Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
Forse sono un motociclista atipico, vallo a sapere, ma tra quelli di mia conoscenza sono uno dei pochi rimasti a non sfoggiare accanto la moto - in garage - anche una bella bicicletta. Eppure i punti di contatto tra i due mondi sono molteplici anche se accantoniamo che l'idea di moto degli albori è stata quella di applicare un motore alla bicicletta. C'è un tema di passione e di agonismo condiviso, certamente: a partire dai piloti di MotoGP tra cui ce n'è almeno uno che sono convinto non sfigurerebbe in competizioni di alto livello, fino al fatto che le Aziende che producono pneumatici per moto spesso vantano una divisione che si occupa di gommare le biciclette.
Business, ma anche tecnologia: tutti concetti oggi più che mai attuali a valle del bike boom di fine pandemia (e delle esigenze di sostenibilità) che ha portato alla ribalta un mercato esigente, nutrito da migliai di appassionati cui - lo ammetto: colpevolmente - chi scrive non ha ancora avuto il coraggio di unirsi. La curiosità però è tanta e del resto come dicevamo i collegamenti tra i due mondi sono talmente ramificati che non stupisce affato che il Centro Sperimentazione Pirelli di Giarre (che gran parte di voi ha certamente sentito nominare) abbia al proprio interno anche il Testing dedicato alle due ruote... senza motore.
È lì che incontriamo Matteo Barbieri, Responsabile della Divisione Cycling di Pirelli cui abbiamo posto qualche domanda su come la Casa italiana stia affrontando la sfida del mercato ciclistico nel quale è rientrata alle porte dei 150 di attività. Inziamo proprio da questo:
Avete iniziato con le bici 150 fa, nel vostro ritorno sul listino azionario nel 2017 avete ricominciato dalle biciclette. Pirelli e biciclette, un ritorno alle origini?
"Non tutti sanno che quasi 150 anni fa la primissima gomma prodotta da Pirelli fosse una gomma da bici. 150 anni dopo Pirelli è sul mercato con una serie di linee di prodotti molto noti e apprezzati: abbiamo i P Zero che sono sinonimo di performance, gli Scorpion che sono sinonimo di fuoristrada, e nell'area intermedia come sinonimo di robustezza e durata c'è il mondo del Cinturato che va dalla gomma stradale più resistente alla gomma gravel che è il passo immediatamente precedente al fuoristrada puro, ed è molto apprezzato. I nomi sono legati alla gamma di pneumatici per autovettura, che qui viene declinata per le due ruote: tutti conoscono il P Zero, il Cinturato e lo Scorpion, a cui abbiamo aggiunto la gamma per biciclette Urban; il pneumatico Angel che invece deriva dal mondo moto".
Siete tornati nelle bici con un approccio premium: è difficile comunicare un prodotto premium in un mondo che magari fino a qualche anno fa non era così orientato al premium?
"In realtà, il tema è la tecnicità che c'è dentro al mondo della bicicletta in assoluto e dello pneumatico per bicicletta in particolare. I prodotti più premium sono prodotti ad altissimo contenuto tecnologico, il che si sposa molto bene con il posizionamento di Pirelli in generale. Il pneumatico premium da ciclista è ultratecnologico, e tra l'altro anche l'utente che usa la bici in fuoristrada è un utente che apprezza la tecnicità tanto della bici che della gomma. Noi recentemente abbiamo lanciato la gamma Gravity, quella per l'utilizzo mountain bike più spinto come il downhill, con un alto livello di precisione e tecnicismo che si spinge fino al disegno del singolo tassello, alla ricerca della mescola migliore, e della struttura più adatta ad una gomma di quel livello. In più, Pirelli ha un'anima molto da off-road, abbiamo vinto decine di campionati di Motocross e siamo fornitore unico del World Rally Championship".
Tu vieni dal mondo auto e più precisamente dal ”Prestige”, e sei stato catapultato in questo mondo dove è quasi tutto da costruire: quanto hai capitalizzato della tua esperienza auto nell'ambito bici?
"Oggi sono il Responsabile di tutta la Divisione Cycling, che trasversalmente gestisco come se fosse una piccola azienda: dalla fabbrica di Bollate dove non sono il diretto responsabile ma che supervisiono insieme ai miei colleghi dell’area Operations, fino al marketing, alla vendita e alla logistica. La mia esperienza precedente era in campo auto, specialmente quella nel “Prestige” con i pneumatici di altissima gamma come quelli per Ferrari, Lamborghini, Aston-Martin, Bentley su cui Pirelli ha una quota elevatissima nel primo equipaggiamento e che cerca di capitalizzare al massimo al ricambio tramite il cosiddetto pull through (cercare di fidelizzare a quella gomma o a quel marchio il cliente n.d.r.); quel tipo di utente è molto più sensibile al prodotto rispetto al tradizionale guidatore d’auto, sa già cosa vuole, a volte fa un uso della macchina un po' più spinto, anche in pista dove percepisci in maniera nettissima la qualità del pneumatico. Nel ciclismo è così: non tutti, ma mediamente il ciclista è molto appassionato alla sua bici, legge, si informa, fa la manutenzione di base e quindi è molto cosciente di cosa sta comprando. La relazione con il consumatore è quindi ciò che ho ritrovato dal mondo auto dal quale provengo".
Una panoramica sull'offerta bici di Pirelli potrebbe stupire i profani come me: c'è davvero bisogno di tutte queste gomme?
"Il cliente è molto tecnico e sempre di più si sta andando verso la specializzazione di biciclette e componenti a seconda del tipo di utilizzo. La macro divisione è quella tra le categorie di bici: strada, gravel e mountain bike, poi all'interno c'è un mondo: mountain bike per esempio ha all'interno numerose sotto-segmentazioni che richiedono gomme diverse".
Come mai si è scelto di avere continuità con nomi come Cinturato, Scorpion o P Zero, nati in ambiti diversi? Funziona questo traino dal mondo auto e dal mondo moto?
"Sì, funziona perché i nomi delle nostre linee di prodotto hanno una notorietà e una potenza presso il consumatore quasi come se fossero ognuno un brand. Ad esempio, la F1 ha ulteriormente esaltato P Zero e Cinturato, stiamo parlando di brand sul mercato da 40 e più anni, molto noti al consumatore e che trasposti nel mondo della bicicletta hanno avuto subito un grande successo".
Condividete il reparto testing con il reparto moto, a Giarre. Questo fa intuire la complessità dello sviluppo di una gomma da bici. Quanto viene mutuato dal mondo moto o viceversa?
"C'è sicuramente un lavoro importante sui materiali, che sono una componente fondamentale nella riuscita di un buon pneumatico. Anche nella bici la mescola è molto importante e uno dei grandi punti di forza di Pirelli è che siamo parte di un grande gruppo e chi studia, ad esempio, le mescole, lo fa per tutti. Nel caso del moto a volte ci sono derivati più immediati, la gamma Angel ha per esempio i profili tipici della gomma da moto – che peraltro sono molto belli da vedere dal punto di vista estetico – e i disegni battistrada ne riprendono esattamente i disegni; poi tutto è ovviamente calato nel mondo della bicicletta. Però il travaso di tecnologia è evidente e con la leadership forte che abbiamo nel moto è sicuramente una cosa che funziona molto bene. In più, moto e cycling sono parte di un'unica business unit, alcune persone lavorano su entrambi i business e portano a fattor comune le competenze su tutta la linea. Uno dei casi è il testing qui a Giarre dove il coordinamento è di Salvo Pennisi, la struttura è la stessa, tutti parlano con tutti, c'è un travaso di competenze a livello di abilità e di cura nel dettaglio; questa è una struttura eccezionale che non so quanti dei nostri concorrenti possano dire di avere. Noi abbiamo persone in grado di mettere a punto il pneumatico fino ad un livello in cui un ciclista normale farebbe fatica a percepire la profondità del dettaglio".
Quanto può essere sensibile la differenza tra montare una gomma giusta e adatta alla propria bicicletta e una gomma “qualsiasi”?
"Non sempre è possibile per l'utente fare il raffronto diretto: spesso si cambia gomma quando quella vecchia si è già notevolmente usurata e quindi la percezione di qualità è più l'effetto della gomma nuova che l'effetto del cambio di tipo di pneumatico. Se si potesse fare come fanno i nostri tester, ovvero confronti back to back a parità di tutto, ti accorgeresti che la differenza è abbastanza sensibile, sia sulle performance che sulla sicurezza".
Quanto è grande il peso della Divisione Bici sull'intero business Pirelli?
"Il core business di Pirelli è rappresentato dalle attività nei settori car e moto ed essendo rientrati solo recentemente nel settore bici, contribuiamo in maniera minore al risultato dell’intero gruppo. Abbiamo avuto, però, la fortuna e la bravura di cavalcare il momento di bike-boom, del mercato che ha tirato fortissimo, mentre nella seconda parte del 2022 lo scenario è cambiato. Abbiamo sfruttato il momento migliore perché abbiamo messo a frutto tutti gli investimenti che avevamo fatto nel marketing, nella comunicazione e soprattutto l'avvio della fabbrica di Bollate, e mettendo tutto insieme abbiamo capitalizzato al massimo il momento favorevole e ci stiamo portando a casa tre anni di crescita molto importante. Non è finita, come Pirelli non possiamo che ambire a essere tra i primi tre o quattro produttori a livello mondiale: non siamo ancora a questo livello, ma ci stiamo avvicinando parecchio e l'obiettivo da qui ai prossimi due anni è arrivare sul podio".
Posso avere una tua opinione sul bike boom e su questi anni che hanno influito sulla voglia di bicicletta e sul cambio di prospettiva della gente?
"A dire il vero, al netto del completamento dell'offerta consumer di Pirelli, c'è stato un grande studio prima di rientrare nel ciclismo e devo dire che ben prima del bike boom alcuni colleghi in azienda avevano fatto ricerche di mercato e strategiche, con una previsione di un grosso incremento di mercato delle biciclette, dato da un trend verso un maggior utilizzo della bici, minor uso della macchina. Città che andranno verso una chiusura e verso l'utilizzo di mezzi “verdi”, un trend salutista; questo è stato clamorosamente accelerato dal covid, che ha dato una botta d'energia dovuta essenzialmente a due fattori: c'è stato un periodo in cui non potevi far altro che star da solo e una delle cose che potevi fare era andare in giro in bici, l'altra è che quando si è tornati alla normalità la gente era molto spaventata nel prendere i mezzi pubblici e molti hanno considerato l'opzione di andare al lavoro in bicicletta. Si sono uniti l'utilizzo leisure al commuting, e da qui non si tornerà indietro. Non trovo che sia una bolla, non vedo un mercato che crolla, soprattutto nel campo dei pneumatici che sono un bene di consumo. Vedo un mercato che rallenterà un po' nel tasso di crescita, che è stata veramente importante negli ultimi due anni, ma è un mercato solido, una sorta di nuovo ritorno alla normalità con tassi di crescita comunque interessanti basati su un plafond di utilizzo molto più alto perché ci sono molte più bici in giro e la gente le usa di più. Peraltro nella logica del ricambio vediamo anche arrivare tutte le bici acquistate nel 2020/21".
Siete tornati a produrre a Bollate, storico stabilimento Pirelli: un passo necessario per riportare il marchio Made in Italy sulle vostre gomme, il valore di un ritorno alle origini, un tratto d'orgoglio, un posizionamento ultra premium e fiore all'occhiello per le vostre esportazioni o un soltanto un reshoring?
In realtà è un po' tutto quello che hai detto. La fabbrica era una fabbrica per la produzione dedicata alle vetture, che si è resa disponibile per i pneumatici bicicletta con una tempistica perfetta nell'ambito del bike boom. L'abbiamo lanciata quest'anno e i primi pneumatici sono stati venduti a febbraio, i P Zero 4S che hanno subito avuto un ottimo riscontro dal mercato. La scelta è stata di convertire uno stabilimento vettura in uno stabilimento che produca esclusivamente pneumatici bicicletta. È un impianto ultramoderno, nel senso che la fabbrica è stata completamente rivista, tutti i macchinari di produzione sono nuovi, ed è stata mantenuta al 100% l'occupazione che c'era prima. È stato un grande lavoro di squadra, una grande operazione di novità, conferma che in questo campo Pirelli vuole investire dando anche molta credibilità alla nostra venture nel ciclismo. Bollate è a 10 minuti dal nostro headquarters mondiale, e aiuta moltissimo l’attività di sviluppo prodotto: quasi tutti i nostri competitor hanno le fabbriche molto lontane, noi l’abbiamo “sotto casa” (c'è da aggiungere che il resto della gamma viene acquistato esternamente presso diversi fornitori europei ed extraeuropei n.d.r.). La produzione in Italia, inoltre, per un produttore europeo, è fondamentale. Questo è dovuto al fatto che non solo è uno stabilimento vicino a molti produttori europei di bici, ma c'è il grosso plus dell’alto apprezzamento dal mercato del Made in Italy. L'ideale è adesso far crescere la produzione, mettere a regime la fabbrica e fare gomme che soddisfino le esigenze anche dei ciclisti più esigenti, per così dire “Prestige”".