Da 60 anni collega l'Italia, è l'Autostrada del Sole

Da 60 anni collega l'Italia, è l'Autostrada del Sole
La A1 ha compiuto sessant'anni. Il 4 ottobre 1964 fu inaugurato l'ultimo tratto della strada che collegava Nord e Sud, Napoli e Milano. Rimane uno dei simboli del nostro boom economico e la più lunga d'Italia
7 ottobre 2024

Nelle immagini in bianco e nero dell'Istituto Luce rivediamo l'inaugurazione di quell'ultimo tratto della A1, quello tra Chiusi e Orvieto, avvenuto il 4 ottobre del 1964 da parte dell'allora Presidente del Consiglio Aldo Moro. Era il completamento della più grande opera stradale italiana, realizzata in appena otto anni un record per l'epoca, ed era il coronomento del sogno di collegare in modo moderno e veloce il Nord e il Sud del Paese.

A distanza di sessant'anni, l'Autostrada del Sole non solo rimane l'autostrada più lunga e importante d'Italia ma, se vogliamo, rimane anche il simbolo di un'epoca, uno dei "miracoli" del boom economico che di certo contribuì ad alimentare. Lo stesso Presidente Moro la definì "un’impresa ardita e geniale" sottolineando quanto un'opera del genere fosse avveniristica per i tempi.

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Non la prima, ma da sempre la numero uno

Il fatto che sia stata battezzata A1 talvolta induce a pensare sia stata la prima autostrada italiana, ma chiaramente non è così. Fu preceduta dall'Autostrada dei Laghi che proprio recentemente ha festeggiato il centenario. L'importanza dell'Autostrada del Sole per lo sviluppo del nostro Paese è tale però che non possiamo che considerarla come la capofila di tutte le arterie e un progetto ai tempi molto ambizioso. Dobbiamo fare uno sforzo e pensare a come prima della sua costruzione non esistesse una strada a scorrimento veloce così lunga (oltre 750 km) e soprattutto in grado di collegare le due estremità d'Italia. Fu un grande cambiamento per tutti. Prima di allora i Governi avevano pensato più che altro alla rete ferroviaria considerata ancora come la via di comunicazione più accessibile per la popolazione. Forse oggi può sembrare persino assurdo, ma alcune parti politiche inizialmente si opposero alla sua realizzazione. La sinistra parlamentare sosteneva che sottraesse risorse alle Ferrovie e che fosse un modo per favorire gli interessi della Fiat. Ne L’Autostrada del Sole, saggio del sociologo Enrico Menduni pubblicato nel 1999, un articolo del 1959 su L’Unità, all'epoca organo di stampa del PCI, la descriveva come "un elemento disorganizzatore di tante comunità locali arrecante alla collettività danni forse più ingenti degli stessi benefici".

Non c'è dubbio che quattro grandi industrie italiane avessero tutto l'interesse a vederla invece realizzata. Erano Pirelli, Fiat, Agip e Italcementi che già nei primi anni Cinquanta si erano consorziate nella Società Iniziative Strade Italiane (SISI) e avevano affidato gli studi di fattibilità all’ingegnere Francesco Aimone Jelmoni. Bisognava correre, non c'era tempo da perdere: per prendere il treno del boom economico bisognava... costruire strade veloci! Nel 1956 la costruzione dell’autostrada fu affidata all’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale), ente pubblico che gestiva molte aziende pubbliche che nominò l'ingegnere Fedele Cova alla direzione dei lavori. Cova era la persona giusta non solo perché nel Dopoguerra aveva già costruito altre opere sempre per conto dell'Iri come lo stabilimento della Cementir ma perché aveva trascorsi universitari negli Stati Uniti e lì aveva appreso come gli americani avevano costruito la rete stradale. Gli unici esempi all'epoca venivano infatti dagli States perché in Europa non esistevano ancora autostrade così lunghe.

La posa della prima pietra della A1, a San Donato Milanese il 19 maggio 1956
La posa della prima pietra della A1, a San Donato Milanese il 19 maggio 1956

Il 19 maggio del 1956 alla presenza del Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi fu posata la prima pietra a San Donato Milanese. Seguì il taglio del nastro del tratto Milano Parma soltanto due anni dopo. La forbice in mano ad Amintore Fanfani, Presidente del Consiglio, l'8 dicembre 1958. Il tratto tra Bologna e Firenze fu inaugurato nel 1960, quello tra Roma e Napoli il 22 settembre del 1962 e, infine, quello tra Chiusi e Orvieto come detto nel 1964. In tutto ci vollero dunque otto anni per collegare Milano a Napoli e se ci pensiamo erano davvero pochi per l'epoca. Non sembravano altrettanto pochi i 270 miliardi di lire investiti ma attualizzandoli ai giorni nostri corrisponderebbero a circa cinque miliardi di euro ovvero meno della metà del costo stimato per il solo ponte sullo Stretto.

Ma come è stato possibile realizzarla così velocemente? L'IRI aveva fondato una società allo scopo, la Società Autostrade, con il compito di controllare ogni aspetto dall'esproprio dei terreni agli appalti e sempre l'IRI per ottenere i finanziamenti emetteva obbligazioni trentennali ponendo a garanzia dei prestiti le infrastrutture già realizzate. L'intero processo fu dunque coordinato dallo Stato.

La cosiddetta "curva Fanfani" della A1
La cosiddetta "curva Fanfani" della A1

Tra i viadotti dell'avanguardia e le curve del clientelismo

Al tempo della sua realizzazione la A1 fu celebrata anche al di fuori del nostro Paese quale opera ingegneristica all'avanguardia. Nel 1964 il MoMa di New York ospitò addirittura una mostra per omaggiare i nostri ingegneri Silvano Zorzi, Riccardo Morandi, Giulio Krall, Carlo Cestelli Guidi e Guido Oberti. Ma le curiosità che la riguardano non finiscono di certo qui. Come sappiamo nella cosiddetta Prima Repubblica la classe politica era, diciamo, molto legata e riconoscente nei confronti dei propri collegi elettorali. I seggi in Parlamento erano attribuiti anche in base alle preferenze espresse nelle schede dagli elettori e per garantirsi la benevolenza dell'elettorato di provenienza i politici erano disposti anche a... deviare un'autostrada se necessario. Questa è l'origine di quella che ancora oggi viene un po' scherzosamente (ma neanche tanto) chiamata "Curva Fanfani". La si può notare guardando come il tracciato della A1 dopo Firenze viri a est verso Arezzo. Il tracciato originale di Cova non prevedeva affatto questa deviazione ma andava molto più sbrigativamente verso Roma. Cova, però, si trovò nella difficile posizione di dover assecondare le pressioni di Amintore Fanfani, originario di Pieve Santo Stefano in provincia di Arezzo per l'appunto, che leggenda narra abbia personalmente segnato sulla cartina quella parabola che, se vogliamo, ci allunga a tutti un po' il viaggio.

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