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E' successo a Genova, un sabato mattina, il 19 gennaio scorso. Federico Fontana, carrozziere di 30 anni, è in sella al suo scooter. Rosanna C. di 74 anni scende dal marciapiede e attraversa la strada mentre il semaforo pedonale è rosso. Federico e Rosanna si scontrano sulle strisce pedonali lo scooterista sbanda e impatta contro una ringhiera a protezione del marciapiede. Muore praticamente sul colpo, mentre l'anziana rimarrà ricoverata per parecchie settimane.
Ora il sostituto procuratore Giovanni Arena ha chiesto il rinvio a giudizio della donna con l'accusa di omicidio stradale. Una decisione presa dopo lunghe e complicate indagini che hanno cercato responsabilità a 360°. Si è stabilito che la velocità di Federico Fontana non eccedesse i limiti anche se pare che prima dell'impatto fosse in accelerazione e che con il semaforo verde non potesse prevedere l'attraversamento della donna.
Si sono svolte perizie anche sul semaforo, per stabilire che non ci fossero malfunzionamenti o avarie, ma nulla di anomalo è emerso. Si è addirittura messa sotto accusa la ringhiera contro la quale Fontana ha impattato. Insomma, tutte le indagini hanno dato esito negativo e l'unica responsabile, più per esclusione che per dolo, è risultata essere la donna.
Qui finiscono i fatti. La signora ha certamente causato l'incidente, ma è responsabile della morte del trentenne? Non sta certo a noi giudicare, ci penserà la Legge, ma quello su cui vogliamo fare una riflessione è il cambio di prospettiva che questa accusa porta con sé. E' l'investito ad essere colpevole della morte dell'investitore. Una lettura che nell'asettica astrazione dei fatti ci allontana parecchio dall'idea di causa che abbiamo nella nostra morale, ma che di fatto nella nostra esperienza quotidiana di utilizzatori della strada è invece abbastanza vicina a quella del sostituto procuratore.
Foto: SecoloXIX