Bruno Ruffo: il 9 dicembre avrebbe 100 anni

Bruno Ruffo: il 9 dicembre avrebbe 100 anni
Veronese, classe 1920, Ruffo conquistò tre titoli mondiali consecutivi agli albori del motomondiale su Moto Guzzi 250 , Mondial 125, ancora Guzzi 250. Fu anche il primo italiano a vincere un GP del campionato, a Berna, nella edizione del ’49
7 dicembre 2020

Non mi è ancora capitato di ricordare la figura di Bruno Ruffo e l’occasione è perfetta: il prossimo 9 dicembre il grande campione veronese compirebbe cento anni e il figlio, Renzo, amerebbe festeggiarlo non soltanto in casa, con la mamma ancora in gamba a novantacinque anni, e anche in pubblico, sul sito. Bruno è scomparso nel febbraio del 2007.

Ruffo (9 dicembre 1920) era una bandiera della Moto Guzzi, chiamato in squadra dopo i suoi successi da privato, tra i quali la vittoria nel GP delle Nazioni del ‘48; fu il primo pilota a portare l’aquila di Mandello al titolo mondiale: 1949, anno numero uno del campionato FIM, classe 250. Di titoli Bruno ne vinse altri due consecutivi: nel ’50 quello della 125 con la Mondial, perché la Guzzi aveva ridotto l’impegno e quell’anno lo lasciò libero, infine nel ’51 ancora in duemmezzo e su Guzzi.

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E Ruffo è stato anche iI primo pilota italiano a vincere una gara iridata: un primato sul filo di lana, per un solo giorno su Nello Pagani. Era il 1949, la prima gara in calendario era il TT e gli italiani di solito restavano a casa (“tanto vince uno di loro”), poi era il turno del GP di Svizzera sul circuito stradale Bremgarten di Berna, 7.280 metri. Per inciso, laggiù l’anno prima si era corso il GP di Svizzera ed Europa, una delle grandi prove internazionali, e si era registrata una vera catastrofe con tre vittime illustri tra piloti di moto e di auto: in momenti diversi persero la vita Tenni, Varzi e lo svizzero Kautz!

Dal ’55 in Svizzera non si sarebbe corso mai più, ma in quel 1949 il programma prevedeva la corsa delle 250 il sabato, 2 luglio, su 18 giri. Vinse appunto Ruffo, secondo Ambrosini (su Benelli a 40”), terzo Fergus Anderson (Guzzi) a 49” e con il giro più veloce, quarto Mastellari (Guzzi). Invece la 125 si disputò la domenica sui 14 giri: Pagani (Mondial) precedette Magi (Morini), Cavaciuti (Mondial), Ubbiali (MV) e Masetti (Morini). Italiani protagonisti assoluti e Nello Pagani, che come Ruffo si sarebbe aggiudicato il titolo, fece anche il giro veloce.

Dal box un segnale: rallenta

Ma nella vita di un pilota, quando diventa un ex, le sconfitte sono più pesanti dei successi. E se sono state vissute come una ingiustizia bruciano per sempre. Renzo Ruffo, che adora il padre e ha memorizzato tutti i suoi racconti, tiene a ricostruire ciò che accadde nel 1952 quando Bruno, nella squadra ufficiale Guzzi, dopo i tre titoli era il favorito. E invece fu fermato.

Bruno Ruffo
Bruno Ruffo

Sei GP da correre: in Svizzera (a Berna) Ruffo ruppe il motore e vinse Anderson su Lorenzetti; al TT Ruffo era in testa, quando gli segnalarono di far passare Anderson che aveva una ventina di secondi di ritardo: la vittoria di un pilota locale era più utile alla pubblicità della casa di Mandello, che esportava poco. Ruffo, per la rabbia, quasi si fermò e lo passarono in tanti, anche il terzo Lorenzetti che aveva quasi un minuto di ritardo. Lì Ruffo si piazzò sesto. Poi si andò in Olanda e Ruffo secondo, dietro a Lorenzetti.

Sembra, e lo disse anche Roberto Patrignani, grande cultore della Moto Guzzi, che a quel punto parve più opportuno che a vincere il titolo fosse un altro pilota, meno famoso. “Mettevi in ombra la Moto Guzzi!“ fu detto a Ruffo, e questa è una storia che ritorna spesso, nelle corse. Ma tant’è: in Germania (circuito Solitude di Stoccarda) Ruffo era in testa, gli ordinarono di far passare Lorenzetti e purtroppo il compagno di marca, appena gli si mise davanti, andò a colpire con la pedana un paletto a bordo strada e cadde; Ruffo, che lo tallonava, cadde pure lui rovinosamente. Otto mesi di gesso, stagione buttata. Enrico Lorenzetti non si era fatto niente e ad onore della verità si meritò il titolo: fu secondo all’Uster e primo al Nazioni di Monza.

Bruno e Renzo Ruffo a Monza

Poi Bruno Ruffo si sarebbe ferito gravemente al Tourist Trophy del ’53, tanto da abbandonare le moto per le auto. Fu pilota ufficiale di Alfa e Maserati, e io ricordo di averlo conosciuto a Mandello, nell’occasione dei festeggiamenti per l’ottantesimo anniversario della Guzzi, vent’anni fa. Minuto e riservato, elegante, silenzioso, mi ispirò una certa soggezione. Persi la grande occasione di sentirlo raccontare in prima persona qualche pagina della sua magnifica avventura: tre titoli, 61 record mondiali di velocità, 57 vittorie nel dopoguerra.

Ho chiesto a Renzo un ricordo personale del suo grande padre. Lui ci ha pensato un po’ e poi ha deciso: Monza, 20 maggio 1973. L’incidente al curvone, Pasolini e Saarinen.

“Non avevo mai considerato – mi ha detto - che il dramma facesse parte del lavoro di papà. Quel giorno mi aveva portato proprio al curvone, lo sai come va, gli ex-piloti vogliono misurare il valore dei nuovi protagonisti e quello era un punto difficile. Andammo all’interno per stradine sterrate e assistemmo al disastro della 250: fuoco, balle di paglia dappertutto, Jarno pieno di sangue, una tragedia. Lui mi portò subito via e allora andammo nella piccola tribuna che stava sopra i box, per avere notizie. Ricordo i meccanici giapponesi che piangevano, Soili Saarinen disperata, i volti terrei dei piloti che rientravano… C’era un gruppetto di ragazzi vicino a noi: vedrai che la 500 adesso parte, dicevano, voglio sperare che la facciano partire! Mio padre li riprese severamente e loro ridacchiavano: ma chi è, che vuole questo?"

"In macchina, tornando a Verona, mio padre mi vide piangere a dirotto, era la prima volta che vedevo la morte. Mi consolò e poi disse: sai, sono proprio felice di avere un figlio come te, perché nella vita bisogna saper ridere, ma anche saper piangere”.

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