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Da giovedì a domenica sono stato impegnato nel mio lavoro, ma lunedì sono iniziate le mie “ferie”. Ho deciso di restare un giorno in più in Algarve per fare il turista ma anche per riposarmi in vista del lungo viaggio di ritorno, che è iniziato martedì 3 ottobre.
Ho ripreso la superstrada per la Spagna, ho nuovamente raggiunto ed attraversato Siviglia (questa volta evitando il trafficatissimo ponte) e ho imboccato la statale verso Osuna. Pensavo si trattasse di un paesino (cerco sempre di evitare i grandi centri abitati) mentre in realtà ho scoperto che si tratta della sede di un’Università, nonché del più grande ospedale della zona. In albergo ero l’unico cliente, tanto che mi hanno consegnato le chiavi del garage per la moto e del portone principale. La mattina dopo sono partito in direzione Mojacar, località balneare.
Da Osuna ho seguito le indicazioni per Granada e dopo un centinaio di chilometri circa mi sono ritrovato nell’incredibile Sierra Nevada. Qui ho commesso l’errore di non fermarmi a visitare una delle più belle ed interessanti zone della Spagna. Il deserto è molto bello e regala panorami simili a quelli del Far West americano. Non a caso da queste parti sono stati girati la maggior parte dei cosiddetti “spaghetti western”, tanto che lungo la strada si incontrano i vecchi Studios, che ora sono la meta di molti turisti.
Mi sono fermato ad un distributore proprio nel bel mezzo del deserto, dove ho incontrato e fatto amicizia con due motociclisti: uno spagnolo con una Vulcan 900 ed un portoghese con un Africa Twin attrezzata per i lunghi viaggi. Un italiano, uno spagnolo ed un portoghese, potrebbe essere l’inizio di una barzelletta, mentre è invece stata per me l’ennesima amicizia immediata tra motociclisti, oltre ad una preziosa fonte di notizie. Comunicando in una lingua creata al momento, fatta di un miscuglio di portoghese e spagnolo, ma con qualche parola in inglese e anche in italiano, ho saputo che il motociclista spagnolo aveva conosciuto Sergio Leone: “Veniva spesso qui per girare i suoi film”, mentre per il portoghese quella era la terza volta in Sierra Nevada ed aveva appuntamento con altri motociclisti del luogo, per visitare il deserto vero e proprio oltre che i famosi Studios.
Dopo qualche foto e dopo esserci scambiati gli account social ho ripreso il viaggio. Un grave errore: avrei dovuto restare almeno un giorno in più, approfittando dell’amico portoghese e dei suoi amici spagnoli per conoscere meglio una zona che ho già deciso di tornare a visitare in modo più approfondio. Appena uscito dalla Sierra Nevada, percorrendo sempre strade provinciali, ecco un cartello “circuito”. Secondo voi è possibile che ci sia un circuito nei paraggi e che io non mi fermi a visitarlo? Era il Circuito di Almeria, dove erano in corso alcune sessioni di prove libere. Un circuito piccolo, ma ben curato dove sono rimasto una ventina di minuti, giusto il tempo di vedere quasi tutta la pista ed ammirare i piloti che si stavano divertendo su questo tracciato costruito ai margini del deserto andaluso.
Quel giorno andavo di fretta perché avevo prenotato una camera in uno dei grandi alberghi situati sulla costa, nel paese di Mojacar. Piscine, tanti ristoranti e… computer spento! Due giorni di vera vacanza, oziando in piscina ed organizzando l’ultima parte del viaggio, quella che mi avrebbe portato a Barcellona per poi riprendere il traghetto per Civitavecchia.
Dopo due giornate di sano riposo, era venuto il momento di risalire in moto. Nei miei programmi avrei dovuto fare un’ultima sosta prima di raggiungere Barcellona, ma prenotando il traghetto mi sono accorto che se non avessi preso quello che salpava quella sera stessa alle 23, avrei dovuto restare un giorno a Barcellona. Non amo le grandi città soprattutto se sono in moto, ma da Mojacar al capoluogo della Catalunya ci sono circa 750 chilometri.
Una bella sfacchinata, tutta in superstrada e da percorrere abbastanza in fretta per poter arrivare in tempo al porto per il check in. Ricordando che qualche anno fa sono partito la mattina da Brno e mi sono fermato la sera fuori Padova, dopo quasi 900 km. ho deciso che avrei potuto affrontare tranquillamente i 750km che mi separavano da Barcellona e così è stato. Tutta autostrada, da Mojacar a Murcia, e poi Alicante, Valencia, Castellon de la Plana e poi finalmente Barcellona, dove sono arrivato nel tardo pomeriggio. Era domenica ed il traffico di chi tornava in città dalle gite fuori porta era caotico. Per fortuna essendo in moto (seppure con tanto di borse laterali) sono riuscito a districarmi tra le macchine in fila ed ho raggiunto il porto in perfetto orario.
Dopo il check in mi sono messo in fila per l’imbarco. Le moto hanno una fila a parte e sino a meno di un’ora dalla partenza ho pensato che sarei stato l’unico motociclista sulla nave. D’altronde eravamo in ottobre e quanti potevano essere i motociclisti che rientravano in Italia in questo periodo? I miei pensieri sono stati spazzati via dall’arrivo di un primo gruppo composto da una ventina di motociclisti (tutti BMW GS a parte una KTM ed una Africa Twin).
Nemmeno il tempo di fare due foto che eccone arrivare un’altra ventina questa volta con moto di tutti i tipi (tra le quali due RT come la mia, ma del modello più recente). Le procedure per l'imbarco sono state lunghe, ma una volta raggiounta la mia camera ho potuto godere del meritato riposo. Anche questa volta la traversata è durata un giorno intero e siamo arrivati a Civitavecchia alle 23 circa. Non mi piace viaggiare di notte (gli automobilisti non ci vedono di giorno, figuriamoci di notte) ma ero a meno di 200 km da casa ed in meno di due ore ho raggiunto Castiglione della Pescaia, felice e soddisfatto per un viaggio che ricorderò sempre con molto piacere e che ripeterò l’anno prossimo non più per raggiungere Aragon e Portimao, ma per assistere ai due round del Balaton Park Circuit e di Magny Cours.
Daltronde come potrei scrivere di moto senza andare in moto?
Dall’alto dei suoi 103.000 km la “Tortellona” è stata fantastica e non ha manifestato nessun problema. Come (quasi) tutte le BMW ogni tanto bisogna dare un’occhiata al livello dell’olio e nel mio caso a metà del viaggio di ritorno ho dovuto aggiungerne quasi un chilo, ma per il resto tutto ha funzionato alla perfezione ed il comfort di guida della RT nei lunghi viaggi non ha paragone, così come la capacità di carico delle due borse laterali e della borsa da serbatoio. Ho anche il bauletto posteriore (originale BMW così come le tre borse) ma non lo uso per le lunghe percorrenze, in quanto è molto voluminoso ed alle alte velocità può causare dei piccoli sbandamenti, specialmente in caso di vento forte. Safety first.
Il casco
Il casco è LS2 modello Thunder Carbon grafica Supra rossa e blu. Quando l’ho ricevuto ho dato un’occhiata al suo interno ed ho pensato: “qui la mia testa non ci entra”. Le imbottiture erano molto spesse e lo spazio interno sembrava limitato. Nulla di più sbagliato: le spugne sono soffici (a densità variabile) ed una volta indossato il Thunder calza come un guanto. Incredibile.
La testa è completamente avvolta, quasi fasciata, dalle imbottiture, ma non si avverte mai nessuna pressione sulla testa e nemmeno sulle guance, anche dopo molte ore di utilizzo, provocando una sensazione di protezione ma anche di estremo comfort. Sicura e semplice da azionare la chiusura a doppio anello, mentre il cinturino è molto ben imbottito. Il sistema di ventilazione funziona bene, tanto che la mattina presto, quando l’aria era ancora fresca, dovevo chiudere sia le due ventilazioni superiori che quella posizionata sulla mentoniera, per evitare di sentire freddo. Semplice e funzionale il meccanismo di fissaggio e di movimento della visiera, che è antigraffio e anti appannamento grazie al sistema Pin lock, La visiera è anche dotata di un blocco che forse non serve molto a chi viaggia su strada, ma che è indispensabile per chi utilizza il casco in pista. Per aprire la visiera bisogna prima di tutto liberarla dal blocco premendo un grosso tasto posizionato esattamente al centro della mentoniera, nella sua parte alta. Una manovra che con i guanti a volte ho fatto fatica ad eseguire, anche se con la pratica ci ho preso la mano ed andavo a colpo sicuro. Bisogna però sempre premere con decisione e suggerirei ad LS2 di posizionare dei rilievi (o zigrinature) sul tasto di sblocco, in modo da poterlo “sentire” subito, anche quando si calzano i guanti. Grazie all’alettone posteriore questo casco ha un’ottima aerodinamicità, e si è rivelato stabile anche alle alte velocità.
Non è tra i caschi più silenziosi che io abbia provato, ma questo è anche dovuto al fatto che le imbottiture laterali lasciano completamente libere le orecchie (a tutto vantaggio della sicurezza). Per mia fortuna non l’ho testato sotto la pioggia ma a giudicare dall’ermetica chiusura della visiera non penso possa avere infiltrazioni.
Per la scheda tecnica e per avere maggiori informazioni: https://ls2helmets.com/helmets/full-face/thunder-carbon
La giacca e pantaloni
Sia la giacca che i pantaloni utilizzati sono Ixon modello Eddas PT (all seasons). Basta indossarli per avvertire subito un marcato senso di sicurezza. Sono entrambi dotati delle protezioni Proflex Seka-1 posizionate, oltre che sulla schiena, anche su gomiti, spalle e ginocchia. Sono due prodotti eccezionali, che mi hanno protetto dal freddo come dal caldo.
Nelle ore più calde ho aperto le zip che permettono all’aria di entrare nel giubbotto così come nei pantaloni, ed il beneficio è stato sempre immediato (ovviamente con la moto in movimento). Se avevo lasciato le prese d’aria aperte me ne accorgevo la mattina, quando l’aria era particolarmente fresca e mi fermavo per chiuderle.
Nella giacca ho staccato l’imbottitura interna invernale, che ho portato con me, ma che non è servita. Utilizzandola si capisce come sia stata progettata da chi in moto ci va davvero. Le due grandi tasche sulla parte anteriore sono utili ed hanno un’apertura superiore chiusa da un pratico bottone, ma si possono anche utilizzare lateralmente. Tre i ganci in plastica sempre sulla parte anteriore oltre ad un’ulteriore tasca superiore sul lato sinistro con apertura verticale, molto pratica per tessere magnetiche o documenti. Le maniche sono regolabili in larghezza e le pratiche zip sui polsi permettono una chiusura perfetta, con le maniche che si stringono attorno ai guanti. L’unica cosa che non mi è piaciuta (ma è ovviamente un giudizio personale) è la chiusura sul collo, che ho trovato difficile da azionare una volta in moto.
Devo confessare che di solito io non uso i pantaloni tecnici, ma dopo aver provato questi Ixon Eddas li ho trovati talmente comodi che ho deciso di utilizzarli per tutto il viaggio. Così come la giacca, anche i pantaloni sono molto protettivi con imbottiture sulle ginocchia e sulle anche. Riparano dall’aria ma sono aerati e quindi non creano alcun problema, nemmeno quando le temperature salgono. Perfetta la chiusura in vita regolabile, con velcro e zip. Le zip sono presenti anche in fondo alle gambe, per far aderire la parte finale dei pantaloni agli scarponcini tecnici.
Per maggiori informazioni: https://www.ixon.com/ita-it
Gli scarponcini tecnici
I SiDi Duna li ho comperati a Grosseto da 4 Tempi Moto Store oltre tre anni fa. Li ho utilizzati in tutti i miei viaggi sia in Italia che all’estero, ma sino ad ora non mostrano alcun segno di usura. La chiusura è a lacci con un ulteriore linguetta superiore che copre la parte finale del collo del piede tramite un velcro. Nel mio caso la linguetta sembra corta (avrò il piede grasso?) e la devo tirare con forza per farla aderire al velcro ed evitare di vederla svolazzare dopo qualche chilometro. Sono abbastanza comodi se non fosse che lo scarponcino sinistro preme sul mio dito mignolo. Nulla di grave, ma alla fine di un’intera giornata di utilizzo un poco di dolore lo avverto. La suola è anti scivolo e le protezioni sono molte, robuste e ben posizionate. Non so se siano ancora in produzione, ma ho trovato sul sito della SiDi il modello Gas Flow che assomiglia molto a quello che ho io.
Per maggiori informazioni: https://www.sidi.com/it/urban-freetime/428-gas-flow.html