Brasile 2ª tappa. Tra Autovelox e "vitapersa"

Brasile 2ª tappa. Tra Autovelox e "vitapersa"
Si lascia la costa per scoprire l'entroterra e le montagne del Brasile. La meta è Rio
17 settembre 2014

La prima di due settimane del nostro tour del sudest brasiliano è passata in un batter d’occhio. Abbiamo percorso tutta la parte di itinerario sulla costa e da due giorni ci siamo inoltrati verso l’interno e le montagne. Qui siamo all’inizio della primavera ma mentre sulla costa il vento mantiene le temperature anche sotto i 20 gradi alla sera, nell’interno il Brasile è già un forno.
Il nostro viaggio sta procedendo bene anche se c’è stato qualche piccolo contrattempo. Sull'Isola di Ilhabela, Sandro ha avuto un piccolo incidente con un’auto che gli ha svoltato davanti mentre lui stava superando. Per fortuna la velocità di entrambi era prossima a zero e Sandro ha semplicemente appoggiato la moto su un fianco ed è saltato via come un gatto. La valigia di sinistra ha assorbito l’impatto con il terreno, ma una Transalp carica non è proprio un fuscello. La valigia non si è danneggiata, ma l’attacco si è piegato e leggermente dissaldato.

Per un paio di giorni ha tenuto ma alla fine le vibrazioni del giro in fuoristrada sul Pontal do Atalaia presso Cabo Frio hanno avuto la meglio e abbiamo fatto gli ultimi chilometri al rallentatore per non perdere la valigia per strada. Per fortuna abbiamo trovato immediatamente una piccola officina che ha saldato e rimesso in dima tutta la struttura in meno di mezz’ora. Unico neo il prezzo, ben 60 R$ (circa 20 Euro) ovvero la paga media quotidiana di un operaio specializzato… Per fare quasi lo stesso lavoro in Colombia a maggio avevamo pagato 5 Euro.

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Comunque l’importante è che siamo ancora per strada. Come vi dicevo settimana scorsa, Sandro ha tracciato l’itinerario con tappe piuttosto brevi, tra i 250 ed i 300 km al giorno. Ma i tempi di percorrenza rimangono lunghi ed ogni giorno passiamo diverse ore in sella. Le strade qui sono belle e generalmente ben asfaltate, ma molto trafficate, specialmente di grossi camion. Inoltre sono disseminate di dossi per ridurre la velocità che alla lunga diventano odiosi. Sono ben annunciati dalla segnaletica, ma essendo piuttosto alti costringono anche noi a rallentare fino a circa 30 km/h, magari dopo aver fatto il tratto precedente a 80 o anche 100 km/h (rispettando il limite). Non sembra niente di che, capisco, ma in alcuni tratti questi dossi che - qui chiamano “lombadas” - si susseguono alla cadenza di uno ogni 500-800 metri e ti spezzano il ritmo.

Altra gran rottura di scatole sono le “fiscalisazao” ovvero gli autovelox disseminati ovunque: anche essi sono ben segnalati in anticipo, ma allo stesso modo delle lombadas impongono velocità che sfiorano il ridicolo, spesso 40 km/h su stradoni il cui limite prima e dopo è di 80 km/h.

Chi invece abbiamo iniziato davvero ad odiare sono i “vitapersa”, al punto che ci avvertiamo a vicenda via interfono quando li vediamo sbucare dal nulla. È un termine che abbiamo coniato noi per descrivere motociclisti (ma anche qualche automobilista) locali che di colpo si svegliano al nostro passaggio e pretendono di insegnarci una lezione di guida. Non potete immaginare che tipi di rischi corrono per sorpassarci (anche all’interno, manco fossimo a Brands Hatch) con le loro 250 o 300cc, ben protetti da un casco non allacciato (qui il cinturino lo tagliano perchè dà fastidio…), canottiera, bermuda e infradito.
 


Ad essere sincero un “vitapersa” ci ha davvero dato una bella pettinata sulla strada verso Nova Friburgo, un tratto di bosco tutto tornanti e curve cieche e anche con il sole del tardo pomeriggio in faccia. Il VP, che aveva anche uno zainone sulle spalle, evidentemente conosceva la “pista” a memoria: io dopo una decina di chilometri e un quasi dritto nel tentativo di tenerlo dietro ho mollato, Sandro ha tenuto alta la bandiera italiana un bel po’ più a lungo, ma anche lui ha dovuto cedere su una chicane cieca nel cui centro c’era pure un ponticello. Il vitapersa l’ha fatta “piena” con la sua XT300 vecchia di 15 anni, ed è sparito in tre curve.
 

L’ultimo aneddoto di questa parte del viaggio lo riservo a Rio de Janeiro, dove ci siamo fermati rapidamente per fare qualche foto sul litorale sud e davanti alla spiaggia di Copacabana. Alla sera, guardando la TV a Cabo Frio, dove ci siamo fermati per la notte, abbiamo scoperto che dopo circa un’ora che eravamo stati lì a fotografare, un gruppo di ragazzini delle favelas ha preso di mira l’adiacente spiaggia di Ipanema e ha fatto razzia di borse ed effetti personali dei bagnanti. Ma il vero disastro  l’ha combinato la Polizia, che per ristabilire l’ordine ha attaccato a testa bassa tra la folla, lanciando granate stordenti e  distribuendo manganellate a casaccio. Il video amatoriale girato da un bagnante ha esposto nuovamente uno dei grandi problemi del Brasile, dove anche Sandro dice che tante volte bisogna avere più paura della Polizia che degli stessi delinquenti.

Pietro Ambrosioni

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