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A Sinnai, in località Cirronis, si è verificato l'ennesimo atto scellerato contro un endurista da parte di chi non tollera il passaggio delle moto da fuoristrada sulle strade di campagna. Siamo in Sardegna, a pochi chilometri da Cagliari, la notizia è pubblicata sul sito Castedduonline.it e si riferisce ai primi di settembre. La Beta da enduro sta percorrendo una strada boschiva, quando urta con violenza un cavo metallico del diametro di 3 millimetri. E' un cavo grosso, non si scherza. E' teso tra due alberi e potrebbe tranquillamente tagliare la testa di un motociclista o ferire seriamente un ciclista. Persino un cavallo potrebbe farsi male con una trappola del genere.
Inutile girarci attorno, si tratta di tentato omicidio, punito (art. 56 del Codice Penale) con una pena non inferiore ai 12 anni. E' bene scriverlo chiaro, nella speranza mai vana che il messaggio arrivi ai vigliacchi criminali che manifestano in questo modo la loro insofferenza verso le moto.
Intendiamoci: ciascuno di noi ha il diritto di manifestare il proprio dissenso verso qualsiasi comportamento che ritenga lesivo di un proprio diritto. Ma la giustizia fai-da-te e la violenza becera non sono tollerabili mai.
Purtroppo non è il primo caso che riportiamo su Moto.it. Nel 2015 avevamo pubblicato il video di Daniele, che a Dossena, in provincia di Bergamo, aveva trovato ben 3 cavi tesi.
E non possiamo dimenticare la tragica morte di Marco Badiali (2007, lasciò la moglie e due figli piccoli) e di Manuel Colantuono (2011, aveva 19 anni).
Diamo forte risonanza mediatica a questi episodi criminali per tenere alta l'attenzione delle forze dell'ordine: gli autori vanno trovati. Questa volta è andata bene, ma il passato ci insegna che tante famiglie sono già state colpite da un dramma devastante.