Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
Un’immagine di Carlo Verdone in sella a una moto? Una sola: lui sulla Yamaha FZ sette e mezzo in Troppo forte. Non è stata l’unica moto usata dall’attore romano che oggi compie settant’anni, ma probabilmente è l’immagine che resterà fissata nella mente degli appassionati più di qualunque altra. Pochi, però, sanno che Carlo Verdone le due ruote non le ha utilizzato solo sui set dei suoi film, ma che è un vero motociclista, di quelli, come ha raccontato lui steso, “con un’etica della moto”.
Un amore sbocciato da ragazzino, con un Italjet 50 utilizzato per ingarellarsi con i coetanei suoi viadotti della capitale. Fumo tanto, dovuto alla miscela al cinque per cento, velocità decisamente poca. “E un suono meraviglioso - ha ricordato Verdone in una recente intervista su Repubblica - Baritonale e cattivo. Indimenticabile”.
Da quell’Italjet alla Vespa, poi Bsa e Aermacchi, il passo fu breve e poi, nel suo garage, si sono succedute moto di ogni tipo. Fino, nel 1985, all’incontro con quella che lui stesso definisce “l’amore della mia vita”. Una Honda Nighthawk (stesso modello di quella utilizzata sul set di Benedetta follia) che ancora oggi custodisce in garage e che non venderà mai. Alla 650 giapponese, però, ha sempre affiancato qualche altro modello “di passaggio”, supersportive comprese. “Ho avuto - spiega in quella stessa intervista - anche una Ducati 900 che mi è stata rubata. Ho sempre scelto le mie moto per il sound: il rumore, la bella voce, è forse l' elemento che per me conta di più”.
Non ama, però, le moto che, come racconta ancora Carlo Verdone, sono fatte per correre e basta: “Bisogna saperla guidare. E' molto faticoso. E io mi sono accorto che, passata una certa età, hai voglia a fare il pischello e a sdraiarti sul serbatoio. Sono dolori. Oggi appartengo alla categoria dei guidatori più anziani. Gente che si mette il bustino, che la moto in vacanza se la porta appresso spedendola in treno e che, quando guida, la riconosci da dietro perchè sta sempre a frenare. Gente che va in giro su moto comode”. Anche se, come precisa in un altro scritto a sua firma “Non mi sento affatto vecchio! Forse, a volte, abuso della moto per far credere a me stesso di aver quindici anni in meno”. E’ anche a questo che servono, altrimenti non le chiamerebbero giocattoli per grandi che vogliono giocare ancora.
Nella vita, quindi, e sul lavoro. Perché Carlo Verdone le due ruote le ha spesso riproposte nei suoi film, a volta caricando lo stereotipo del motociclista, a volte raccontando in maniera laterale la moto nella società italiana. “Quando nell'85 stavo preparando il film Troppo forte - racconta nella prefazione di una nota pubblicazione di vignette a tema motori - feci spargere la voce che mi servivano almeno una trentina di coattoni dalla faccia dura in sella ad una moto cattiva. Appuntamento ore 15 sul piazzale d'ingresso a Cinecittà. Alle 14,30 il numero degli aspiranti era di circa trecentocinquanta: una rassegna di rara umanità. C'è un indubbio spirito di osservazione sulla psicologia dei centauri di oggi e c'è anche, ahimè, un'identificazione con tante situazioni che paradossali non sono affatto”.
Ecco quindi, che l’attore romano oggi settantenne che veste i panni di Oscar, in sella alla già citata Yamaha FZ750 (la prima con cinque valvole per cilindro e quella con cui Lawson vinse la 200miglia di Daytona nel 1986) e ad una XT 600, o l’harleysta acchittato di tutto punto di Gallo Cedrone in sella all’iconica custom americana. A proposito di manubri alti, come dimenticare la scena di Borotalco con Eleonora Giorgi sul sellino posteriore o, ancora, il sidecar utilizzato in Maledetto il giorno che ti ho incontrato?