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Chissà se durante la gara di Aragón appena conclusa Dani Pedrosa ha pensato a che bel regalo di compleanno sarebbe stato godersi la vittoria di un duello come quello di domenica contro Valentino Rossi. Sicuramente Daniel, 30 anni tondi compiuti oggi, può affrontare la ricorrenza soddisfatto del suo Gran Premio.
Avrebbe sicuramente voluto vincere, perché nonostante quanto ne pensino molti Pedrosa è un pilota velocissimo e motivato, ma anche così può ritenersi soddisfatto. Non fosse altro per aver dato vita, al parco chiuso, ad uno dei momenti di sport più belli degli ultimi tempi: quell'abbraccio a Rossi che la dice lunga in termini del rispetto che c'è fra questi ragazzi.
Daniel Pedrosa, originario di Sabadell (Barcellona) approda al Mondiale nel 2001, appena compiuta l'età legale per correre, naturalmente su una Honda. Pupillo di Alberto Puig, che lo ha seguito dalla velocità minore fino al Mondiale, dimostra subito di avere i numeri. Sale sul podio già nella sua prima stagione di 125, l'anno successivo conquista la prima vittoria ad Assen a cui ne fa seguire altre tre chiudendo il Mondiale al terzo posto.
Nel 2003 è già campione del mondo della minima categoria con due gran premi d'anticipo, ma non ha il tempo di godersi il successo: a Phillip Island cade in prova e si frattura entrambe le caviglie. Passa gran parte dell'inverno a rimettersi in forma invece di iniziare a conoscere la 250 ma la cosa non sembra infastidirlo: nel 2004 vince al debutto nella quarto di litro, e dà il via a due stagioni in cui dominerà letteralmente la categoria. Due titoli iridati, quindici vittorie, altrettanti giri veloci, nove pole e ventiquattro podi.
Nel 2006 arriva in MotoGP, dove vince alla quarta gara. Cresce bene, e torna alla vittoria a Donington, ma quell'anno si fa notare soprattutto quando tira per terra il compagno di squadra Nicky Hayden al tornantino dell'Estoril, rischiando di compromettere un Mondiale che l'americano conquista comunque fortunosamente a Valencia. Dall'anno successivo inizia la serie negativa di Pedrosa: frenato da una Honda 800 che nelle prime tre stagioni non vuole saperne di andare come dovrebbe, nel 2010 è finalmente protagonista della riscossa capitanata da Shuhei Nakamoto.
Come già successo in passato, però, le sue fasi crescenti si arrestano bruscamente a causa di gravi infortuni. Nel 2010, con Rossi fuori gara e Stoner in difficoltà fisiche, dà una svolta alla sua stagione dopo la pausa estiva solo per finire fratturato durante le prove a Motegi. L'anno successivo subisce Stoner, ma il 2012 sembra proprio il suo anno. Sette vittorie non gli bastano a vincere l'agognato titolo, complice il pasticcio combinato dalla squadra a Misano che non gli impedisce però di conquistare altri quattro GP.
Da allora Dani ha vinto poco: tre Gran Premi nel 2013 e uno solo nel 2014. Messo in ombra da Marc Marquez, quest'anno ha pagato caro problemi fisici (si è operato al polso ad inizio stagione saltando tre gare) e una competitività relativa della sua Honda. Piccolo ed esile anche per gli standard dei piloti in MotoGP, Dani soffre forse più di altri certe difficoltà tecniche non potendo ovviamente fare ricorso alla forza fisica nella guida. Ma quando la sua Honda è a posto, come abbiamo visto domenica, non è un pilota che si tira indietro nello scontro diretto. E pochi possono dubitare che avrebbe meritato di raccogliere più di quanto non abbia fatto finora.
Tanti auguri, Dani. E cento di questi Gran Premi!