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Ero certo di essere stato molto chiaro, nel proporre l’argomento di discussione nel mio precedente Botta e Risposta intitolato “Prima si prova, poi si parla”.
Che non intendeva assolutamente essere un sermone morigeratore di giudizi/commenti altrui (ovvero di voi lettori), che siete assolutamente liberissimi di esprimere le vostre opinioni su un determinato argomento, ci mancherebbe. Magari - se possibile, sia chiaro! – evitando invettive, insulti ed odiose allusioni nei confronti di chi scrive, oppure verso chi ha avuto il “torto” di aver creato una moto ritenuta brutta e/o inutile, e magari pure troppo costosa.
Come avevo anche sottolineato, nonostante la mia età decisamente matura spesso sono ancora un po’ ingenuo, ed il risultato di ciò è stato una sorta di condanna senza mezzi termini nei confronti della esecranda casta dei “giornalai”, di quelli che vengono pagati dalla Case per parlarne bene, e – questa è una vera perla - che vanno in giro “ a scrocco” con le moto in prova.
Come se le moto per noi non fossero mezzi per svolgere il nostro lavoro (certo, anche per divertirci, ci mancherebbe altro!), che è anche quello di provarle, e poi cercare di riportare ai lettori il più fedelmente possibile le nostre sensazioni. Che, per carità, non è affatto detto che coincidano con quelle di chi legge, che magari, provando poi la stessa moto, non si troverà concorde con quanto aveva letto. Anche perché, come voi mi insegnate, non siamo tutti uguali.
Però, cari amici (se posso permettermi), vi garantisco che non solo io e i colleghi di Moto.it, ma il mondo del giornalismo motociclistico è in gran parte fatto da veri appassionati, parecchi dei quali con un grande bagaglio di esperienze sulle spalle; gente che va in moto più o meno sempre, anche quando molti di voi sospendono l’assicurazione perché inizia a far freddo.
Come vi garantisco – qui parlo per me, ma sono certo che sia così per tantissimi giornalisti/tester – che sono sempre stato orgoglioso di potervi trasmettere le mie sensazioni dopo aver provato (molto spesso in occasione di una invidiatissima anteprima) un modello magari molto atteso, e che non mi sono mai sentito un beato pontificatore che distribuisce il verbo motociclistico dall’alto di un inesistente trono di saggezza. Anzi, è capitato anche che si scherzasse su qualche disavventura, come quando, sullo storico mensile LaMoto, che ormai non c’è più da anni, pubblicammo le foto di quel mio “cappottone” con la Buell S1, citate dal lettore Wormbike: si, le pubblicammo perché erano belle e spettacolari. E da qualche parte ho ancora le diapositive della sequenza, quindi non escludo che prima o poi le riutilizzeremo su Moto.it (eccoti accontentato, Tanketto, guarda la gallery. Ndr)..
Insomma, ritenendomi una persona corretta e in buona fede, riscontrando quella sfilza di commenti molto duri ci sono rimasto davvero malissimo. Soprattutto perché, come avevo chiaramente specificato in quel mio articolo, non intendevo affatto tirare in ballo la Diavel, se non a titolo esemplificativo. Il problema che ha creato quel gran subbuglio sta tutto nel fatto che ho malauguratamente citato un commento sulla presunta guidabilità di una delle moto più chiacchierate (quasi sempre in negativo) degli ultimi mesi: ovvero la Ducati Diavel.
Insomma, ho preso la palla al balzo per creare un argomento di discussione sui giudizi gratuiti e senza possibilità di appello, senza la benché minima intenzione di “prendermi sul serio”, di moralizzare chissà chi e che cosa, di favorire questo o quel costruttore, o di ordire chissà quale altro piano diabolico. In definitiva, sarei dovuto stare sulle generali. E invece, ecco che è scattata immediatamente la solita diatriba infinita tra ducatisti e non ducatisti, tra ducatisti e la stessa Ducati (rea di aver costruito una moto che a loro “fa schifo”, invece della SS o della Supermono, o vattelappesca), tra italianisti e filo-giapponesi, e via dicendo.
Per di più, tra i numerosissimi “fuori tema”, è arrivato bel bello anche Harvey, che mi ha apostrofato così: "Caro Maurizio, hai per caso idea di quanto tempo impieghi un comune lavoratore dipendente per accumulare una cifra tale!?". Altroché se me ne rendo contro, caro Harvey, non vivo mica su Marte, e non sono Zio Paperone. Vado in moto praticamente sempre dal 1967, e per quanto mi riguarda fin da allora le moto sono sempre state TUTTE troppo care. Lo dicevo pensavo già dai primi anni settanta, quando la Honda CB750 Four costava circa un milione, la mitica Ducati 750SS un milione e settecentomila, e io ne guadagnavo mensilmente poco più di centomila. Inoltre ho il vizietto di ragionare ancora in lire, quindi mi rendo a maggior ragione conto di quanto costi la Diavel, dunque concordo pienamente con te. Però, consentimi, che cavolo c’entrava la tua domanda, nel contesto di un articolo nel quale si sarebbe dovuto discutere di guida?
Insomma, io mi ritengo un motociclista più che navigato, con una buona esperienza alle spalle, visto che ‘sto benedetto lavoro lo svolgo dalla fine degli anni settanta (era Alessandro374 che poneva questa domanda: “sarei curioso di sapere quale esperienza pregressa hanno tutti questi giornalisti sportivi, dai nomi sconosciuti”?). Ho solamente espresso una mia opinione, suggerita dall’esperienza, riguardo ai giudizi aprioristici su una moto non ancora provata da nessuno. Sarò libero, o no, di esprimere il mio pensiero – che peraltro ribadisco a spada tratta - rivolgendomi da motociclista a motociclisti, senza dover scatenare un tifo da stadio (trovo il calcio insopportabile, principalmente a causa dei tifosi)?
Mi avvio a concludere con un chiarimento: a me le moto piacciono più o meno tutte (magari quelle da speedway no, ma forse perché non le ho mai provate), e mi sono spesso innamorato di moto di ogni tipo. Parlando di “bella guida”, è ovvio che una custom difficilmente potrà dare le soddisfazioni tipiche di una supersportiva, un naked, una motard. Però anche una moto insospettabile potrebbe essere ugualmente molto piacevole da usare, sia andando a spasso che a ritmi discretamente sostenuti: come la Kawasaki Mean Streak, per citarne una con la quale mi ero divertito non solo io, ma anche i miei colleghi.
Come è quasi matematico che una qualunque celebrata supersportiva si prenda le mele da un’agile e ben dotata monocilindrica (un’ Aprilia Pegaso è più che sufficiente, già con la KTM 690 SM sarebbe come sparare sulla Croce Rossa) su un bel misto stretto di montagna. Il tutto, chiaramente, con in sella piloti di pari perizia.
E a questo punto concludo tornando al discorso della guidabilità presunta, rifacendomi in parte al commento in cui Dave4847 ha messo a confronto alcuni dati relativi a Diavel, V-Max (escludo l’Harley V-Rod per ovvii motivi di dissonanza prestazionale rispetto alle altre due, anche se il segmento è teoricamente il medesimo).
Vediamo:
Ducati Diavel: potenza: 162 cv/9.500 giri - coppia: 13 kgm/8.000 giri - interasse: 1.590 mm - avancorsa: non dichiarata - inclinazione cannotto: 28° - gomme ant/post: 120/70x17” e 240/45x17” (su cerchio largo 8”) - peso dichiarato: 210 kg a secco.
Yamaha V-Max : potenza: 200 cv/9.000 giri - coppia: 17 kgm/6.500 giri - interasse: 1.700 mm - avancorsa: 148 mm - inclinazione cannotto: 31° - gomme ant/post: 120/70x18” e 200/50x18” - peso dichiarato: 310 kg in ordine di marcia.
Non ho provato la V-Max, ma ho letto i vari test pubblicati, e mi sono fatto anche raccontare per benino dagli amici Stefano Cordara, Marco Selvetti e altri colleghi le loro impressioni, dalle quali la formidabile Yamaha esce come moto assolutamente sorprendente da guidare, in rapporto alla tipologia chiaramente. Come del resto lo sono altre insospettabili (per chi non le conosce) come Suzuki B-King, BMW R1200RT, e perché no, anche molte Harley.
A questo punto mi domando: ma una moto corpulenta come la V-Max, con un’avancorsa e un interasse del genere, quel cannotto così inclinato, quel peso da Electra Glide (altro mezzo piacevolissimo da usare, magari non al Mugello chiaramente), quel gommone posteriore e oltretutto con le ruote da 18”, come può essere così bella da guidare? Mah…
Buone Feste a tutti voi!