BMW R18. Il nuovo super Boxer 1800 e i richiami al passato

Il nuovo boxer BMW, presentato sulla R18, abbina una cilindrata e una tecnica fuori del comune a un’estetica straordinaria
16 gennaio 2020

La prima cosa che viene in mente osservando questo motore, sviluppato per equipaggiare una moto essenziale, dallo squisito gusto retrò, è che si tratti di uno splendido esempio di industrial art; in effetti però il bicilindrico della R18 è molto di più!

Esaminandolo come merita questo boxer fornisce infatti alcuni spunti tecnici di grande interesse (oltre alla cilindrata) e mette in mostra alcune soluzioni che, debitamente rivisitate in chiave moderna, non sono inedite per la BMW, anche se potrebbero sembrarlo.
Alla luce delle poche informazioni e delle ottime immagini finora fornite dalla casa bavarese, ecco alcune considerazioni e una prima descrizione di questo big twin.

La vista frontale mette in evidenza uno styling che sotto certi aspetti addirittura richiama alla mente l’art déco. I cilindri in lega di alluminio sono verniciati in nero, come quelli (in ghisa) di tante BMW del passato
La vista frontale mette in evidenza uno styling che sotto certi aspetti addirittura richiama alla mente l’art déco. I cilindri in lega di alluminio sono verniciati in nero, come quelli (in ghisa) di tante BMW del passato
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Oltre alla cilindrata molto elevata colpiscono la distribuzione ad aste e bilancieri e l’alimentazione che, almeno in una delle applicazioni, è affidata a un carburatore (automobilistico e doppio corpo!); due autentici ritorni al passato…
Poi però si guardano bene il particolare styling e il tipo di moto ai quali è destinato questo motore e le prestazioni che esso fornisce e tutto diventa più chiaro. Non erano certo i giri e le prestazioni di punta l’obiettivo dei tecnici che lo hanno progettato, ma una coppia mostruosa per un arco di giri che si estende per oltre la metà del campo totale di utilizzazione e una potenza (comunque cospicua in assoluto) ottenuta a una velocità di rotazione incredibilmente contenuta, meno di 5.000 giri/min.

Erano decenni che non si sentiva parlare di regimi di questo genere! E allora, in considerazione del fatto che si volevano anche richiamare schemi sia tecnici che estetici in passato tipici della BMW, appaiono più che logiche l’adozione di una distribuzione ad aste e bilancieri, di un albero di trasmissione lavorante allo scoperto e di lunghi condotti metallici che collegano le teste al carburatore.

Il motore della R18 ha un alesaggio di 107,1 mm e una corsa di 100 mm, valori record per un bicilindrico BMW (come pure la cilindrata, di ben 1.802 cm3). La potenza è di 91 cavalli a soli 4750 giri/min. La necessità di refrigerare convenientemente le zone delle teste più sollecitate termicamente (e non raggiungibili dall’aria), con particolare riferimento a quelle tra le valvole di scarico, viene impiegato un raffreddamento misto aria/olio.

In questa vista esplosa si possono osservare tra l’altro il basamento in due parti (che si uniscono secondo un piano verticale) e i bilancieri a tre bracci che azionano le quattro valvole poste in ciascuna testa. Il raffreddamento è misto aria-olio
In questa vista esplosa si possono osservare tra l’altro il basamento in due parti (che si uniscono secondo un piano verticale) e i bilancieri a tre bracci che azionano le quattro valvole poste in ciascuna testa. Il raffreddamento è misto aria-olio

Le aste della distribuzione sono alloggiate in tubetti cromati che passano superiormente ai cilindri (verniciati in nero per ricordare quelli in ghisa, impiegati dalla BMW fino al 1969). Le quattro valvole alloggiate in ogni testa, azionate da bilancieri a tre bracci, sono da 41,2 mm alla aspirazione e da 35 mm allo scarico e giacciono su due piani inclinati tra loro di 45°.

A differenza dei motori ad aste e bilancieri della straordinaria famiglia iniziata con la serie /5 sul finire del 1969 e terminata addirittura negli anni Novanta, qui non vi è un solo albero a camme nella parte inferiore del basamento ma ce ne sono due in quella superiore, come nella R5 del 1936 e delle successive R 51/1 e /2 (quest’ultima uscita di produzione alla fine del 1951).
Questa soluzione consente di ridurre la lunghezza delle aste, anche se comporta un costo di produzione più elevato. A comandare i due alberi a camme provvede una catena collocata anteriormente.

Il basamento non è a tunnel, come nei bicilindrici ad aste e bilancieri costruiti dalla casa bavarese dalla seconda metà degli anni Trenta per oltre cinque decenni, ma in due parti che si uniscono secondo un piano mediano verticale, come nei successivi motori a quattro valvole per cilindro con uno o due alberi a camme in testa.

Una novità di importanza straordinaria è costituita dal fatto che nel motore della R 18 vengono adottati per la prima volta nella storia delle BMW di serie (e di tutti i bicilindrici boxer) non due supporti di banco ma tre.
L’albero a gomiti in acciaio forgiato, che lavora interamente su bronzine, è così meglio supportato ma la distanza tra gli assi dei due cilindri risulta maggiore.

Questa soluzione non è però completamente inedita per la casa bavarese; è stata infatti utilizzata su di un bicilindrico boxer da competizione di 250 cm3 realizzato e provato al banco con risultati molto incoraggianti nel 1955, ma mai impiegato in gara a causa della cessazione della attività agonistica ufficiale da parte della BMW.
Il motore, contrassegnato dalla sigla M 207, aveva l’albero a gomiti composito che lavorava su cuscinetti a rotolamento; il basamento era in lega di magnesio e si apriva secondo un piano orizzontale.

Sul motore della R 18 torneremo per un’analisi più approfondita quando saranno disponibili maggiori informazioni.