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La data dell'effettiva uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea è certo ancora lontana - si parla di un periodo di transizione che dovrebbe durare per tutto il 2020 - ma certo è che dopo la votazione di ieri ha fatto registrare una vittoria schiacciante per il leader dei Tory britannici, Boris Johnson, la Brexit sia molto più vicina. Tutti gli analisti concordano sul fatto che l'accordo proposto da "BJ" passerà entro il 31 gennaio, la scadenza fissata dai leader europei dopo una serie interminabile di rinvii.
Nel 2020, quindi, formalmente l'UK non farà più parte dell'Unione Europea anche se di fatto lo resterà, per permettere ai tecnici di accordarsi sui temi più importanti: dalla giustizia alla sicurezza, fino - soprattutto - agli accordi commerciali, che paradossalmente potrebbero essere il nodo più difficile da sciogliere.
Il mondo delle due ruote europeo ne verrebbe impattato nella misura in cui Triumph, casa britannica (anzi inglese) con sede a Hinckley, diventerebbe improvvisamente un costruttore esterno all'Unione Europea. Abbiamo quindi chiesto ad Andrea Buzzoni, dalla scorsa primavera Direttore Generale della filiale italiana di Triumph, quali conseguenze la cosa potrebbe avere per i clienti italiani.
"Nella realtà credo che si tratti di un falso problema e che di fatto non ci saranno conseguenze degne di rilievo" ci ha spiegato Andrea. "Se consideriamo il mercato europeo per noi rilevante, ovvero quello delle moto sopra i 500 cc, vediamo come i volumi siano composti di un 52% di moto che provengono da paesi extra-europei, dal Giappone agli Stati Uniti fino ad altri paesi orientali. Moto che al momento attuale non pagano alcun dazio, quindi ritengo piuttosto improbabile che misure di questo tipo vengano applicate al prodotto britannico."
"Tutto questo a maggior ragione se pensiamo che la Gran Bretagna è un paese che ha accordi commerciali consolidati con i paesi europei da tempo immemorabile, a differenza fra l'altro di gran parte dei paesi asiatici, quindi... perché dovrebbero venire applicati dazi o penalizzazioni al prodotto Made in England quando non ne sono previsti per il Made in Japan o il Made in China? Peraltro, un 80% della nostra produzione avviene in Thailandia, quindi di fatto non dovrebbe cambiare pressoché nulla".
"Certo, potrebbero esserci complicazioni burocratiche che potrebbero complicare la vita alle filiali, ma non riesco a immaginarmi in che modo questo potrebbe riflettersi sul cliente finale, anche perché - diciamocelo chiaramente - della Brexit si sta discutendo da ormai qualche anno e a Hinckley hanno avuto tutto il tempo di fare analisi e previsioni, e definire strategie per affrontare tutte le potenziali problematiche".