Considerazioni di un motociclista che ha rischiato la vita

Considerazioni di un motociclista che ha rischiato la vita
Matteo nei giorni scorsi si è giocato il suo jolly. Capita quotidianamente a tanti motociclisti, purtroppo e per fortuna. Non basta essere prudenti, c'è bisogno di qualcos'altro
15 ottobre 2010

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Lettera alla redazione

Un saluto, mi chiamo Matteo Velo e sono un motociclista veronese di ventinove anni. Devo essere onesto: sono fortunato a scrivere queste righe.
Vado in moto da quando ero ragazzino; con la moto vado in ufficio, mi diverto nel weekend, viaggio per il mondo. Il tema della sicurezza è caro a noi utenti deboli della strada. Da parte mia ho sempre pensato di poter archiviare il tutto con del buon abbigliamento tecnico e una bella dose di prudenza. Mi sbagliavo. Pochi giorni fa ho visto la morte in faccia, in un assolato pomeriggio d'autunno dove la solita sbadata automobilista decideva di svoltare senza accorgersi di me.
Esperienza? Fortuna? Chissà.
Ora ho però una convinzione in più: per la sicurezza in moto si deve combattere con ogni mezzo, bisogna informare, informare, informare.
E proporre soluzioni, sensibilizzare, fare sistema, creare insomma le premesse per far davvero sentire la voce del motociclista alle istituzioni, al grande pubblico.
Vi allego una lettera che ho scritto sul tema.

Voglio più sicurezza!

di Matteo Velo
Andare in moto…la nostra passione, la nostra necessità, il nostro piacere!
Beh, poi, tra le cose che ogni motociclista mette in conto più o meno seriamente vi è la triste possibilità di esser coinvolto in un incidente. Molti di noi tendono sempre a pensare che, in fondo , la pericolosità delle due ruote è relativa.
Da parte mia sono sempre riuscito a trovare una scusa che mi rassicurasse che quell’immenso numero di uomini e donne che ogni anno perdono la vita su due ruote è un affare che si può liquidare con un buon casco, un bell’abbigliamento tecnico e tanta prudenza. In qualche modo ho sempre più o meno inconsciamente pensato che, con il rispetto dei limiti di una condotta civile, avrei potuto mettermi al riparo dai pericoli. Spesso, è vero, mi sono trovato a discutere su quanto il livello di attenzione alla guida di una moto debba essere alto.
Tante incognite, pericoli più o meno nascosti… però, in fondo, ho sempre creduto che tutto fosse evitabile con una buona esperienza e con il buon senso.
In una parola, avevo una illusione di controllo. Prendiamo il classico incidente che le statistiche incasellano come “uccidi motociclista”, quello per intenderci dell’auto che svolta a sinistra tagliando la strada al povero centauro in arrivo dalla parte opposta. Ecco, ho sempre pensato che, al di là di un sicuro errore dell’automobilista, vi fosse sempre una leggera imprudenza da parte di un “troppo veloce” motociclista.
Beh, ero convinto di questo, fino a ieri.
Ho rischiato di destinare la mia vita allo squallido incremento di un numero, quello di motociclisti morti sulla strada nel 2010.
Sarà stata l’esperienza, sarà stata la fortuna o il mio angelo custode, sta di fatto che quella fiancata d’automobile guidata dalla solita, maledetta, sbadata non è stata l’ultima cosa che ho visto prima di spezzarmi l’osso del collo e morire poco dopo, con la condanna aggiunta di sentire fuggir via anche la vita della persona che amo, seduta dietro di me in moto.
Tant’è, il jolly ha funzionato, sono qui a scrivere!
E scrivo perché mi sono reso conto di una verità sacrosanta, che non smetterò di comunicare a tutti quelli che amano la vita genuina che si snoda tra una piega, uno scorcio di natura che allieta il cuore ed una bella tavolata con gli amici di tante avventure.
La verità è che, ad oggi, la nostra tuta racing più evoluta o il nostro super completo in gore-tex, il paraschiena più prezioso, i guanti, gli stivali e il casco più fighi del mondo sono ancora troppo poco.
Guardiamo le innovazioni in tema sicurezza nel settore auto: scocche a deformazione programmata, airbag da tutte le parti, assistenze elettroniche di ogni sorta hanno letteralmente rivoluzionato le auto in meno di vent’anni, moltiplicando il fattore sicurezza di chissà quante decine di volte.
E per il motociclista?
Qualcuno obbietterà che la moto in fondo è bella per la sua essenzialità meccanica, quel sano minimalismo estetico, quella sensazione di "due ruote, un motore e un anima" che attira molti di noi. Da un lato sono d'accordo, però ora mi chiedo davvero quanto possa essere sacrificato a questo ideale. Vogliamo davvero credere che le più grandi aziende del mondo moto non siano in grado di stupirci, se solo volessero, creando mezzi belli, essenziali ed al contempo sicuri in una maniera rivoluzionaria?
Apriamo gli occhi, cominciamo a renderci conto che è ora di pretendere!
Pretendere, per esempio, un aribag che protegga il collo, le clavicole, il busto. Pretendere che lo sviluppo delle moto prenda una piega seria, altro che 150 cavalli su una turistica, dateci un airbag che funzioni come quello della Goldwing, ma soprattutto che sia piccolo e leggero, adatto ad equipaggiare anche moto più “normali”. Bene l’ABS obbligatorio, aspettiamo luci per aumentare la visibilità diurna delle moto, come già adottato su alcune auto. Gli studi scientifici in questo senso ci sono, dobbiamo lasciar i risultati ad impolverare nei cassetti?
Guardiamoci in faccia seriamente, amici motociclisti: siamo tra i più deboli per strada e non dobbiamo mai smettere di ricordarcelo.
Però assieme siamo il mercato! Dobbiamo svegliarci tutti, e cominciare a combattere perché la moto, la nostra passione che ci accende di gioia al solo pensiero, dovrà accompagnarci fino alla vecchiaia!
Facciamo sentire la nostra voce, seriamente, perchè lo sviluppo della sicurezza attiva e passiva in moto deve essere la priorità del futuro, l’unico investimento lungimirante da parte delle aziende produttrici che dovremmo sostenere con la forza dei nostri numeri.
Siamo uomini e donne che amano il cielo, il profumo dell’aria, la gioia di sentire la strada che scorre sinuosa sotto le nostre gomme calde!
Non dei maledetti numeri da incasellare in un computo di necrologi!
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