramente la cosa che mi ha colpito di più entrando in Ducati è il talento delle persone nelle varie funzioni e il suo legame con la passione. Mai come in Ducati si nota come la passione delle persone sia capace di produrre talento, da cui nascono delle belle cose a partire dai prodotti».
«Mi ha impressionato molto anche il piano di produzione in pipeline, davvero importante, e la qualità di questi prodotti, di questa gamma che sarà protagonista di un’accelerazione nella crescita – ad EICMA vedrete una vetrina davvero importante. Stiamo entrando nel 2016 con un numero incredibile di novità di prodotto fra nuove versioni e modelli completamente inediti, che vanno ad aggredire segmenti di mercato ancora non coperti. Un vero e proprio big bang ed un segnale della nostra determinazione a crescere».
«Il nuovo brand lanciato quest’anno è stato un successo planetario – abbiamo dovuto aumentare in corso d’anno la produzione più che potevamo e nonostante questo non siamo riusciti a soddisfare la domanda per il naturale collo di bottiglia che si verifica nella produzione di un prodotto nuovo».
«Scrambler è un prodotto strategico, perché apre a Ducati una clientela nuova, che forse prima non riuscivamo a cogliere completamente. Un tipo di clientela che magari predilige l’aspetto lifestyle, la praticità, la facilità, una moto molto accessibile rispetto a tecnologia e performance, e questo dal punto di vista strategico ci aiuta moltissimo».
Un discorso che anticipa la nostra prossima domanda: su quali segmenti vi espanderete? Magari pensate anche alla mobilità urbana?
«La crescita per il futuro è basata fondamentalmente su due pilastri: quello del brand Ducati, con i suoi valori di tecnologia, performance, sportività e stile declinato nei segmenti in cui siamo già presenti ma anche in segmenti nuovi, in cui a breve entreremo. L’altro pilastro è evidentemente quello dello Scrambler, che in un futuro dovrà diventare non solo una moto ma una vera e propria gamma, che si svilupperà in varie direzioni».
«Credo che non esistano progetti da non prendere in considerazione, però penso di poter dire che ad oggi non stiamo prendendo in considerazione la mobilità urbana o lo scooter, almeno a livello di progetti deliberati. Il che non significa che Ducati non possa pensarci, ma solo che al momento questo progetto nei nostri cassetti non c’è».
Un allargamento dei segmenti può significare anche un allargamento della tipologia di motori, che magari non siano rigorosamente bicilindrici?
«Secondo noi la strategia di allargamento della gamma e degli utenti non deve passare necessariamente da un ampliamento della gamma motoristica» dice lasciandosi però andare ad una risata Buzzoni. «Riteniamo che con il bicilindrico, su cui abbiamo investito tanto, ci sia ampio spazio per l’interpretazione di segmenti nuovi, e in questo senso non c’è un progetto specifico con propulsori di diversa tipologia. Il bicilindrico offre tantissimi vantaggi e offre grandi possibilità di impiego in segmenti diversissimi».
Si vocifera però di un ritorno in Superbike con configurazioni diverse dal bicilindrico. E parlando di sport, Andrea Buzzoni di esperienza ne ha da vendere visto il passato in BMW con il team schierato dalla filiale italiana.
«No comment» risponde Buzzoni, lasciandosi andare ad un’altra risata. «Seriamente: il quattro cilindri ce l’abbiamo già e lo abbiamo sviluppato per partecipare dove serviva, in MotoGP. I piani della Superbike sono confermati, nei prossimi giorni probabilmente arriveranno ulteriori conferme su piloti e programmi sportivi».
Lo diciamo noi, non Buzzoni: se parliamo di conferma, l’ipotesi più plausibile è una conferma di tutti e quattro i piloti.
«Il team sarà supportato dallo sponsor per altri due anni, e i piloti hanno fatto tutto quello che ci si aspettava da loro se non di più. Il povero Davide Giugliano è stato molto sfortunato, mentre Chaz è andato ben oltre le aspettative, con quattro vittorie e un secondo posto nel Mondiale…»
Torniamo all’allargamento della gamma in vista di EICMA. Lasciando da parte Scrambler (su cui, ma anche questo lo diciamo noi, ci aspettiamo una 400 bicilindrica…) puoi darci altre novità?
«I piani non sono ancora definiti» ride nuovamente Buzzoni. «Seriamente, posso dirvi che entreremo in nuovi segmenti in modo secondo me molto convincente, e anche un po’ sorprendente. Sono convinto – ma sarà il mercato a darci ragione o a smentirci – che entriamo in nuovi segmenti con un ottimo bilanciamento di valori fra i nostri, tradizionali, e quelli del segmento stesso. Un po’ come nei segmenti in cui siamo entrati nel passato con Multistrada, o Diavel: mi piace sottolineare che Ducati quando entra in un nuovo segmento tende a reinterpretarlo secondo i propri valori. Quello che faremo vedere a breve sarà un ulteriore esempio di questa coerenza».
Il fatto di avere sia in BMW che in Audi un gruppo automobilistico alle spalle permette di sfruttare tante sinergie tecnologiche. Ci interessano però anche quelle relative al valore del brand, che Audi e Ducati offrono molto forte. Puoi parlarcene a livello globale, senza limitarci alla sola Italia?
«Sicuramente il fatto di avere uno shareholder come Audi, al di là dei numerosi benefici tecnici e tecnologici ci offre potenzialità enormi in termini di vendite e marketing. Dove siamo oggi (all’IAA di Francoforte, NdR) ne è un esempio, anche se forse il meno rilevante. Il più valorizzante dal punto di vista comunicativo ma forse anche il meno significativo».
«Da un punto di vista globale abbiamo una rete di vendita che offre grandissime opportunità, perché comunque dobbiamo pensare che l’imprenditore auto, l’investitore auto offre normalmente una solidità e una competenza interessanti per un costruttore moto, a patto che ci sia una chiara interpretazione del mondo delle moto, dei suoi valori, dei suoi clienti, del reason why di acquisto, tutti completamente diversi da quelli del mondo auto. In questo caso ci possono essere ottime sinergie, cosa che naturalmente avevo già potuto sperimentare nella mia esperienza precedente».
«E’ recente, per esempio, la notizia che per quanto riguarda il mercato cinese Ducati entra in partnership con Audi. All’interno di Audi Cina è stata costituita una business unit moto, denominata Ducati Cina. In questo caso possiamo sfruttare una sinergia non solo di vendita ma anche di brand image, di posizionamento, di conoscenza del mercato. Ci mettiamo sulle spalle… del papà e godiamo di un vantaggio competitivo nell’ingresso su un mercato come quello cinese, evidentemente importante e strategico ma contraddistinto da meccanismi diversi da quelli del mercato tradizionale, spesso difficili da interpretare. Avere un’Audi, presente da tempo e con successo, ci offre grandi vantaggi e allo stesso tempo è conferma della fiducia della Casa madre nei nostri confronti».
«Ho visto nel top management di Ingolstadt una motivazione, una passione nei confronti del marchio Ducati veramente notevole. La dimensione finanziaria ed economica delle moto, ovviamente non paragonabile a quella del mondo auto, non influenza affatto determinazione e motivazione della dirigenza Audi a valorizzarci il più possibile, sia nell’interesse di Ducati ma anche in quello di Audi perché comunque il nostro marchio offre un posizionamento molto sportivo e sexy anche a loro. Tenuta ferma la differenza di valori e di brand, ci possono essere valori aggiunti anche per Audi che in questo momento è interessatissima a sviluppare la parte sportiva».
Il modello cinese è replicabile anche altrove?
«Non vogliamo considerarlo una legge ma un’opportunità. Qui c’era l’opportunità e un percorso di partnership con l’importatore giunto a maturazione. Non è detto che questo si verifichi anche su altri mercati, ma in caso si tratta di un’opzione molto strategica, che possiamo sfruttare quando ci è utile».
A livello personale, girando molto in questi mesi: come hai trovato il percepito Ducati nel mondo?
Paradossalmente, più ti allontani da Bologna, dall’Italia, più il percepito, la passione, l’interesse verso il brand Ducati aumenta!
«E’ impressionante. Paradossalmente, più ti allontani da Bologna, dall’Italia, più il percepito, la passione, l’interesse verso il brand aumenta. E’ una cosa che mi ha veramente sorpreso, in particolare negli Stati Uniti e in Asia, due contesti completamente diversi fra di loro ma in cui l’immagine del brand Ducati è un vero sogno, senza retorica. In Europa è un marchio premium, che appassiona, ma in USA e Asia è incredibile – lì è un vero e proprio luxury. Il potenziale è fortissimo. In Thailandia, pur non essendo un produttore di massa, siamo market leader con quote del 25% del mercato nei segmenti rilevanti. Anche in Brasile, pur con un mercato in difficoltà per motivi macroeconomici, l’interesse attorno al brand Ducati è incredibile. La forza del brand mi ha davvero colpito».