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C'era una volta una bambina un pò timida, la quale non aveva nessuna voglia di giocare con le bambole come le sue coetanee. Passava i pomeriggi a guardare il cielo, sognando di essere veloce come gli uccelli. Potrebbe sembrare la classica fantasia, ma lei aveva le idee ben chiare. La sera, quando tutti erano intenti a chiaccherare davanti alla televisione, si allontanava di soppiatto per arrivare sino in garage. Si potrebbe dire che non sia il luogo più consono dove passare le proprie serate, ma era in quel posto che i suoi desideri sembravano maggiormente vicini.
Percorreva tutte le scale a luci spente, per non farsi notare. Si aggrappava allo scorrimano, mentre contava i gradini per non sbagliarsi e cadere. Arrivata al piano inferiore, apriva dolcemente la porta, entrava con passo furtivo e la richiudeva alla proprie spalle con la massima dolcezza. Non un solo rumore doveva sfuggire. Quel buio non le faceva per niente paura. Sentiva come se ci fosse qualcosa che l’avrebbe protetta da ogni possibile mostro annidato in quella oscurità.
Procedeva lungo la parete per un metro ed arrivava finalmente all’interruttore, come ormai d’abitudine. I suoi occhi si chiudevano repentinamente all’accensione del grosso neon sul soffitto. Il cuore le batteva forte. Si sentiva sempre emozionata come la prima volta, mentre lentamente si avvicinava ad un enorme telo grigio vicino al portone. Non avrebbe dovuto trovarsi in quel posto e soprattutto non avrebbe dovuto desiderare quello che tanto ardentemente cercava, secondo il suo papà.
Le narici si riempivano di un odore strano. Molti la chiamavano puzza, ma non lei. Avrebbe voluto sentirlo continuamente perchè era il profumo della libertà nella sua mente e del pensiero di correre più veloce degli uccelli nel cielo. Quella sera, con più coraggio del solito, non si limitò a sbirciare sotto il grande telo. Le sue piccole mani ne afferrarono un capo, quasi tremando, nell’indecisione se ci sia abbastanza temerarietà per andare avanti. Si alzò sulle punte con tutte le sue forze, quasi fosse una ballerina classica. In quel momento le venne in mente che i suoi genitori avrebbero proprio voluto che lei studiasse danza. Non possiamo sempre cercare di compiacere gli altri per farli felici, pensò.
Quando la sua mano si trovò abbastanza in alto perchè il telo non si impigliasse, saltò di colpo tirando verso di sè più che poteva. Lo sforzo e l’elevazione furono tali che quasi rischiò di cadere all’indietro, ma non si accorse di tutto questo nell’eccitazione del momento. La mente ed il cuore erano troppo presi. Ora il cuore stava veramente impazzendo.
Quell’enorme moto era silenziosa, ferma e tranquilla. Sembrava quasi che stesse dormendo in attesa che qualcuno la svegliasse. Era scesa tante volte a guardarla e sempre sperando di poter salire ancora su quello striminzito sellino dietro al suo adorato papà, ma questo era accaduto una sola volta. Lei non era suo fratello. Lui quel posto lo occupava sempre, sebbene questo arrivasse quasi ad annoiarlo. La vita non era così giusta. Pensare che a lei era bastato un solo piccolo giro per scoprire l’amore.
Eppure.... eppure forse si poteva fare, almeno quella volta. Cosa mai sarebbe potuto succedere ?
Prese un lungo respiro ed afferrò la manopola con la mano. Un piede sulla pedana, un balzo veloce e si trovò finalmente in sella. Che emozione e che paura al tempo stesso. Chiuse gli occhi e riuscì quasi a ricordarsi il suono esatto del motore. Si sporse da una parte, poi dall’altra... ed immaginò di essere in quella strada di campagna dove il suo papà l’aveva portata quell’unica volta. Aveva memorizzato tutto in pochi istanti, come non aveva mai fatto per nessun’altra cosa al mondo. Lui frenava sempre prima della curva e poi lasciava che la moto scorresse al suo interno. Questa parte le era rimasta impressa perchè le ricordava l’emozione di scendere per un lungo scivolo acquatico. Pochi istanti e poi la sensazione più forte, quella di sentire il rombo aumentare ed aumentare.
La mente viaggiava più veloce di qualsiasi mezzo meccanico avrebbe potuto mai fare, ma i sogni non durano mai per sempre. Il nonno entrò all’improvviso, probabilmente venuto a prendere una bottiglia d’acqua dalla dispensa. Lei rimase pietrificata. Sapeva bene che non avrebbe mai dovuto fare una cosa simile ma lo sguardo di lui non sembrava essere di rimproveri, anzi, era stranamente intenerito. Il nonno, nel vederla con quello sguardo sognante, ricordò immediatamente i tempi in cui era un ragazzetto di campagna ed osservava ammirato i motorini e le motoleggere che passavano lungo la statale che costeggiava il campo. In casa sua non c’erano soldi ed era un lusso andare con la bicicletta. Ricordava il suono acuto delle bicilindriche Rumi, lo scoppiettare sornione delle Moto Guzzi a quattro tempi ed il look sportivissimo delle Morini. Quante serate passava a chiedersi dove quei motociclisti stessero andando e se anche lui un giorno avrebbe potuto seguirli. I suoi occhi... erano quelli di sua nipote. Si avvicinò, le diede un grosso bacio sulla fronte ed uscì sorridendole teneramente.
Sono passati 20 anni da quell’incontro nel garage. Oggi a quell’impertinente bambina batte il cuore esattamente come allora, mentre prende il suo posto nella griglia di partenza. E’ la prima donna a partecipare al mondiale Supersport. La sua moto è tra le ultime posizioni, ma a lei non importa. Pensa al suo orgoglioso papà poco distante ed al suo nonno, che tanto ha lottato perchè potesse seguire un suo sogno. Riesce quasi ad immaginarlo a casa nella sua poltrona preferita pronto a piangere dall’emozione davanti alla televisione, mentre la nonna è stata sviata da una vicina con una menzogna. Nessuno deve vederlo commuoversi. E’ un uomo di una volta, di quelli che non mostrano queste debolezze, ma la nostra bambina è consapevole dell’affetto che nutre per lei. Si allaccia il casco. Un bacio immaginario a tutta la sua famiglia. Si parte.
Questa storia è dedicata a tutte le “ex-bambine”, come la mia compagna Annalisa, mosse dalla passione per la moto e che hanno dovuto faticare molto più dei loro fratelli per poter ottenere il permesso di sognare. Non importa che siano agguerritissime frequentatrici delle piste o semplici appassionate del giretto la Domenica, quello che conta sono le difficoltà in più che molte di loro hanno dovuto sopportare rispetto ai maschietti, soprattutto anni addietro quando era meno comune vedere il gentil sesso sulle due ruote. Vorrei dedicarla a tutti i papà illuminati ed anche a quelli troppo tradizionali, di cui purtroppo fanno parte anche alcuni famosi esponenti di MotoGP e SBK, sperando che la scelta di ostacolare o meno questa passione (cosa anche lecita a volte) dipenda da un eccesso di affetto oppur da motivazioni vere... e non dal sesso.
Rondinini Marco