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Claudio Domenicali, amministratore delegato di Ducati Motor Holding, è un ingegnere. Non è certo l’unico, fra i CEO delle grandi aziende, ma chi scrive fatica a ricordarne un altro con un background tecnico di pari spessore. Potrebbe sembrare irrilevante non fosse che, nel mondo di oggi, non è affatto scontato che la persona alla guida di un’azienda abbia una conoscenza tanto approfondita del prodotto che ne esce, al di là degli aspetti di marketing. Fra tanti grandi amministratori, sicuramente bravissimi a gestire investimenti e a far quadrare i conti, per un appassionato motociclista è comunque bello percepire la competenza tecnica in chi guida una delle eccellenze mondiali delle due ruote.
Amministratore delegato di Ducati Motor Holding dal 2013, nel consiglio d’amministrazione dal 2009, Domenicali ha ricoperto diversi ruoli per la Casa di Borgo Panigale, fra il tecnico - sviluppo prodotto, il Supermono è stato il suo primo progetto - e il manageriale puro, dirigendo Ducati Corse a cavallo del cambio di millennio. Ancora prima, da studente, si è laureato all’Università di Bologna a inizio anni 90 con una tesi sulla progettazione della 916. Il suo legame con l’ateneo è quindi, comprensibilmente, molto forte.
Tanto forte da aver convinto una multinazionale - strutture dove tipicamente si ragiona a orizzonti trimestrali - a continuare a investire attraverso la Fondazione Ducati in tutta una serie di progetti i cui benefici per l’azienda arrivano sicuramente a lungo termine, ma che in ottica generale contribuiscono a “fare sistema”. Come ha fatto?
“Credo che faccia parte della volontà dell’azienda di essere un elemento attivo e positivo del proprio territorio. È vero che siamo una multinazionale, ma l’azionista - il gruppo Volkswagen attraverso Audi - è molto attento a questi aspetti. Loro lo fanno in Germania, quindi quando gli abbiamo fatto queste proposte hanno accettato con grande entusiasmo. È tipico del gruppo quello di avere aziende che si radicano molto nei territori di appartenenza: Lamborghini è fortemente italiana, Ducati altrettanto e tali le vogliono mantenere.”
“Per questo radicarsi sul territorio significa anche legarsi alla propria università e perciò, se vogliamo, il fatto che io stesso sia stato studente qui in qualche modo chiude un cerchio. A un certo punto, arrivato in una posizione in cui ho avuto la possibilità di decidere, ho sentito forte la necessità, il desiderio di restituire al territorio la positività che ho avuto. Sono grato di quello che l’Università ha potuto fare per me, e questo è condiviso dall’azienda in assoluto; questo è il punto di partenza, la voglia di legarsi di più, di fare quello che in Italia a volte spesso manca. Fare in modo che l’Università sia più legata alle aziende, per fare in modo che gli studenti non abbiano un percorso solamente teorico ma possano vedere la bellezza del futuro, capire meglio la realtà, mettersi in gioco e trovare una motivazione aggiuntiva.”
“Tutto questo è interessante per loro ma anche per noi, perché poi ci troviamo con dieci-venti studenti sempre in contatto con l’azienda, e questo ci permette di aiutarli ma anche di farli crescere, e magari selezionare i migliori e portarli dentro l’azienda. Un percorso virtuoso, quindi.”
Avete quindi già acquisito personale da questi progetti…
“Assolutamente si, è un continuo: diciamo che il MUNER e MotoStudent sono in qualche modo le basi principali per trovare persone preselezionate perché hanno sicuramente la passione. Per lavorare in un’azienda come Ducati, molto affascinante ma anche molto impegnativa e stressante, sia che si lavori nelle corse che nel prodotto - c’è sempre una competizione molto forte, sia che si parli delle corse che della serie. Perché alla fine il prodotto poi viene inevitabilmente messo a confronto con quelli delle case concorrenti, a volte di dimensioni molto superiori.”
“C’è sempre anche una grande aspettativa ogni volta che Ducati presenta un prodotto nuovo sul mercato, per cui è un lavoro impegnativo. Chiaro cha avere persone in grado di compensare la fatica di questa tensione verso il miglioramento costante con la passione genera una forza e una possibilità di successo superiore.”
Visto il tema - il progetto Motostudent, appunto - la domanda sorge spontanea. Come si pone Ducati nei confronti dell’elettrico?
“Abbiamo una posizione di grande attenzione - non solo ovviamente con Motostudent, che se vogliamo è una ricerca basilare. Abbiamo diverse aree di sperimentazione molto avanzate all’interno dell’azienda; diciamo che in questo momento la principale complessità nel realizzare moto elettriche di elevate prestazioni e autonomia sta nella batteria. Quindi stiamo seguendo con grande attenzione l’evoluzione di questa componente, e in questo momento stiamo valutando quando e in che momento la quantità di energia immagazzinabile in una batteria renderà in qualche modo fruibile un prodotto come una moto elettrica full scale.”
“C’è un’evoluzione evidentemente importante, perché rispetto ad esempio a quindici anni fa c’è stato un cambiamento molto importante, dieci anni fa di nuovo un altro; oggi le batterie al litio sono molto performanti ma non sono ancora in grado di immagazzinare una quantità di energia sufficiente per mantenere il peso della moto al livello attuale. Oggi quindi sono necessari compromessi fra l’autonomia e il peso.“
“Già per la metà di questo decennio è previsto uno step importante come le batterie a stato solido, e sviluppi ancora più importanti per la fine degli anni venti. Io sono ottimista sulla caratteristica: se mettiamo per un attimo da parte il peso, il propulsore elettrico è un motore molto sportivo, quindi si possono realizzare sicuramente prodotti in linea con le caratteristiche del nostro marchio, legato da sempre alle prestazioni e allo sport. La dinamica più rilevante è il timing di introduzione…"
Restate sintonizzati.