Beppe Andreani, dai Mondiali alla serie

L’ex crossista oggi a capo di Andreani Group ci racconta come si svolge il lavoro del tecnico delle sospensioni ad altissimo livello. E come si trasferisce questa esperienza nell’assistenza ai comuni mortali
18 luglio 2013

Punti chiave


Bisogna essere attorno agli anta per ricordarsi il suo nome nelle classifiche iridate, ma Giuseppe Andreani – classe 1958, di quella zona fra Romagna e Marche che entrambe le regioni reclamano – negli anni 80 è stato uno di quelli che andavano forte. Nove gare mondiali vinte fra ottavo e quarto di litro in mezzo a nomi come Geboers, Rinaldi, Jobé, Bayle, Vekhonen nel corso di una carriera finita nel 1988, al termine della quale è iniziata la seconda vita di Beppe – lo chiamano tutti così, dai suoi ragazzi fino a piloti, ex piloti e campioni del Mondo che passano a trovarlo ogniqualvolta sia in giro nel paddock di qualche gara internazionale.

L’appesa del casco al chiodo coincide con la fondazione di WP Italia: Beppe diventa l’importatore italiano dei prodotti della casa olandese. Ad un certo punto però WP decide che ne ha abbastanza delle gare e dell’aftermarket – perché sotto sotto stava maturando l’acquisizione da parte di KTM – e lascia Andreani abbandonato a sé stesso. Beppe non si perde d’animo, fa un respiro profondo e decide di proseguire da solo, sviluppando ed assistendo in proprio il prodotto. Nel 2004 la società prende il nome di Andreani Group e nel 2005 stringe un accordo con Ohlins. Andreani Group si trova a lavorare su tutte le griglie della Velocità, del Cross, Enduro e Motard. L’anno successivo entra anche nelle quattro ruote.

Come ha iniziato?
«Con un po’ di incoscienza. Abituato al cross pensavo sull’asfalto non potesse essere difficile sistemare le sospensioni: dopotutto c’erano molte meno variabili. Inutile dire che mi sbagliavo» commenta con il suo solito sorriso contagioso Beppe, «perché sull’asfalto, con le aderenze e gli attriti che si generano, ci sono problematiche altrettanto complesse se non ancora di più».


E dove è arrivato oggi?
«Siamo presenti su tutte le griglie di tutte le specialità con piloti a cui facciamo fornitura, consulenza ed assistenza. In certi campionati nazionali arriviamo a sfiorare il monopolio, e la cosa dipende direttamente dalla credibilità che ci siamo conquistati sul campo – siamo solo importatori, non produttori, il che significa che a differenza di altri, senza fare nomi, non abbiamo la possibilità di sponsorizzare nessuno. Chi ci sceglie paga, dal cliente che usa la moto in prove libere al pilota del Mondiale – ufficiali Ohlins esclusi, naturalmente – e penso sia evidente come questo sia una conferma esplicita della qualità e dell’importanza del nostro lavoro».

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Veniamo infatti al vostro lavoro: come si svolge? Cosa fate in un weekend di gara?
«Iniziamo dicendo che il nostro compito, nelle competizioni di livello Mondiale ma anche nelle serie minori, è quello di aiutare il capotecnico o il pilota ad ottimizzare il comportamento della moto – è infatti molto importante conoscere bene la situazione generale della moto, perché una forcella o un mono perfetti non servono a nulla se il resto del mezzo non è in assetto. Quindi insieme al capomeccanico e al pilota, e con l’aiuto dell’acquisizione dati dove è possibile, decidiamo una strategia di intervento. Questa fase va smarcata il più presto possibile, perché il pilota vuole iniziare ad andare forte il più presto possibile».


Il lavoro si distribuisce però su quattro turni di prova più la gara.
«In realtà quattro turni di prova non bastano mai, perché praticamente già dal secondo turno come vi dicevo il pilota vuole già cercare il limite. Il nostro vantaggio è conoscere alla perfezione il prodotto, dato che usiamo elementi completamente di serie, e quindi con l’ausilio del computer riusciamo a portare avanti un lavoro ragionato, organico e metodico che raramente ci riserva sorprese. Sostanzialmente ottimizziamo continuamente la situazione tecnica: il pilota trova un limite, noi isoliamo il problema e lo risolviamo spostando più avanti questo limite. Dopodiché il pilota va più forte finché non raggiunge un altro limite, e lì ricominciamo. E’ una sfida continua che inizia il venerdì mattina e termina la domenica sera, dopo la gara, quando analizziamo i dati che abbiamo raccolto per capire sempre meglio cosa è successo ed essere ancora più pronti e reattivi nelle gare successive».


Nel Mondiale si usa un prodotto di serie fin nei minimi dettagli?
«Assolutamente sì. Se escludiamo i Team ufficiali più importanti, che si rivolgono direttamente ad Ohlins in Olanda (pagando una cifra decisamente diversa ma con la possibilità di contribuire allo sviluppo del prodotto) quelli che vengono utilizzati nel Mondiale sono gli stessi materiali che l’amatore può comprare attraverso la nostra struttura vendita. Attenzione, è importante capire bene il verso in cui si muove la tecnologia nel caso di Ohlins, perché a differenza di altre Case che nascono da un prodotto stradale e lo fanno evolvere per l’uso agonistico, in Svezia credono fermamente in un flusso di lavoro che parte da un prodotto sviluppato per il Mondiale da portare successivamente ai campionati minori fino alla strada. La forcella, o il monoammortizzatore usato da un Team del Mondiale è esattamente identico a quello che potete comprare anche voi».


E come si riflette questo lavoro sul cliente più normale?
«E’ il principale vantaggio dell’utilizzare il prodotto di serie anche nelle competizioni ad altissimo livello, anche se lo ripeto, parlando di Ohlins bisogna dire che il prodotto di serie è lo stesso che si usa nel Mondiale. Il nostro metodo di lavoro, che ormai abbiamo standardizzato e consolidato, ci permette di accumulare tantissimi dati, un’esperienza impagabile, su ogni genere di moto e con ogni tipo di gommatura e dotazione tecnica. Di conseguenza quando dobbiamo fare consulenza per un pilota che corre nelle serie minori sappiamo già dove intervenire sulla base del problema che ci descrive, e spesso oltre che sulla taratura della sospensione possiamo aiutarlo sull’assetto in termini più generali – nei team minori, non essendoci spesso un capotecnico che supervisiona tutto il lavoro, possiamo dare il nostro contributo partendo da uno sguardo complessivo alla moto. Vi faccio un esempio relativo a una delle situazioni più tipiche di questo ultimo periodo: non ha senso parlare di assetto delle sospensioni in staccata su una Superbike o Supersport senza sapere come è regolato il freno motore, che andrebbe gestito in sinergia con la taratura delle sospensioni. Quando si ha a che fare con team grandi e strutturati come spesso avviene nel Mondiale non possiamo certo sostituirci al Capotecnico o all’elettronico; nelle realtà minori il nostro intervento può invece arrivare a dare un parere qualificato anche su questo genere di aspetti grazie alla nostra esperienza ai massimi livelli».


Dove sta quindi in sostanza il vantaggio della tecnologia TTX?
«Al di là delle raffinatezze tecniche e di lavorazioni più precise, che quindi determinano registri più sensibili alle variazioni di taratura, come dice Kent Ohlin (il titolare di Ohlins, NdR) in persona, su un ammortizzatore tradizionale non c’è più molto da inventare, possiamo solo affinare. Il vero vantaggio del TTX sta nel lavorare a pressioni dell’olio più basse, e quindi con una maggior sensibilità alle piccole sollecitazioni, una maggior scorrevolezza e di conseguenza un miglior feeling da parte del pilota. Che alla fine della fiera è quello che conta di più: il pilota, ma anche l’amatore che va in pista per divertirsi con la sua moto, va forte non tanto quando ha grip, ma quando ha feeling, quando riesce a mettere la moto dove vuole. Il pilota poi quando ha feeling riesce ad andare anche oltre, gestendo quella zona grigia fra la perfetta aderenza e la derapata».


Abbiamo parlato di ricaduta sulla serie delle competizioni, però gli ufficiali in MotoGP e WSBK usano da diversi anni sospensioni Ohlins della serie TR, Through Rod. Una sospensione che nelle auto è già arrivata al mercato privato, mentre nelle moto ancora non se ne parla nemmeno.
«E’ vero. Sulle moto le TTX-TR, ovvero le sospensioni a tecnologia Through-Rod, portano due ordini di problemi: il prezzo, visto che non è una tecnologia ancora sufficientemente diffusa sulle due ruote da aver ammortizzato i costi, ma soprattutto le dimensioni. Sono sospensioni un po’ più ingombranti e lunghe delle TTX, e tanto la forcella quanto soprattutto il mono posteriore creano molti problemi di sistemazione sulle moto di serie. Gli scarichi sottopancia e i forcelloni massicci sono bellissimi, ma diventano una vera maledizione quando bisogna sistemare ammortizzatori e relativi serbatoietti dell’olio…».

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