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Negli anni Sessanta le moto da competizione a quattro tempi avevano tutte la distribuzione bialbero.
Le uniche a fare eccezione erano le Aermacchi Ala d’Oro (e la bicilindrica Linto) che derivavano da tranquilli modelli stradali ad aste e bilancieri. Non andavano piano e per diverso tempo sono state assai apprezzate dai piloti privati di tutto il mondo.
Per gareggiare ai massimi livelli però occorreva quel qualcosa in più che solo uno schema bialbero, con le sue minori masse mobili, può dare. La sua adozione consente il raggiungimento di regimi di rotazione notevolmente più alti e l’adozione di leggi del moto delle valvole più spinte, che vengono seguite inoltre con maggior rigore data la superiore rigidezza del sistema di comando. Tutto questo si traduce nella possibilità di ottenere potenze specifiche più elevate.
All’interno del reparto corse dell’Aermacchi si è a un certo punto deciso di trasformare un motore Ala d’Oro dotandolo di una distribuzione bialbero, comandata da una cascata di ingranaggi posta sul lato sinistro. Di questa moto, costruita nel 1967, si sa ben poco. Pare che ne siano stati realizzati due esemplari (o forse tre) e che la potenza ottenuta fosse dell’ordine di 35 cavalli a 13000 giri/min.
Uno è sicuramente in possesso dell’ex importatore della Aermacchi per la Svizzera, Yves Liengme, che di quando in quando lo porta alle manifestazioni per moto d’epoca. Questo stesso appassionato possiede anche un’altra Ala d’Oro bialbero, quella realizzata durante il tempo libero dal tecnico Celestino Piva, che lavorava nel reparto esperienze della casa. Nel suo motore il comando dei due alberi a camme in testa era posto però sul lato destro.
Queste interessanti iniziative non hanno avuto un seguito perché ormai stava diventando sempre più chiaro che per il futuro, in campo agonistico, non era più il caso di puntare sui quattro tempi. L’Aermacchi aveva già una valida 125 a due tempi e di lì a poco avrebbe visto la luce anche una 250 bicilindrica da competizione…
È interessante ricordare che la casa varesina aveva già avuto una esperienza, in fatto di distribuzioni bialbero, con un motore da cross del 1959 che è stato realizzato in versioni di 250 e di 500 cm3, assolutamente analoghe come disegno e costruite rispettivamente in 5 e 3 esemplari. Il motore di cilindrata maggiore aveva un alesaggio di 88 mm e una corsa di 82 mm ed era alimentato da un carburatore da 32 mm; la lubrificazione era a carter secco. Dotato di una potenza di 40 CV a 6200 giri/min, è stato anche installato in una moto che ha preso parte ad alcune gare con scarso successo. Ben presto è stata sostituita, con ottimi risultati, dalla versione da cross del classico modello ad aste e bilancieri.
Sul finire degli anni Novanta un tecnico piemontese ha realizzato una testa bialbero a quattro valvole per le Ala d’Oro. Un esemplare è stato montato su una di tali monocilindriche da competizione e si può di quando in quando vedere nelle manifestazioni.
All’inizio degli anni Settanta la Ducati ha varato un programma che prevedeva la partecipazione ai Gran Premi con una bicilindrica di 500 cm3. Per questa moto è stato realizzato un motore che adottava gli stessi schemi tecnici impiegati per la 750, che veniva sviluppata più o meno nello stesso periodo. Si trattava dunque di un motore a L, con albero a gomiti composito lavorante su cuscinetti volventi, lubrificazione a carter umido e cambio con presa diretta. Le misure di alesaggio e corsa erano le stesse impiegate sui monocilindrici 250 della casa bolognese: 74 x 57,8 mm.
La distribuzione era monoalbero con comando ad alberelli e coppie coniche e due valvole per cilindro, richiamate da molle a spillo (in seguito sostituite da un sistema desmodromico). Nel motore 750 stradale dei modelli GT e Sport le valvole venivano richiamate da molle elicoidali; il “desmo” è arrivato sui bicilindrici di serie solo con la Super Sport del 1973.
La potenza della 500 da GP, che ha corso nel 1971 e nel 1972, era prossima ai 70 cavalli a un regime di circa 11500 giri/min. Non male, però fin dall’inizio del progetto ai vertici della casa qualcuno pensava che forse ci sarebbe voluto qualcosa in più. Per questa ragione è stato contattato un abile specialista, assai esperto nei motori delle auto da competizione delle ultime generazioni, Renato Armaroli, che già aveva lavorato alla Ducati alla fine degli anni Cinquanta.
Il compito che gli è stato affidato era quello di modificare il motore di 500 cm3 dotandolo di quattro valvole (delle quali Taglioni non voleva sentir parlare) per ogni cilindro. Sopra ciascuna delle nuove teste realizzate dal tecnico bolognese erano fissati due castelli, ciascuno dei quali alloggiava un albero a camme e due punterie a bicchiere. Il comando della distribuzione, a cinghia dentata, era posto sul lato sinistro. La potenza ottenuta era di circa 74 CV a 12000 giri/min.
La moto è stata provata da Spaggiari alla fine del 1972 e all’inizio dell’anno successivo. Poi il programma di sviluppo è stato cancellato a causa della mutata politica aziendale.
La Moto Guzzi ha pensato a lungo a come fare evolvere i suoi classici bicilindrici a V trasversale di 90°. Se negli anni Settanta due valvole per cilindro comandate da aste e bilancieri andavano ancora bene, la situazione mutando con una certa rapidità e per il futuro sembrava il caso di pensare, per i modelli sportivi, a schemi costruttivi che consentissero di ottenere prestazioni più elevate.
Dietro una delle proposte più interessanti che sono state avanzate per aumentare le prestazioni dei classici bicilindrici di 1000 cm3 c’è il mitico Umberto Todero, tecnico insigne e a lungo autentica memoria storica della azienda.
Si tratta di un motore che mantiene la parte inferiore del modello di serie ma che adotta due teste completamente nuove, in ciascuna delle quali sono alloggiati due alberi a camme e quattro valvole (due collocate nella parte superiore e due in quella inferiore di ciascuna camera di combustione). Il comando della distribuzione è affidato a due cinghie dentate piazzate anteriormente.
Per quanto riguarda i condotti, è stata scelta la disposizione più logica, vista la disposizione delle valvole, con quelli di aspirazione rivolti verso l’alto e quelli di scarico che sfociano esternamente. L’albero a camme di aspirazione di ciascuna testa viene comandato dalla cinghia dentata e aziona quello di scarico per mezzo di ingranaggi collocati posteriormente.
Purtroppo questo interessante motore, realizzato verso la fine degli anni Ottanta, non è uscito dallo stadio di prototipo.