Borile Bastard, il test della creazione di "Umbe"

Nel suo genere la Borile è un'eccellenza italiana. Le sue moto sono pensate, realizzate e rese uniche dallo stesso mix di genio, manualità e sapienza che si ritrovano nella migliore artigianalità italiana. Abbiamo provato la Bastard e parlato con Umberto Borile
22 agosto 2014

Punti chiave

E’ dura essere vintage sul serio: sei mesi per farmi crescere capelli e barba in stile Cugini di campagna, giorni e giorni per ritrovare nei meandri degli arma di mia madre un giubbino di pelle originale anni Settanta, con un colletto così largo e a punta che ci vorrebbe il porto d’armi per indossarlo. E poi, per finire con la classica ciliegina sulla torta, il restauro di un meraviglioso casco AGV Ago del 1975, con l’imbottitura che cadeva a pezzi, e che adesso si riesce a calzare decentemente. Insomma: tutto è pronto.

Ho deciso di iniziare questo viaggio nella grande bellezza del motociclismo italiano da una realtà che conosco molto bene e, nell’occasione, avrò anche l’opportunità di testare in esclusiva una moto in esemplare unico giusto prima che finisca nelle mani del suo legittimo proprietario: la Bastard. Comincio con “Umbe”, così come chiamano affettuosamente gli amici e i più stretti collaboratori il mitico Umberto Borile.
Sì lo so già cosa state per dire: “...ancora lui!”, “ne parlate troppo”, “le sue moto non mi piacciono e costano pure un botto” e avanti di questo passo. Io invece non sono d’accordo. Umberto Borile con la sua piccola azienda artigianale incarna quello spirito di homo faber di cui il motociclismo italiano è intriso fin dalla nascita. Le sue moto se le fabbrica con le sue mani, se le suda, se le prova e poi se vanno anche bene e gli piacciono le produce in piccola serie.


A proposito di moto artigianali, nel video qui sotto Borile risponde a chi giudica le suo moto troppo costose. 

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Affascinante Bastard

Per l’ultima nata della famiglia è stato scelto il nome Bastard, che è già tutto un programma. Non è esattamente una moto, ma una ciclistica completa di sovrastrutture che può essere allestita con diverse motorizzazioni, sia fornite dalla casa che portate in dote dal cliente. In pratica una custom su misura in stile assolutamente e rigorosamente classico. Come piace al suo creatore. Sennò perché avrei fatto tanta fatica per essere anch’io a tono nell'abbigliamento?
Come va, com’è fatta e che voce ha la moto in questione lo potete vedere nelle immagini del video che ci siamo divertiti a girare come se avessimo usato una vecchia cinepresa da 8 mm. Ma è giusto anche dare qualche dettaglio in più e allora vi dico, senza mezzi termini, che per chi scende da una cavalcatura moderna salire sulla Bastard è una doccia fredda! Per chi invece ricorda con affetto le moto di una volta è un piacevole tuffo nel passato. Quattro marce, cambio a destra con indicatore del rapporto inserito sul carter (sic!), frizione maschia e zero strumentazione. Vi basta questo come inizio?

Borile e la sua Bastard
Borile e la sua Bastard

L’ultima creatura di Umbe è bassissima e acquattata sulle sue ruotone da 18” al posteriore e da 19” all’anteriore, ha una sella piatta e dura come una panca e il manubrio largo e diritto come le GP degli anni Cinquanta che dà la sensazione a chi la guida di correre tenendo i palmi delle mani direttamente a contatto con l’asfalto.
Il motore di questo esemplare, un Triumph T100 degli anni Settanta accuratamente rigenerato, più che una procedura di avviamento ha bisogno di un vero e proprio rito di accensione per essere messo in moto. Rubinetti della benzina chiusi, piccolo cicchetto sui carburatori Amal, chiusura della pedana destra altrimenti la leva del kickstarter ci va a sbattere contro, piccolo momento di raccoglimento e concentrazione dello sforzo e Vraaam. Se tutto va bene...

Il motore ha un sound incredibile grazie al suo timbro inconfondibile e allo spettacolare impianto di scarico in titanio realizzato da Spark espressamente per questo esemplare della Bastard. Un dettaglio tra i tanti raffinatissimi che, tra lamiere di alluminio battute a mano e leghe leggere un po’ ovunque, porta il peso complessivo del mezzo al risultato finale verificato sulla bilancia di appena 136 kg in ordine di marcia con tutti i liquidi. Proprio come le moto moderne, no?

Il telaio è rigidissimo e le sospensioni pure, la sella praticamente non ha imbottitura e il motore è montato senza supporti elastici... una tortura, starete pensando. E invece no

In marcia bisogna avere un po’ di pazienza. Il vecchio Triumph ha bisogno, come tutti i propulsori raffreddati ad aria ad aste e bilancieri dell’epoca, di essere scaldato per bene per funzionare a dovere. Una volta raggiunta la giusta temperatura però sa regalare sensazioni impagabili. Ha schiena e regolarità di funzionamento che non ti aspetteresti mai ed è fluido sopratutto ai medi regimi. Il cambio invece mostra tutta la sua età, va azionato lentamente ed è un po’ impreciso.

Il telaio è rigidissimo e le sospensioni pure, la sella praticamente non ha imbottitura e il motore è montato senza interposizione di elementi elastici... una tortura, starete pensando. E invece no. Certo non credo che con la Bastard ci si potrebbe fare un lungo viaggio e di sicuro non è stata pensata per questo, ma credetemi a ogni apertura del gas è una goduria. Le vibrazioni del motore e il contatto con l’asfalto ti entrano direttamente nella pancia come una sensazione primordiale.

Ancora prima di essere efficace o meno è un oggetto talmente diverso da quello che offre il mercato di oggi che non ha senso fare paragoni. E’ fatto solo per dare piacere: a guardarlo, ad apprezzarlo per la sua unicità, a guidarlo per godere di queste sue caratteristiche così peculiari. Per questo anche il prezzo della moto priva di propulsore, che in assoluto è molto alto, per alcuni potrebbe essere scandaloso mentre per altri può apparire assolutamente giustificato. Come sempre le cose dipendono da quale prospettiva le si vuole guardare.
Per quanto mi riguarda, sceso dalla moto a caldo ho cominciato a pensare che sì, me la sarei fatta io. Motore monocilindrico GM bello bombardato, un po’ più alta di sospensioni dietro, sella più sagomata, ruota anteriore da 18 per montare gomme più performanti, due dischi piccoli per avere più mordente su una forcella più scorrevole, sovrastrutture in alluminio lucidato con la scritta "little bastard" come la Porsche di James Dean... una figata! In fondo sognare non costa nulla, no? 

Andrea “Artù” Artusi